2000 Bibano-Godega: Inaugurazione sentiero naturalistico
Attività
GRUPPO BIBANO-GODEGA
INAUGURAZIONE DEL SENTIERO NATURALISTICO DI S. BARTOLOMEO – SORGENTI DI GODEGA
Fiamme Verdi Dicembre 2000
Scorcio caratteristico di un ponte ligneo lungo il percorso naturalistico
27 AGOSTO 2000.
Dopo la restituzione alla comunità di Bibano, nell’agosto del 1997, di San Bartolomeo restaurato e riportato all’antico splendore strutturale, oggi la zona circostante l’antica chiesetta viene ulteriormente valorizzata mediante una nuova ed importante opera: un sentiero naturalistico, denominato "Sorgenti di Godega", lungo le risorgive di Bibano di sotto.
Come tre anni fa, un’altra grande e festosa cerimonia ha riunito l’intera cittadinanza per il rituale taglio del nastro e per la successiva messa solenne presieduta dal vescovo di Vittorio Veneto, mons. Alfredo Magarotto, coadiuvato dall’attuale parroco don Bepi Fagaraz, tra l’altro alpino, e dall’ex parroco mons. Battista Barbaresco, oggi chiamato a ricoprire importanti compiti curiali.
Presenti personalità note quali il sindaco Andrea Peruch e alcuni amministratori comunali, il presidente della Provincia dott. Luca Zaia e la sua giunta, il presidente della nostra sezione alpina comm. Paolo Gai con diversi membri del Consiglio, il direttore di “Fiamme Verdi” Renato Brunello, i capigruppo e i gagliardetti della Sezione, la fanfara alpina, i labari delle associazioni amiche dell’Aeronautica e dell’Avis.
Cerimoniere preciso e puntuale dell’intera manifestazione Battista Bozzoli, mentre il servizio d’ordine è stato svolto impeccabilmente dal nucleo della Protezione Civile sezionale.
Sulla scena, durante i discorsi ufficiali delle autorità, vi è stata l’irruzione, improvvisa e oltremodo gradita, del sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, un alpino DOC come ama presentarsi.
Il gruppo alpini di Godega – Bibano, tramite questa pubblicazione, intende rivolgere a tutti il più sincero ringraziamento per la disponibilità offerta e per la nutrita partecipazione alla manifestazione, pur in un periodo scomodo quale le ferie.
Il sentiero naturalistico che porta alla chiesetta di San Bartolomeo, o meglio per dirla nella vulgata popolare San Bortolo, corre su passerelle e ponticelli di legno in quanto l’antico percorso ora è sommerso dalle copiose acque sorgive.
Il lavoro di posa della struttura lignea è opera dei competenti organi forestali su progettazione comunale, mentre agli alpini del Gruppo è demandato il compito, concordato da una convenzione biennale, di curarne la periodica manutenzione e provvedere alla tutela e alla salvaguardia delle specie arboree autoctone piantumate.
La cerimonia, organizzata di concerto con l’amministrazione civica, si è dipanata su programmi contenuti per ovvi motivi di spazio e logistici, ma non per questo meno ricca di significati e di gratificazioni.
Essa ha avuto inizio con la consueta sfilata sulle note scandite dalla fanfara e si è snodata fino all’imboccatura delle passerelle ove, dopo il taglio del nastro da parte delle autorità civili, il vescovo ha benedetto l’infrastruttura e tutti i presenti.
Uno stupendo colpo d’occhio ha improvvisamente colto gli ospiti: le lucide passerelle e il ponte ad arco si specchiavano nelle tremule acque del rio sottostante mentre i riverberi soffusi dei raggi solari, che filtravano tra il fogliame, vi disegnavano riflessi iridescenti e spandevano tutt’intorno un’aura soffusa e serena.
Ogni tanto, nelle anse dove l’increspatura era più ombrosa e sicura, c’era come un frullo argenteo a fior d’acqua: echi di meraviglia e di stupore accompagnavano il baluginare affusolato delle carpe che subito, forse impaurite da tanta confusione, riaffondavano tra le erbe della riva con un guizzo repentino della coda.
Da parte del settore “caccia e pesca” della provincia, infatti, si era appena provveduto a ripopolare il corso d’acqua con specie ittiche idonee e compatibili con l’habitat naturale.
Alla conclusione del corteo inaugurale, all’esterno della chiesetta dalle classiche linee romaniche, si è poi radunata la grande folla dei fedeli per assistere alla solenne cerimonia religiosa presieduta dal vescovo.
Nell’omelia, il presule ha esortato tutti a mettere in pratica il messaggio giubilare di pace tra i popoli e di rispettare l’ambiente in quanto segno dell’amore di Dio verso l’umanità intera. In particolare si è congratulato per l’iniziativa che permette, immergendoci nella natura e nell’armonia del creato, di ritrovare e riscoprire quei sentimenti interiori che si vanno irrimediabilmente smarrendo nel vorticare frenetico della vita attuale.
I discorsi ufficiali sono stati aperti dal sindaco Peruch il quale ha fatto una breve analisi dei contenuti tecnici dell’opera e ne ha ripercorso tutto l’iter burocratico, dalla concertazione progettuale iniziata nel 1994, alle modifiche apportate in itinere, fino alla completa realizzazione del sentiero naturalistico di san Bartolomeo. Egli ha infine ringraziato gli Alpini per la collaborazione offerta per la tutela delle specie arboree piantumate lungo tutto il percorso e per la conservazione delle infrastrutture lignee.
Il presidente Zaia ha rivissuto i ricordi affettivi che lo legano fin da bambino a San Bortolo e alle sue tradizioni: le rogazioni, le bancarelle della sagra, la fragranza delle spumiglie, i giochi nelle acque pulite e trasparenti dei buj (polle sorgive), le corse per i prati a piedi nudi.
Infine l’annuncio importante: l’erogazione da parte della Provincia di un contributo (uno dei quattro stanziati su oltre cento domande) di ben 8 milioni per il restauro dell’affresco ritrovato nell’abside della chiesetta. L’affresco, di buona fattura e risalente alla metà del ‘400, raffigura la Madonna con Bambino ed ai lati due santi: alla sua sinistra san Pietro, riconoscibile per le chiavi del paradiso, il secondo non ancora “scoperto”, ma probabilmente lo stesso san Bartolomeo.
A questo punto, improvvisa ed inaspettata l’entrata in scena del sindaco Gentilini che ostentava orgogliosamente il suo cappello da vecio in testa e la spilla dell’ANA sulla giacca.
Con la sua consueta ed applaudita vis oratoria ha catalizzato l’attenzione dell’uditorio svariando su tematiche di attualità, ma soprattutto ha esaltato l’opera degli alpini in ambito sociale e li ha spronati ad un sempre più vigile controllo dell’equilibrio naturalistico del nostro territorio messo a repentaglio dal comportamento incivile di molti.
Il presidente Gai, facendosi portavoce dell’intero direttivo sezionale, ha rimarcato l’impegno e i traguardi conseguiti dai suoi alpini in questi anni, sempre protagonisti in positivo e capaci di imprese uniche, che solo loro possono fare. Opere utili e pregevoli che danno onore e prestigio a tutta l’Associazione.
E’ toccato, infine, al capogruppo Giorgio Visentin, dopo il saluto alle autorità presenti da parte di tutto il Direttivo del Gruppo di Bibano-Godega, il compito di chiudere la parte ufficiale della riuscita manifestazione che ha emotivamente coinvolto moltissima gente.
“Un altro prestigioso e significativo traguardo verso la valorizzazione del nostro territorio comunale è stato raggiunto. Un progetto ideato quattro anni fa, finalizzato inizialmente con il recupero strutturale dell’antica chiesetta di San Bartolomeo ed oggi arricchito da un interessante e suggestivo percorso naturalistico lungo la linea delle risorgive e delle zone umide.
Lavori articolati e talvolta complessi, regolati da convenzioni concordate con due amministrazioni diversificate nei contenuti politici, ma ugualmente sensibili alle problematiche connesse alla salvaguardia del patrimonio ambientale e storico del nostro comune.
E questo a voler sottolineare come sia importante trovare punti d’incontro e sinergie comuni, pur nel rispetto di competenze diverse, capaci di realizzare in poco tempo e con notevole risparmio di denaro pubblico, opere ed infrastrutture eccellenti come in questo caso.
Il nucleo più antico di San Bartolomeo, affettuosamente chiamato san Bortolo, venne eretto attorno al 1200 circa, in età feudale, probabilmente da quel manipolo di contadini che cercavano in questo territorio allora ostile perché paludoso e ricoperto da estese macchie arboree, il segno del proprio riscatto dalla servitù della gleba e una nuova dimensione di uomini liberi.
Queste mura divennero, e lo rimasero fino al secolo scorso, il punto di riferimento per intere generazioni: qui, sotto la protezione del Santo, i nostri antenati trovavano la fede, la forza, la volontà per vincere tutte le avversità naturali. Drenarono e imbrigliarono le acque, disboscarono, bonificarono e resero fertili i terreni acquitrinosi attraverso sforzi immani, assolutamente non compatibili con i parametri di vivibilità attuali, ma che valsero a gettare le basi del nostro odierno benessere economico e sociale.
La strada che dal colmello di Bibano di sotto portava alla chiesa venne poi sommersa dalle acque sorgive e si trova oggi dove ora scorre il rio costeggiato dal percorso. Impossibile quindi recuperarne l’antico tracciato e pertanto si è reso necessario trovare una soluzione alternativa mediante la posa, da parte dei competenti organi forestali, di passerelle e ponti in legno che ne danno un tocco altamente suggestivo.
Contemporaneamente a questi tipici lavori di manovalanza periodica, continua l’opera specialistica e certosina del recupero dell’affresco più recente, databile alla seconda metà del quattrocento e di pregevole fattura, (sembra che negli strati sottostanti ce ne siano altri due più antichi), ma onestamente si deve ammettere che per il nostro Gruppo, che si finanzia solo con i modesti utili derivanti dalla gita e dal pranzo sociale, il suo completo ripristino va al di là delle specifiche possibilità e competenze.
Assume valenza determinante e particolarmente gradita, quindi, l’annuncio fatto ora dal presidente della provincia dott. Luca Zaia, al quale va il ringraziamento del Gruppo e della comunità di Bibano, dell’erogazione di un contributo di otto milioni per riportare il dipinto al suo cromatismo originale valorizzandone il contenuto iconico e religioso.
Aver salvato San Bortolo dall’abbandono e dal conseguente ineluttabile crollo significa, in conclusione, aver rinsaldato i legami affettivi e di riconoscenza che ci legano indissolubilmente con i nostri avi: in queste pietre sta la nostra memoria storica, nelle sue fondamenta affondano le nostre radici di popolo tenace, laborioso, generoso, religioso.
E allora, chi meglio degli alpini "armati di fede e di amore", come recita la nostra preghiera, poteva lanciarsi in questa entusiasmante sfida a dir poco difficile, onerosa e, nessuno di noi lo può mai dimenticare, oltremodo pericolosa.
Una ricchezza visibile che si può moltiplicare per 30, quanti sono i gruppi della nostra sezione, e il nostro Presidente Gai che di cerimonie come questa ne ha presenziate parecchie lo può confermare, o per 1000 se prendiamo tutta l’ A.N.A.
Alla luce di questi dati quindi, nessuno, potrà mai quantificare in freddi calcoli economici e di tempo impiegato l’enormità del lavoro svolto dagli alpini in tutti questi anni nella conservazione del patrimonio artistico, culturale, storico, socio-ambientale italiano.
Questa è l’alpinità oggi, eppure c’è chi ci vede come dei nostalgici perché ci piace sfilare ben inquadrati o perché parliamo ancora di Patria, di Bandiera, di Onore, di Dovere, di rispetto per i Caduti o ci considera folcloristici perché ostentiamo con orgoglio il nostro cappello o ci giudica obsoleti e vuole chiudere le nostre brigate di reclutamento locale e popolare, da sempre baluardo di democrazia e pluralismo, per creare un esercito di professionisti, di volontari. E se anche l’esercito entrerà nell’ottica lavorativa regolata dalla domanda-offerta è chiaro che rari saranno i nostri giovani, allettati da proposte più remunerative e comode, che vi aderiranno ed allora, è ben certo, anche nei reparti alpini non si sentirà più parlare veneto. E così, piano piano, tagliato il cordone vitale che ci alimenta e rinnova i ranghi, anche noi saremo classificati come specie in via di estinzione. A nulla per ora sono valse le prese di posizione e gli striscioni di protesta che portiamo alle adunate: è ormai scritto e ineluttabile, è solo questione di tempo e ne siamo consapevoli ma nessuno, nessuno però potrà mai cancellare ciò che è stato fatto, mai! Queste opere conserveranno per le sempre la nostra storia e saranno il testamento morale che lasciamo alle generazioni che verranno.
In una società come la nostra, sempre più chiusa nel proprio individualismo, dove il semplice fare o chiedere un favore disinteressato diventa rarità perché il tempo è denaro, perché ogni cosa va monetizzata e capitalizzata è confortante vedere ancora tante persone, di tutte le età e professioni, che unitamente impiegano il loro tempo libero, tralasciando magari incombenze familiari, in iniziative come queste senza chiedere nulla in cambio; solo, e non sempre, un semplice grazie o un’ombra di vino a lavoro concluso.
Questa è l’alpinità oggi, questo è lo spirito collaborativo che ci lega e ci spinge a ricercare sempre nuovi traguardi per essere degni di chi ci ha preceduto e, con il proprio sacrificio, indicato la via della solidarietà e dell’amicizia.
Concretizzare le buone intenzioni" :questo è il messaggio positivo, il testimone di grandi pulsioni ideali che vogliamo consegnare.
Mentre molti, infatti, si limitano al condizionale ipotetico : "si potrebbe fare" oppure "sarebbe opportuno intervenire"… gli alpini coniughiamo i verbi all’indicativo che è il modo della realtà e dell’efficacia, usando le mani, sudando, faticando senza clamore, senza inutili e inconcludenti giri di parole. Ed è grazie a queste mani, solo le vostre, che San Bortolo è ancora in piedi. E, ribadiamolo con orgoglio e soddisfazione, ne è valsa sicuramente la pena. Ricordiamoci che non sempre le troppa modestia paga: infatti non vorremmo proprio che fra un po’ di tempo, finiti i clamori di inaugurazioni e festeggiamenti, qualcuno pensasse che per ottenere tutto questo sia bastato un semplice colpetto di bacchetta magica, ignorando o sottovalutando le migliaia di ore lavorative occorse e il continuativo impegno di alcuni volonterosi, che non finiremo mai di ringraziare, per mantenere questo sito ben curato e tenuto come lo si può ammirare oggi.
Ed è proprio in momenti come questi che vogliamo ricordare coloro che "sono andati avanti", in particolare un amico che tanto ha profuso per questa chiesa: quanti campanelli ha suonato chiamandoci ripetutamente a raccolta, quante porte ha bussato in cerca di aiuto, quante volte ci ha incoraggiato, proprio lui con la sua salute malferma, nei momenti più difficili quando il morale era sotto i tacchi e le difficoltà apparivano insormontabili.
Ancora sul letto d’ospedale, quasi alla fine, chiedeva se i lavori per questa festa procedevano bene e confidava di voler essere presente oggi se la salute glielo avesse permesso. Insieme a tanti altri, Tiziano è ancora in mezzo a noi. E noi che crediamo, siamo altresì convinti che la “carta di credito”, garantita da San Bartolomeo in persona, che egli si è guadagnato sul campo gli sia servita per aprire la porta più bella e più radiosa.
Allora, portiamo sempre con orgoglio questo cappello che molti, prima di noi, hanno onorato sia in guerra che in pace, siamo fieri di essere alpini.
Uomini capaci anche di gran baraccate, ma sempre pronti a grandi slanci di altruismo e di solidarietà sinceri e disinteressati: questo lo spirito che differenzia positivamente la nostra grande Associazione e la rende unica ed ineguagliabile.
In particolare a voi, alpini di Bibano-Godega, il più sentito ringraziamento per il grande lavoro svolto: siete stati encomiabili, siete stati forti, siete stati grandi meritandovi il plauso dell’intera comunità.
E io sono onorato, sono veramente onorato, che voi mi abbiate voluto come vostro capogruppo per tutti questi anni.
Conclusi i discorsi ufficiali, la cerimonia inaugurale del percorso naturalistico di San Bartolomeo si è infine conclusa con un fornitissimo rinfresco per tutti i presenti, oltre un migliaio di persone, seguito poi dal pranzo al campo per gli ospiti e i protagonisti attivi dell’opera allietato dalle note gioiose e coinvolgenti della nostra fanfara alpina.
Giorgio Visentin