1987 Colfosco: 30° di fondazione
Attività
GRUPPO COLFOSCO
TRENTENNALE DI FONDAZIONE A COLFOSCO INAUGURATO DURANTE I FESTEGGIAMENTI UN CIPPO DEDICATO AGLI ALPINI CADUTI IN TUTTE LE GUERRE
Fiamme Verdi Giugno 1987
Il Cippo-Monumento dedicato alle Penne Nere Cadute, realizzato dal gruppo
Colfosco ridente paese collinare situato sulla sinistra del Piave, domina dai suoi punti più alti; il colle della Tombola e cima Torai, la pianura trevigiana e la sacra collina del Montello. La zona ha indirizzo prevalentemente di carattere agricolo ed artigianale. Le origini di Colfosco sono molto antiche; basti pensare che il paese è attraversato in tutta la sua lunghezza da una strada romana, il cui tracciato è testimoniato dalla presenza di alcuni ponti romani restaurati di recente.
Storia più recente parla del castello di Colfosco posseduto intorno all’anno 1000 dal conte Valfredo di Colfosco del casato dei Collalto.
Fino a non molto tempo fa c’era un traghetto sul Piave, tramite barca, e un grande barcone, per raggiungere più celermente Nervesa della Battaglia. La zona è quasi prevalentemente agricola; esistono delle draghe per l’estrazione della ghiaia e la sua lavorazione.
Dopo questa brevissima, ma interessante notizia storica, ci dedichiamo alla stesura della cronaca delle due giornate di festa - 25 e 26 aprile - realizzate dal gruppo.
Il sabato sera, nel capace stand opportunamente gestito, si è esibito il Gruppo bandistico di Mareno di Piave, diretto dal Maestro Guerrino Gobbo, - complesso musicale composto da una sessantina di elementi - che ha dimostrato una buona preparazione e ha fornito un’ottima esecuzione, anche se, per coprire le inopportune ed antipatiche chiacchiere di alcuni presenti, ha dovuto dar fiato agli strumenti, interpretando forse, suo malgrado, una modulazione musicale diversa dalla partitura. Comunque l’esito è stato soddisfacente, e meritava non solo maggiore attenzione, ma anche un maggior numero di a uditori.
Nella mattinata di domenica 26, in un’atmosfera di grande socialità e partecipazione, si è svolta la manifestazione per celebrare il 30° di fondazione del Gruppo e lo scoprimento del grande cippo sovrastato da un cappello alpino tra gli artigli di un’aquila, dedicato ai Caduti Alpini di tutte le guerre, e le formelle in bronzo delle cinque Brigate Alpine.
Grande è stato il concorso di popolo e degli alpini della zona.
Erano presenti delegazioni di tutta la sezione e anche del territorio vicino.
Gradita è stata la presenza del presidente della sezione prof. Giacomo Vallomy e del vice geom. Lino Chies; del vice prefetto Alberto De Mura, dell’onorevole Zambon, del sindaco di Susegana arch. Gianni Montesel con la giunta; dei colonnelli Boffa e Rizza, del brigadiere vice-comandante la stazione carabinieri di Susegana Duci e del capo dei vigili urbani.
Abbiamo notato la quasi totalità dei nostri gagliardetti, la rappresentanza dei gruppi di Arcade, Bidasio e Nervesa, della sezione di Treviso; i labari delle associazioni Combattenti e Reduci, degli Autieri, dei Paracadutisti, dell’AVIS e della Croce Rossa e naturalmente il nostro Vessillo portato dall’Alfiere Mario Longhino.
La manifestazione animata dalla Fanfara della Brigata Alpina “Julia” e dalla Banda Musicale di Mareno di Piave, alle quali va la gratitudine di noi tutti, ha avuto il seguente svolgimento.
Verso le ore 10, in un’atmosfera di mattina festosa, i partecipanti si sono radunati nel piazzale sottostante la chiesa, dove venivano distribuite le coccarde tricolori e fervevano i preparativi.
La sede è una bella casa che la parrocchia ha offerto all’ANSPI, associazione che assieme gruppo alpini di Colfosco organizza la vita sociale e ricreativa del paese. La casa sorge al centro di un ampio spiazzo: “Il Parco dell’Amicizia”, creato dalla comunità parrocchiale. Sul retro della casa un sottoportico, il chiosco fornito di ogni cosa utile al servizio, tra cui uno spiedo gigante - di proprietà dell’alpino geom. Attilio De Vecchi.
Pochi minuti di attesa e poi preceduti dalla Fanfara della “Julia”, dagli alfieri e dal Corpo Bandistico di Mareno ci siamo incamminati, e in corteo con ordine; abbiamo raggiunto il piazzale dove si erge maestoso il “Cristo d’Isonzo”, che domina il pendio e la sottostante pianura.
Ha avuto inizio immediatamente la Messa celebrata dal parroco don Luigi Davanzo, il quale durante l’omelia - dopo aver letto il Vangelo, che evidenzia la poca fede, l’incredulità di S. Tomaso sulla Resurrezione di Cristo - ha dato il benvenuto a tutti i presenti, aggiungendo che, mentre pregava il Dio della pace sulla collina dove domina Cristo, ha ripensato a quelle colline, a quei monti, dove sono caduti i nostri soldati, e che ciò deve essere motivo di riflessione.
Ha definito “eroe” colui che si batte per un ideale, per la pace, per l’amore fraterno. Poi ha ricordato i luoghi ove il sangue degli alpini ha bagnato abbondantemente il suolo: il monte Grappa, L’Ortigara, il Carso, il Montenero, i monti della Grecia e le steppe della Russia. Ha assento che, anche se l’esito dei due conflitti è stato diverso, identico è stato l’ideale per cui
nostri soldati si sono battuti, e cioè per un mondo di giustizia, di pace e di solidarietà umana. Quindi essi sono caduti non per la guerra, ma per la pace. Ed ha concluso dicendo che sulle tombe dei nostri Caduti va inciso il monito: “Questo è stato l’ultimo sacrificio”.
Durante la distribuzione dell’Eucarestia, la Banda Musicale di Mareno ha eseguito “L’Adagio di Albinoni” e “Era una notte nera nera”, ed ancora altri brani di musica dolce e sommessa.
Alla fine del rito religioso il cerimoniere sezionale Mario Maset ha letto la “Preghiera dell’Alpino”.
Il corteo, sempre preceduto dalla Fanfara della “Julia”, si è snodato dalla collina giù alla Piana, fino a raggiungere il Monumento ai Caduti, dove è stata deposta una corona di alloro, al suono del “Piave” e del “Silenzio,’.
Le autorità innanzi al “Cristo dell’Isonzo”, con a sinistra il Corpo Bandistico di Mareno e a destra la Fanfara della “Julia”.
Dopo una breve marcia, è stato raggiunto il piccolo piazzale dove è collocato il grande cippo, dedicato agli Alpini caduti, nella via dedicata pure agli alpini.
Nel silenzio generale, mentre la Fanfara suonava “Stellutis Alpinis”, è stato provveduto allo scoprimento dell’opera monumentale da parte del Presidente sezionale Vallomy e del capogruppo Collotto, seguiti dall’on. Zambon e dal vice prefetto. Così si è potuto ammirare il cappello alpino sostenuto dagli artigli di un’aquila - lavoro di Bruno Sala - ,e le formelle bronzee, in cui sono raffigurati gli stemmi delle cinque Brigate Alpine - fusione e fatica di Salvatore Grillo, noto artista -. La benedizione è stata impartita dal parroco don Luigi.
Sono seguiti immediatamente gli interventi.
Per primo ha parlato il capo-gruppo Angelo Collotto, il quale ha ringraziato gli intervenuti per aver onorato, con la loro presenza, la cerimonia, appagando così le iniziative e gli sforzi degli alpini di Colfosco.
Poi il sindaco Montesel ha elogiato gli ideatori e gli organizzatori dell’opera e dell’intera manifestazione, richiamando alla mente quanto han fatto le penne nere, in particolare la costruzione di un laboratorio per gli handicappati de “La Nostra Famiglia” a Mareno di Piave.
Infine ha preso la parola, per l’allocuzione ufficiale, il presidente della sezione Vallomy, il quale dichiarava di condividere appieno i contenuti della “predica” del parroco don Luigi e lo ringraziava per le belle parole, lette dal Vangelo, ove Cristo presentandosi ai suoi discepoli, dice “Io vi lascerò la mia pace, vi do la mia pace”. Poi ha rivolto i ringraziamenti e fatto i complimenti al capogruppo Collotto e ai suoi collaboratori per l’ottima organizzazione e per la bella iniziativa. Inoltre ricordava il primo capogruppo Trentin - deceduto da diversi anni - esemplare figura di alpino, di cittadino e di padre, ed augurava ai cittadini di Colfosco di continuare con questo clima di amicizia e di bontà.
Quindi ha proseguito dicendo: “Cari alpini, vi faccio le mie felicitazioni di tutto cuore, perchè avete completato questo percorso alpino con il ricordo ai Caduti. Il gruppo compie trent’anni, li porta bene e promette bene.
Voi che mi ascoltate varcherete la soglia del 2000. Sarà il 2000 un millennio di fortune o di sciagure? Lo dirà la storia. Auguro agli alpini di Colfosco di superare indenni il secondo millennio; di continuare con questo spirito di amicizia, di iniziative di bontà, che onora questo bel paese, che ha una storia di operosità, di bontà agricola. L’agricoltura oggi è lasciata in mano, in gran parte, non si sa a chi.
Ho visto con piacere il conte Collalto, benemerito dell’agricoltura del comune di Susegana e di tutta la zona. Consentitemi che lo nomini per le sue benemerenze e per l’umanità che ha dimostrato sempre, in modo particolare verso gli umili. Non tutti quelli del suo rango lo hanno imitato.
Onore a lui che è stato un precursore nel senso democratico. So quanta simpatia, ammirazione e generosità ha manifestato e manifesta verso gli alpini.
In Italia, in Europa e nel mondo, ormai tutto è contaminato, anche l’acqua nuoce - “berremo vino”, voi direte - ma anche questo è stato pericolosamente alterato.
Sono stato al Piave; dovrebbe essere un fiume che scorre pulito, invece ha portato la morte a tonnellate di pesce. Quelle sono le inimicizie da combattere.
Cerchiamo noi alpini di comportarci degnamente.- sotto il nostro cappello alpino ci deve essere un cervello, una mente ragionevole. Dobbiamo essere rispettosi delle buone leggi.
Cosa stiamo a fare noi alpini se non ci sono più nemici? I nemici ci sono, qui all’interno del nostro Paese, proprio qui in Italia. Sono tutti coloro che compromettono il bene della comunità, della società. Dobbiamo vincere queste battaglie, disperdere i nemici del bene comune e dell’ecologia. L’associazione Alpini deve trasformarsi in scuola di civismo.
Non dobbiamo dimenticare che le zolle del Montello e di queste colline sono state bagnate dal sangue dei nostri soldati, immolatisi per la difesa della Patria e per una duratura pace e libertà.
E oggi noi ricordiamo con questa opera tutti gli alpini che fanno parte della schiera degli eroi”.
Vallomy ha concluso con l’augurio che non venga sparso più sangue in Italia e in nessun altro paese del mondo. Che nel mondo trionfi l’ideale che ci rende tutti fratelli; e che Iddio ci conceda tutto questo, presto.
Conclusa la cerimonia si è fatto ritorno nella sede del Gruppo, dove uno spiedo gigante girava lentamente emanando un appetitoso profumino.
Ci sono volute - ci spiegava il capocuoco Enrico Donadel e i suoi aiutanti Cenedese e Zoppas - ben otto ore per cuocerlo.
Il rancio, preparato per circa 600 persone, è stato ottimo e il servizio celere; mentre è stato animato dal parroco, che ha in- trattenuto e guidato i canti tra una portata e l’altra, e dagli interventi gioviali e spiritosi di Carlo Sala.
Era presente anche una rappresentanza del Gruppo di Ponte nelle Alpi, che è stato pubblicamente ringraziato per l’ospitalità offerta a un gruppo di escursionisti di Colfosco, l’estate scorsa.
Ad un certo momento è stato invitato ad intervenire l’on. Zambon, il quale ha ringraziato tutti i presenti, gli organizzatori, i fautori e i cuochi, ricordando in particolare gli esecutori dell’intera opera monumentale: Bruno Sala - che ha “battuto” il cappello alpino e l’aquila -, Salvatore Grillo - che ha fuso gli stemmi delle Brigate Alpine - e Giorgio Montesel che ha trasportato da lontano l’enorme masso.
Tre artiglieri alpini, Livio Do- rigo, Tiberio Artuso e Guido Mazzoccato, gli unici tre veneti che ai tempi di naja, appartenevano alla 4° Batteria del Gruppo “Aosta”, si sono ritrovati dopo 33 anni, a Colfosco.
Il finale della festa ha seguito la consueta prassi, con canti, brindisi e tanta tanta allegria.
Un vivo ringraziamento va rivolto alla Brigata Alpina “Julia” per aver reso possibile la partecipazione della Fanfara, ciò è una riconferma dei cordiali ed amichevoli rapporti che esistono tra alpini in servizio ed alpini in congedo.
Il capogruppo Collotto rinnova la sua gratitudine alle autorità, alla Brigata “Julia”, e a tutti coloro che hanno voluto onorare la manifestazione.
Cosa possiamo aggiungere noi ad epilogo di questa manifestazione.
Possiamo solo dire che la celebrazione del 30° di fondazione del gruppo di Colfosco e la realizzazione del cippo-ricordo, sono state iniziative programmate da tempo ed inserite in un periodo non impegnato da altre manifestazioni, perchè le penne nere di Colfosco volevano ottenere un’adesione piena ed avere soddisfazione dei loro sforzi e dei loro sacrifici. Si può quindi affermare che il capogruppo Angelo Collotto, il geom. Gilberto Loschi e i loro collaboratori si possono ritenere appagati.
Brunello e Barro