1969 Collalto: Inaugurato il nuovo gruppo
Attività
GRUPPO COLLALTO
Solennemente inaugurati i nuovi Gruppi di Fontigo e di Collalto
Fiamme Verdi Aprile 1969Altri due gruppi sono giunti ad arricchire la compagine
sezionale: quello di Fontigo - inaugurato il 2 marzo e quello di Collalto la cui festa inaugurale si è svolta il 16
marzo.
Come preannunciato dal comm. Curto, è seguita il 16
marzo la manifestazione inaugurale del Gruppo di Collalto e alla quale hanno presenziato - malgrado il tempo nuvoloso -
numerose rappresentanze e larga parte della popolazione locale.
Sono intervenuti la bandiera della Sezione di Barbisano dei combattenti, il nostro vessillo sezionale e i gagliardetti dei gruppi di Fontigo (ancora fresco d’inaugurazione), Solighetto, Refrontolo. S. Lucia di Piave, Barbisano, S. Vendemiano, S. Fior, Collalbrigo, Falzè di Piave, Pieve di Soligo, Godega-Bibano, Soligo, Colfosco, Susegana, Mareno di Piave, Corbanese, S. Maria di Feletto, e del Gruppo Città.
Erano presenti il magg. Beltramba comandante la Sezione staccata di artiglieria di Conegliano, il cap. Di Lauro comandante la compagnia carabinieri, il ten. Laino della guardia di finanza, i nostri vice presidenti avv. F. Travaini e ten. col. A. Piasenti e numerosi consiglieri sezionali.
Con alla testa la fanfara che suonava il «33» i partecipanti si sono recati alla chiesa parrocchiale ove l’arciprete don Pietro Battistella ha celebrato la Messa e rivolto circostanziate parole di saluto agli alpini; ha pure benedetto il gagliardetto del nuovo Gruppo e del quale è stata madrina la signora Ceccotti consorte di un reduce di Russia.
Alpini e rappresentanze si sono poi riuniti sul sagrato; il vice presidente avv. Travaini ha recato il saluto del presidente sezionale impossibilitato ad intervenire. Ha poi preso la parola il vice presidente ten. col. Piasenti il quale ha ricordato che quella di Collalto, venticinquesimo gruppo della Sezione, è la quarta manifestazione inaugurale in cui gli viene affidato il gradito compito della commemorazione ufficiale; rivolgendosi alle Penne nere del nuovo Gruppo, ha detto:
Sono intervenuti la bandiera della Sezione di Barbisano dei combattenti, il nostro vessillo sezionale e i gagliardetti dei gruppi di Fontigo (ancora fresco d’inaugurazione), Solighetto, Refrontolo. S. Lucia di Piave, Barbisano, S. Vendemiano, S. Fior, Collalbrigo, Falzè di Piave, Pieve di Soligo, Godega-Bibano, Soligo, Colfosco, Susegana, Mareno di Piave, Corbanese, S. Maria di Feletto, e del Gruppo Città.
Erano presenti il magg. Beltramba comandante la Sezione staccata di artiglieria di Conegliano, il cap. Di Lauro comandante la compagnia carabinieri, il ten. Laino della guardia di finanza, i nostri vice presidenti avv. F. Travaini e ten. col. A. Piasenti e numerosi consiglieri sezionali.
Con alla testa la fanfara che suonava il «33» i partecipanti si sono recati alla chiesa parrocchiale ove l’arciprete don Pietro Battistella ha celebrato la Messa e rivolto circostanziate parole di saluto agli alpini; ha pure benedetto il gagliardetto del nuovo Gruppo e del quale è stata madrina la signora Ceccotti consorte di un reduce di Russia.
Alpini e rappresentanze si sono poi riuniti sul sagrato; il vice presidente avv. Travaini ha recato il saluto del presidente sezionale impossibilitato ad intervenire. Ha poi preso la parola il vice presidente ten. col. Piasenti il quale ha ricordato che quella di Collalto, venticinquesimo gruppo della Sezione, è la quarta manifestazione inaugurale in cui gli viene affidato il gradito compito della commemorazione ufficiale; rivolgendosi alle Penne nere del nuovo Gruppo, ha detto:
Voi avete servito la Patria con quelle mostrine verdi che
tutti ci invidiano perchè sinonimo di coesione, di compattezza, di cameratismo, di fratellanza e di bontà. Siate i
benvenuti nella nostra grande famiglia; siate orgogliosi della nostra storia vecchia e recente di leggendario valore,
siate fieri della vostra penna nera che è simbolo di eroismi senza pari, di abnegazioni senza confronto, di sacrificio
senza limite, di audacia senza paragone.
Guardate le nostre cime, i nostri menti, su esse scorrono i confini della Patria, su essi convergono spiritualmente i Caduti di tutte le guerre che simbolicamente elevano i vostri gagliardetti, i gagliardetti di tutte le sezioni d’Italia, per farne siepe e monito e per dire a quelli d’oltre confine che quella è terra italiana.
Alpini di Collalto; noi nella nostra schietta e pura esultanza abbiamo sempre avuto come punto d’onore il ricordo dei nostri Caduti, e nel programma annunciato dal Vostro Capo Gruppo, avete promesso una lapide ai vostri Morti. Sia onore a voi che finalmente c’è chi si ricorda di questi martiri oscuri ed ignorati a cui è nostro dovere di cittadini, di soldati, di italiani, la rievocazione ed il ricordo poiché il loro sacrificio è servito a rendere più unita e più forte la Patria. Non vi importi di quale arma, specialità o servizio siano; erano soldati d’Italia e ciò basti.
Alpini! Razza Piave; razza di gente temprata a vivere sia col suo mulo. simbolo di modestia e di sobrietà, che con l’aquila, simbolo di audacia e di coraggio, estremi questi di una gamma immensa di fatiche e di sacrifici, Voi siete la speranza e la certezza del domani, da quando il Creatore ha messo ai nostri confini le montagne, le crode, i ghiacciai. Iddio ha preso un uomo, l’ha portato in mezzo ai monti, l’ha scaraventato tra i dirupi ed i crepacci e gli ha detto «Arrangiati». Così è nato il primo alpino, così è nata e sorta la stirpe degli Alpini. Voi ne raccogliete la storia e le tradizioni, a voi il compito di raccontarle ed estenderle ai vostri figli e nipoti, a Voi l’onore di rievocare chi per la Patria ha dato tutto e nulla ha avuto.
La Patria ha bisogno di gente come noi, abituata a tutte le prove ed a tutti i sacrifici, gente che ha il cuore aperto a tutti gli affetti più cari e più intimi, alla famiglia, alla casa, al proprio paese e all’Italia, ma che non tollera oltraggi od offese alla propria dignità di alpini e di combattenti.
Alpini d’Italia, figli di una terra che ha nella sua storia vicende di fortune e di tragedie, di glorie e di sacrifici, di abnegazione e di eroismi, che ha tradizioni di cultura, di arti e di scienze, Voi siete l’eletta schiera che vigila ai suoi confini.
Qualcuno vi dirà guerrafondai. Non accettate questa offesa. L’alpino per la sua natura, per la sua vita rude e di fatiche, non vuole e non può volere la guerra. Chi vive nella pace e nella serenità dei suoi monti non può volere, né tollerare la violenza, ma usa la forza delle sue mani incallite dal lavoro e dalla fatica solo contro coloro che l’offendono nella sua dignità e nei suoi affetti, e per insegnare il rispetto che si deve a chi sa impiegare le armi in guerra per ordine ricevuto, e gli attrezzi del suo lavoro in tempo di pace.
Guardate le nostre cime, i nostri menti, su esse scorrono i confini della Patria, su essi convergono spiritualmente i Caduti di tutte le guerre che simbolicamente elevano i vostri gagliardetti, i gagliardetti di tutte le sezioni d’Italia, per farne siepe e monito e per dire a quelli d’oltre confine che quella è terra italiana.
Alpini di Collalto; noi nella nostra schietta e pura esultanza abbiamo sempre avuto come punto d’onore il ricordo dei nostri Caduti, e nel programma annunciato dal Vostro Capo Gruppo, avete promesso una lapide ai vostri Morti. Sia onore a voi che finalmente c’è chi si ricorda di questi martiri oscuri ed ignorati a cui è nostro dovere di cittadini, di soldati, di italiani, la rievocazione ed il ricordo poiché il loro sacrificio è servito a rendere più unita e più forte la Patria. Non vi importi di quale arma, specialità o servizio siano; erano soldati d’Italia e ciò basti.
Alpini! Razza Piave; razza di gente temprata a vivere sia col suo mulo. simbolo di modestia e di sobrietà, che con l’aquila, simbolo di audacia e di coraggio, estremi questi di una gamma immensa di fatiche e di sacrifici, Voi siete la speranza e la certezza del domani, da quando il Creatore ha messo ai nostri confini le montagne, le crode, i ghiacciai. Iddio ha preso un uomo, l’ha portato in mezzo ai monti, l’ha scaraventato tra i dirupi ed i crepacci e gli ha detto «Arrangiati». Così è nato il primo alpino, così è nata e sorta la stirpe degli Alpini. Voi ne raccogliete la storia e le tradizioni, a voi il compito di raccontarle ed estenderle ai vostri figli e nipoti, a Voi l’onore di rievocare chi per la Patria ha dato tutto e nulla ha avuto.
La Patria ha bisogno di gente come noi, abituata a tutte le prove ed a tutti i sacrifici, gente che ha il cuore aperto a tutti gli affetti più cari e più intimi, alla famiglia, alla casa, al proprio paese e all’Italia, ma che non tollera oltraggi od offese alla propria dignità di alpini e di combattenti.
Alpini d’Italia, figli di una terra che ha nella sua storia vicende di fortune e di tragedie, di glorie e di sacrifici, di abnegazione e di eroismi, che ha tradizioni di cultura, di arti e di scienze, Voi siete l’eletta schiera che vigila ai suoi confini.
Qualcuno vi dirà guerrafondai. Non accettate questa offesa. L’alpino per la sua natura, per la sua vita rude e di fatiche, non vuole e non può volere la guerra. Chi vive nella pace e nella serenità dei suoi monti non può volere, né tollerare la violenza, ma usa la forza delle sue mani incallite dal lavoro e dalla fatica solo contro coloro che l’offendono nella sua dignità e nei suoi affetti, e per insegnare il rispetto che si deve a chi sa impiegare le armi in guerra per ordine ricevuto, e gli attrezzi del suo lavoro in tempo di pace.
Dopo aver ricordato che l’Ana non fa della
politica nel senso comunemente inteso - in quanto gli Alpini, in sede associativa, nutrono esclusivamente il proprio
ideale patriottico - il ten. col. Piasenti ha così raccomandato un maggiore autorispetto per il cappello alpino:
Col cuore in mano da vero amico, vi esorto
a non sciupare il vostro cappello, il nostro meraviglioso cappello alpino. La sua foggia caratteristica, la sua penna,
la sua posizione sulle 23 che gli dà un’aria spigliata, sbarazzina, spavalda, costituisce il nostro orgoglio. Non
riempitelo di cianfrusaglie, di fiocchetti, di patacche o ninnoli vari; è nato semplice, genuino, adatto per gente che
trascorra la sua vita al sole, alla pioggia e non alle sagre paesane. L’hanno portato così i nostri caduti di tutte le
guerre di tutti i campi di battaglia, sporco di fango, unto di sudore, intriso di sangue, forato dalle schegge, ma senza
piumetti o nastrini bianchi, rossi e verdi, perchè il tricolore l’avevano nel cuore. Hanno cambiato il colore delle
divise, hanno dato padelle nere e kaki, hanno dato ghette bianche e ghettoni grigi, ma il nostro cappello alpino è
rimasto e rimarrà sempre del suo genuino colore grigio verde. Questo dimostra che in esso c’è qualche cosa di sacro, di
inviolabile; di intangibile.
Accennando all’ormai vicina grande Adunata di Bologna, l’oratore ha rivolto la raccomandazione di dare una nuova prova
di coesione e di attaccamento, di compattezza associativa, di sano spirito di corpo e di fermezza negli ideali di
Patria. Ha infine concluso l’applaudito discorso con il grido di Viva l’Italia e Viva gli Alpini al quale hanno fatto
eco tutti i presenti.
Dopo l’esecuzione di inni alpini da parte della fanfara, e di qualche improvvisato coro tra vecchi commilitoni, è seguito il riuscitissimo rancio predisposto in una trattoria paesana; altri canti nel pomeriggio e... salsicce alla griglia (e vin bon) distribuiti dal fornitissimo chiosco.
Un plauso veramente meritato spetta al bravo capogruppo Giovanni Bernardi, al vice capogruppo Guido Ceccotti e agli altri già bene affiatati consiglieri e soci di Collalto.
Dopo l’esecuzione di inni alpini da parte della fanfara, e di qualche improvvisato coro tra vecchi commilitoni, è seguito il riuscitissimo rancio predisposto in una trattoria paesana; altri canti nel pomeriggio e... salsicce alla griglia (e vin bon) distribuiti dal fornitissimo chiosco.
Un plauso veramente meritato spetta al bravo capogruppo Giovanni Bernardi, al vice capogruppo Guido Ceccotti e agli altri già bene affiatati consiglieri e soci di Collalto.