2011 San Fior: 50° di fondazione
Attività
GRUPPO SAN FIOR
50 ANNI DI ALPINI A SAN FIOR
"...è stata un a bellissima storia. Noi faremo di tutto perché continui ad esserlo"
"...è stata un a bellissima storia. Noi faremo di tutto perché continui ad esserlo"
Fiamme Verdi Dicembre 2011
Carlo se n'era tornato da Belluno l'ottobre del 1961, dopo 20 mesi di naia. 20 mesi, e cioè due in più del dovuto, un prolungamento causato dall'emergenza creata dagli attentati in Alto Adige. Carlo ricorda che la cosa non gli era pesata più di tanto, in fondo non si stava così male sotto naia, a casa lo aspettavano giornate ben più impegnative, il duro lavoro nella vasta campagna dove le braccia non bastavano mai. Il CAR lo aveva visto recluta a Montorio Veronese, poi Belluno, 7° Alpini Battaglione Belluno, Compagnia Comando. Qui la prima sera fu sottoposto dai veci al rito della comunione. La cosa non gli piacque troppo e quando si trovò ad essere lui nello status di vecio non volle perpetuare tale pratica ai tubi.
Quando era caporale di giornata gli toccò tante volte di portare a mezzogiorno il rancio al colonnello per l'assaggio. Il colonnello, forse per non rovinarsi il pranzo al Circolo Ufficiali, senz'altro più raffinato di un rancio alpino, invitava Carlo ad assaggiare le varie pietanze. E la risposta del caporale fu sempre la stessa, una, una sola, sempre quella: ottimo sior colonnello.
Una naia in un ambiente straordinario, l'addestramento lo aveva portato su tutti i passi dolomitici ai piedi delle nostre montagne e sui ghiaioni alle pendici delle Tre Cime di Lavaredo. Poi amicizie uniche ed indimenticabili, perché si sa come sono le amicizie nate sotto naia. Carlo ricorda le allegre libere uscite ed anche qualche bevuta (di cui due particolarmente abbondanti). Ricorda che nel corso di una esercitazione con l'obice in alta montagna i sei alpini del suo plotone furono premiati con cinque litri di anice che dovevano bastare tot giorni (tirava aria molto fredda) e che invece bastarono molto meno.
Finita la naia, Carlo il cappello lo mise dentro ad un cellofan e come si trattasse di una reliquia lo depose in un armadio. La piccozza finì sulla parete della cucina, bastone di legno lavorato a mano e la lama in alluminio ricavata dalla fusione della sua gavetta. Quella piccozza sta ancora lì, gli ricorda Belluno e l'amico artista che gliela fece, Franco, andato avanti troppo presto, dopo che con lui aveva condiviso non solo la naia ma anche l'esistenza. Di quale fine fece la divisa militare Carlo non se lo ricorda. Ma presumibilmente accade ciò che accadeva sempre da queste parti. Chi ha buona memoria ricorderà, infatti, che a trar verdorame era d'obbligo indossare la camicia di naia modello estivo, mentre a sarpir le vide si andava con la jacheta grigioverde invernale. Carlo ricorda peraltro di aver indossato un paletò che era un intelligente adattamento della mantellina militare che il padre portava durante i furiosi assalti nel Carso e di cui non era riuscito a disfarsi nemmeno nella precipitosa fuga giù per i pendii di Caporetto.
Strano, ma vero, ci furono anni in cui l'esercito non era in grado di difendere la patria, ma, in compenso, la patria, attraverso l'esercito, vestiva i suoi figli. Poi si sa come vanno le vicende della vita: quel cappello, avvolto nel cellofan, in quell'armadio ci è rimasto per 50 anni e chissà per quanti anni ancora vi sarebbe rimasto se Carlo non avesse scoperto che 50 di vita del Gruppo San Fior erano anche 50 anni dal suo congedo. Carlo se l'è rimesso in testa, ha partecipato a tutte le manifestazioni del 50mo e si è riscoperto alpino.
Alpini una volta ... Ci sono venute alla mente, allora, le parole con cui si concludeva una della storie raccontate nella serata dedicata al Gruppo: Quel cappello. Quel buffo cappello: metterlo in testa deve essere un sortilegio che ti segna per sempre. Magari quando finisci la naia lo scagli lontano, più lontano possibile, poi un giorno lo riprendi e lo custodisci gelosamente e guai a chi te lo tocca. Lo metti su ad ogni occasione e non lo rinneghi mai. Perché: alpini una volta, alpini sempre.
Una serata in cui le penne nere sanfioresi hanno ricordato alcuni momenti della loro storia e qualche storia di vita. Le voci di Chiara, Lucio e Valentino, accompagnate dalle note del coro di casa, il Pradevai, emozioni malamente represse, e cioè occhi lucidi e qualche lacrima. Alla fine il presidente sezionale Battista Bozzoli e il capogruppo Ezio Marchioni hanno invitato sul palco gli alpini che si sono succeduti negli anni alla guida del Gruppo, volendo in questo modo ringraziare tutti gli alpini che ad esso hanno dedicato vita, impegno e passione: Antonio Da Rui, Fiorenzo Zambon, Remigio Chies, Piervittorio Dal Cin, Mirco Da Rui, Leo Padovan, Aldo Tonon. Ai due ex capogruppo che non ci sono più, Lorenzo Vinera e Leonardo Meneghin, è stato dedicato un commovente Signore delle Cime cantato da tutti i presenti.
Giovedì 22 settembre il Gruppo ha ospitato autorità civili e militari e le rappresentanze sezionali che hanno salutato l'arrivo del Tricolore dall'Afganistan con un reparto di alpini.
Venerdì 23, in una serata interamente dedicata alla memoria dei nostri reduci, la compagnia Faber Teater, con l'attore Andrea Brugnera ed il Coro Voce Alpina, ha presentato I, rielaborazione teatrale del celebre romanzo di Giulio Bedeschi, tra i cui protagonisti figura Toni Covre, reduce alpino sanfiorese che ci ha lasciato il mese di luglio. Una serata culturale ma ancora di grande commozione, specie quando l'attore Brugnera ha ricordato la vicenda Covre.
Presenti 6 vessilli sezionali (oltre a Conegliano, Belluno, Cadore, Valdobbiadene, Vittorio Veneto e Bergamo) e le rappresentanze di 40 Gruppi, domenica 25, dopo l'alzabandiera e la sfilata dalla sede alla parrocchiale e l'omaggio ai Caduti, una santa messa ha ricordato tutti gli alpini del Gruppo che non ci sono più e il pensiero è andato a quella domenica di agosto di 50 anni fa, quando nel sagrato della chiesa inondato dal sole don Paolo benediceva il gagliardetto del nuovo Gruppo.
Per lasciare un segno tangibile del loro Cinquantesimo le penne nere di San Fior si sono impegnate nella realizzazione di un parco: il Parco degli Alpini. Dopo la messa è stata scoperta la Pietra del Parco, opera realizzata dall'artista Isidoro Dal Col. Un bassorilievo ricorda il lavoro del Gruppo nella ristrutturazione della chiesa di San Bernardino. La pietra è affiancata da un totem progettato dall'arch. Chiara Carniel. Viene ricordato l'impegno umile e silenzioso di uomini accomunati nello stile e nella presenza da quel distintivo di cui vanno fieri ed orgogliosi che è il cappello con la penna. Dirà del loro anelito per un mondo di pace e fratellanza, del loro essere presenti sia nei momenti di festa sia nelle situazioni di sofferenza, del loro essere aperti all'incontro ed all'amicizia, l'amicizia che può far cambiare i nostri stati d'animo e farli sorridere anche quando nel cuore c'è amarezza. Nel corso della stessa cerimonia è stato inaugurato il completamento di Via degli Alpini.
Una storia fatta di emozioni, gioie e fatiche ... Nino Vinera, Angelo Zanette, Diego Visentin, Nino Barzotto, Lino Fantinel, Angelo Leiballi, Remo Talamini, Domenico Tomasella, Annibale Covre, Giuseppe Da Rui, Michele Brescacin, Piero Zago.
Sono questi i fondatori del Gruppo Alpini San Fior.
L'Associazione fu costituita ufficialmente il 22 agosto 1961, ma già dal 1956 i soci si riunivano per programmarne la nascita. Gli incontri si tenevano all'osteria "4 colonne dalla Marcella" in una stanzetta ricavata dal sottotetto, che rappresentò quindi la prima sede del Gruppo. Quell'osteria non esiste più, chi ha meno di 50 anni non può ricordarla, perché è sparita per far posto al condominio "Gemini". Era molto caratteristica, con le quattro colonne che sorreggevano il portico che dava sulla Pontebbana. Lì, tra l'altro, fermava la corriera che ripartiva carica di studenti ed operai per Conegliano, con quell'osteria sparì anche un po' di storia del nostro paese.
Dal 1968 il gruppo continuò a riunirsi in due stanze del dopolavoro Enal, presso l'osteria Baret. Fino a che fu acquistata la struttura che oggi costituisce la nostra sede.
Un prezzo di favore, 1.230.000 lire. Soldi non ce n'erano, ma c'era tanta passione e la voglia di avere una sede propria. Si fecero avanti degli sponsor, (allora non si chiamavano così) che anticiparono il denaro: Danilo Favretto, Nino Vinera, Giuseppe Da Rui e Brando Baret, personaggi la cui fede alpina è rimasta proverbiale. Lo stabile fu ristrutturato dai soci, che vi lavoravano il sabato e la domenica. Gli alpini si autotassavano pagando la tessera, inoltre ogni mercoledì e venerdì chi entrava in sede metteva 500 o 1000 lire dentro ad un bottiglione in bella vista all'entrata. Lo stile era quello dell'autofinanziamento ed il giorno di paga mensile c'era sempre chi lasciava al capogruppo qualche biglietto da 10.000 per la sede.
Da allora gli alpini sono parte di questa Comunità, con la loro presenza attiva e spesso festosa, senz'altro numerosa. 50 anni di Alpini a San Fior sono stati un attivo impegno per la comunità, impegno che li ha visti sempre in prima linea in tutte le manifestazioni, pronti a fornire in ogni momento la loro organizzazione ed il loro supporto logistico a chi li chiama, ed essi stessi promotori di iniziative che tengono vive le tradizioni, fedeli al motto "dove c'è un paese lì ci sono gli Alpini".
Vogliamo solo ricordare la collaborazione con le due grandi associazioni di San Fior che operano nel mondo della sofferenza: AIL e Associazione Fiorot.
Il regalo più gradito l'abbiamo ricevuto anni fa, quando ci è stata dedicata una via del paese. E accanto a Via degli Alpini sorgerà ora il Parco degli Alpini.
Via degli Alpini e Parco degli Alpini... per dire che in questo paese noi ci siamo.
Parecchie sono le esperienze fatte, tante le cose che abbiamo in mente di fare. Abbiamo ricordato i nostri 50 anni di vita, la nostra storia, fatta di emozioni, gioie, sforzi e fatiche.
E' stata una bellissima storia. Noi faremo di tutto perché continui ad esserlo.
L'omaggio ai Caduti
Presente anche il Vessillo della Sezione di Bergamo
Il taglio del nastro
50 anno a San Fior nel ricordo dei veci
In Via degli Alpini sfilano le penne nere
Quando gli amici arrivano da lontano è festa e vicinanza alpina
La Pietra e il Totem all'ingresso del Parco degli Alpini
Un sindaco, una targa, un Capogruppo ed un Consigliere nazionale
Foto di gruppo con il Consigliere nazionale