2015 San Vendemiano: Visita dei luoghi della grande guerra - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
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2015 San Vendemiano: Visita dei luoghi della grande guerra

Attività
GRUPPO SAN VENDEMIANO
VISITA DEI LUOGHI DELLA GRANDE GUERRA
Nel centenario della Grande Guerra il Gruppo San Vendemiano ha promosso una specifica iniziativa presso la scuola media. Si tratta di una visita guidata ai luoghi che hanno visto combattere l’esercito italiano sul finire del 1918 per ricacciare oltre frontiera l’esercito austro-ungarico. Fiamme Verdi pubblica il resoconto della classe 3^ E, fatto dagli alunni

Fiamme Verdi 2015

L'11 Marzo 2015 tutte le classi terze dell'Istituto Comprensivo G. Saccon di San Vendemiano hanno partecipato a una visita guidata sui luoghi della "Grande Guerra" organizzata dall'Associazione Nazionale Alpini. Noi alunni della classe 3^E siamo partiti insieme alle altre classi verso le 7 e 45 e ci siamo diretti verso Moriago per visitare "L'Isola dei Morti". Ad accoglierci è stato il Professor Visentin che ha fatto una panoramica generale sulla Prima Guerra Mondiale. Ci ha raccontato della vita nelle trincee, dei soldati che erano caduti in quel luogo ,ai quali è stato dedicato un monumento costruito a forma di piramide con i sassi del Piave. Trovarsi in quel luogo è stato emozionante ma allo stesso tempo malinconico perché è trovandoti in quel luogo che ti rendi conto di cosa è successo durante la guerra. Ci ha accompagnati poi vicino al letto del fiume per dimostrarci quanto è stato faticoso per i soldati attraversarlo a nuoto. Successivamente abbiamo fatto una breve merenda e ci siamo diretti a Fontigo, una frazione di Sernaglia della Battaglia, dove abbiamo visitato un museo della Grande Guerra con all'interno alcuni resti, quali ad esempio armi da fuoco, divise, proiettili e una stanza che riproduceva com'era la trincea tipica dei soldati. Più tardi ci siamo diretti verso la sede degli alpini di Sernaglia e abbiamo aspettato nel parchetto adiacente alla sede mentre alcuni di loro preparavano il pranzo. Nel pomeriggio ci siamo diretti al campo di volo a Nervesa della Battaglia dove abbiamo incontrato un altro professore che ci ha portati nell'hangar dove abbiamo visto gli aeroplani con i quali hanno combattuto durante la Prima Guerra Mondiale. Successivamente abbiamo visto dei video che illustravano una dimostrazione del volo degli aeroplani e il professore ha avuto la pazienza di esporci la storia di ogni aeroplano. Ci siamo diretti poi all'ossario, dove sono raccolte le ossa dei soldati caduti nel corso della Grande Guerra.


il monumento a Francesco Baracca

ECCO UNA RACCOLTA DI TESTI CHE GLI ALUNNI HANNO ELABORATO DOPO LA VISITA…
Abbiamo concluso andando a vedere il monumento dedicato a Francesco Baracca, l’asso italiano dell’aviazione, dove la guida ci ha spiegato la vita e le imprese dell’eroe. Siamo tornati a scuola alle 18:30 circa. Questa gita ci è piaciuta tanto perché è stata molto interessante ed istruttiva. Gli alpini sono stati molto gentili e pazienti con noi, ci ha colpito il loro spirito di solidarietà , aiuto fraterno e amicizia.
Riccardo classe terza E

il capogruppo di S. Vendemiano. alpino Roland Coletti che è venuto con noi

Mercoledì 11 marzo noi delle classi delle terze ci siamo trovati alle 7.30 a scuola, abbiamo fatto l'appello e siamo partiti con la corriera. Ci siamo divisi: le sezioni A,B,C, sono andate a Nervesa e la sezione D è venuta con noi della E a Moriago; il percorso svolto da noi al mattino è stato riproposto alle sezioni A,B e C nel pomeriggio e viceversa. La mattina siamo andati nella piana di Sernaglia, siamo entrati in un parco naturale dove c'erano vari monumenti dedicati ai caduti, in particolare ci siamo soffermati su una piramide costruita con i sassi del Piave, lì un alpino ci ha spiegato nei dettagli come si svolse la Prima Guerra Mondiale o Grande Guerra e la quantità enorme di morti e feriti. L'alpino ci ha parlato, anche, dell' Isola dei Morti dove sono stati rinvenuti molti cadaveri che sono stati trasportati dall'acqua, da qui il nome. Abbiamo visitato il museo di Fontigo a Sernaglia, all'interno abbiamo visto molte armi e molti oggetti risalenti alla Prima Guerra Mondiale e anche una stanza che riproduceva una trincea! Successivamente ci siamo recati nella sede degli alpini a pranzare e ci siamo riposati un po'; nel pomeriggio siamo andati al campo volo a Nervesa dove abbiamo visto un hangar risalente alla Prima Guerra Mondiale nel quale si possono ammirare degli aerei, per la precisione dei biplani, di tela cerata, legno ed alcuni in lamiera; abbiamo anche visto il primo aereo che ha “volato”, l'unico al mondo in grado tutt'ora di volare. Ci hanno anche mostrato due video della rivisitazione, cento anni dopo, nel 2004, del primo volo avvenuto nel 1904. Abbiamo ripreso il viaggio e siamo andati nell'Ossario di Nervesa, edificio dalla caratteristica forma a parallelepipedo, dove si trovano i resti di migliaia di morti, molti non si sa nemmeno chi siano. All'entrata c'era una croce di metallo crivellata di fori di proiettili, al secondo piano c'erano oggetti riguardanti la guerra di cui una guida ci ha spiegato la provenienza e l'importanza. All'ultimo piano c'erano quattro terrazze con una vista mozzafiato, ciascuna su uno dei quattro lati dell'edificio e il tetto era a forma di piramide, totalmente in vetro. Siamo risaliti poi in corriera e siamo arrivati davanti ad una via che abbiamo percorso a piedi fino al monumento dedicato a Francesco Baracca uno dei migliori piloti di aerei. Egli aveva fatto precipitare molti aerei nemici finché non è precipitato il suo e lui è morto; i genitori hanno voluto far costruire un monumento che gli hanno dedicato. Lo stemma di Baracca era il cavallino rampante, ceduto dalla madre ad Enzo Ferrari e oggi simbolo della famosa casa automobilistica. Siamo tornati all'autobus, siamo partiti alla volta di San Vendemiano per rincasare. E' stata una gita particolare, ma molto istruttiva, ci è piaciuta perché abbiamo avuto l'opportunità di conoscere dettagli della grande guerra che i libri non riportano. Siamo grati agli alpini che ci hanno aiutato e ci hanno fatto da guida in modo veramente coinvolgente.
Giusy, Letizia, Alessandro, Domenico, Petra, Samuele M. classe 3^E

l’Ossario di Nervesa


Il caposezione, alpino Giuseppe Benedetti, che ci ha accolti a Sernaglia a nome di tutti gli alpini

Il giorno 11 marzo 2015 abbiamo fatto una gita nella quale siamo andati a visitare i luoghi della Grande Guerra. Alle ore sette e quaranta siamo partiti dal piazzale della scuola e ci siamo diretti verso Moriago della Battaglia. Arrivati ci siamo recati, insieme a un alpino che ci faceva da guida, all’ Isola dei Morti, luogo di battaglie combattute anche da ragazzi poco più grandi di noi chiamati “i ragazzi del ‘99”, infatti qui si trova un monumento a loro dedicato. Ci ha colpito molto la croce situata sopra adesso, realizzata con dei simboli di guerra quali il filo spinato e l’elmetto. Inoltre ci ha molto impressionato e ci ha fatto riflettere l’illustrazione dell’alpino riguardo le condizioni di vita dei soldati nelle trincee, costretti a vivere in questi cunicoli tra topi, pidocchi, sporcizia e anche tra i cadaveri dei compagni rischiando, di conseguenza, di morire anche a causa delle malattie. Successivamente, dopo una breve pausa, ci siamo diretti con il pullman verso Sernaglia della Battaglia dove abbiamo visitato un museo contenente alcuni reperti riguardanti la Grande Guerra trovati vicino al Piave. Ciò che ci ha colpito maggiormente di questo museo è stata la rappresentazione del luogo in cui soggiornavano gli ufficiali durante la guerra e tutti gli equipaggiamenti posti nelle vetrine. Verso mezzogiorno e mezzo circa siamo andati alla sede degli alpini di Sernaglia della Battaglia a pranzare con loro. Finito di pranzare ci siamo spostati al campo volo di Nervesa della Battaglia dove un signore ci ha illustrato i vari tipi di aerei tenuti dentro un hangar risalente alla prima guerra mondiale e unico nel suo genere, poi ci ha fatto vedere due video riguardanti il primo volo con un aereo eseguito dai fratelli Wright. Gli aerei erano molto belli, alcuni originali, altri ricostruiti. L’aereo che ci ha interessato di più è stato quello che rappresentava la riproduzione di quello dei fratelli Wright. Dopo la visita al campo volo ci siamo diretti all’ossario, dove sono contenute le ossa dei soldati morti in battaglia e alcuni reperti, tra cui armi, usate da loro. Dopo una breve pausa ci siamo incamminati verso uno spazio dove ’è situato il monumento dedicato a Francesco Baracca , un aviatore italiano, ucciso nelle vicinanze mentre volava a bassa quota . Questo capitello è stato costruito su una base esagonale dove si trovano le firme dei famigliari e una dedica. Sopra di essa è sostenuta da alcune colonne una cupola costruita più recentemente. Francesco Baracca usò come simbolo per i suoi aerei un cavallino rampante, donato dalla madre a Enzo Ferrari dopo la sua morte, usato in seguito per rappresentare la famosa azienda automobilistica Ferrari. Gli alpini sono stati molto gentili ad ospitarci nella loro sede offrendoci il pranzo e sono stati molto bravi a spiegare il tutto, infatti abbiamo compreso e imparato molto di più riguardo alla Grande Guerra.
Alice, Samuele F., Marika, Steven, Chiara, Daniele classe 3^ E


All'Isola dei Morti (Moriago della Battaglia)

…pausa pranzo…


Ecco la cucina…e il cuoco!

La Grande Guerra (classe 3^D)
Correva l'anno 2015. Ai tempi avevo 14 anni, e frequentavo l'ultimo anno delle scuole medie a San Vendemiano, ero un ragazzo come tanti. Un bel giorno, per la precisione il 21 Febbraio, i professori, dopo lunghissime trattative, decisero che avrebbero presto organizzato una gita alla volta della riscoperta della Grande Guerra. Tra urla e schiamazzi, l'11 Marzo, la mia classe e la gloriosa 3^E si avviarono verso il pullman che ci avrebbe portato, dopo un'oretta abbondante di viaggio, all'Isola dei Morti. Le altre tre classi, invece, presero un secondo ed un terzo pullman che avrebbe portato loro a fare il giro opposto al nostro. Il sole batteva forte sulle nostre teste, ma le nuvole sembravano prendersi gioco di noi ragazzi: andavano e tornavano, oscurando in continuazione la palla di fuoco, come per farci un dispetto; eravamo costretti a toglierci e rimetterci la giacca in continuazione, senza sosta. Poi il sole sembrò stufo, annoiato, così si decise finalmente a smettere di stuzzicarci, concedendoci una bella giornata calda e soleggiata. L'Isola dei Morti, territorio di eterno riposo per i nostri compatrioti e non, ha visto passare tanti uomini diversi, tante divise, tante armi, tanto odio. Questo sacro luogo, una grande distesa di terra tagliata a metà dal fiume Piave, rappresenta il principale luogo di memoria dedicato agli Arditi, i quali, nel 1918, riuscirono a contrastare l'attacco dell'esercito austriaco che puntava a conquistare le nostre linee più interne per distruggere completamente le nostre ultime difese. Sotto diversi metri di terra troviamo coloro che hanno avuto un ruolo importante nella guerra combattuta in montagna: gli Alpini. Ecco perché la nostra guida era proprio un Alpino; non sembrava molto anziano, ma aveva una preparazione molto approfondita riguardo la Prima Guerra Mondiale. Per prima cosa ci chiese di mantenere una certa quiete per rispettare il luogo dove ci trovavamo. Lo definì un luogo buio, quasi desertico, attraversato solamente da una striscia d'acqua che faceva da grande ostacolo per i soldati, perché per attraversarla occorreva spogliarsi, altrimenti i movimenti sarebbero stati completamente impediti per via degli abiti troppo pesanti. Questo ostacolo fu però un grande vantaggio per il battaglione italiano, il quale sfruttò la difficoltà degli austriaci di attraversare il fiume a proprio vantaggio. I soldati austriaci, infatti, quando erano intenti ad guadare il corso d'acqua, non badavano più al pericolo di essere colpiti da un proiettile, ed ecco che noi, ad intermittenza, sparavamo su di loro con le mitragliatrici. Ci accompagnò dinnanzi ad un grande monumento edificato per ricordare le vittime della Grande Guerra. Era un'imponente piramide, forse un tempo rivestita di rame, ormai ossidato per via degli agenti atmosferici, la quale aveva fissata sulla cima una grande croce modellata con il filo spinato affiancata da un elmetto arrugginito ed una granata. Cominciò il suo lungo discorso elencando gli eserciti schierati, soffermandosi maggiormente sui particolari relativi l'esercito italiano, aggiungendo anche i luoghi ove i nostri compatrioti combatterono, con nomi e vittorie incluse. Ci descrisse la zona del Montello, il monte che si ergeva dinnanzi i nostri occhi, luogo che ospitò la battaglia che avrebbe segnato la fine delle sofferenze per il nostro esercito. Proprio sulla riva del Piave, fu combattuta la battaglia che respinse l'esercito austriaco lontano dai nostri confini, impedendogli di avanzare ulteriormente e di conquistare le nostre linee più interne. Continuò poi descrivendo alcune delle armi utilizzate, comprese le armi chimiche, senza dimenticare il numero delle vittime che provocò questa guerra. Dopo una buona mezz'oretta di pausa, salimmo nuovamente a bordo del pullman e ci recammo presso un museo di Scienze Naturali nei dintorni di Nervesa il quale conservava al suo interno centinaia di reperti trovati sottoterra nel corso di cent'anni. All'interno si trovavano alcune armi originali risalenti ai primi anni del Novecento, resti di bombe, e non solo. C'era addirittura una ricostruzione di una tipica baracca dove alloggiavano gli alti comandi. Era una capanna di tronchi, talmente leggera che sembrava poter essere abbattuta da una folata di vento. All'interno vi era una piccola e a prima vista scomoda brandina, affiancata da un piccolo comodino su cui era appoggiata una lampada ad olio la quale consentiva a malapena di distinguere le forme presenti nella stanzina. Nei corridoi erano inoltre esposti alcuni utensili utilizzati dai soldati, come le gavette e cucchiai affiancati da baionette e tirapugni di piombo, in normale dotazione al soldato. Usciti dal museo, dopo appena qualche minuto di corriera, ci recammo presso la casa degli Alpini di Nervesa. Gli alpini dopo una buona oretta di svago, tra canti e risate, ci offrirono gentilmente il pranzo a base di pastasciutta. Dopo mangiato, la luce e la calda giornata ci diedero un leggero senso di stanchezza, di pigrizia, tanto quanto bastava per farci quasi addormentare durante la lunga trasferta verso il Campo di Volo di Nervesa. Questo posto è sede di una delle più grandi collezioni del mondo: la “Jonathan Collection”. Essa è l'unica al mondo che contiene al suo interno fedelissime riproduzioni volanti dei velivoli che segnarono la storia dell'aviazione. Ne è un esempio il Flyer, il primo aereo mai costruito; la collezione contiene l'unica riproduzione volante al mondo. Come se non bastasse, a rendere questo posto ancora più speciale è l'hangar mobile originale ove sono custoditi gli aerei. Questo hangar è l'unico al mondo che si può smontare e rimontare a piacere, infatti viene detto hangar mobile, e la “Jonathan Collection” conserva l'ultimo esemplare al mondo. Antichi o recenti, il campo di volo ha una varietà incredibile di modelli di aerei funzionanti, anche quelli originali risalenti al periodo della Grande Guerra. In particolare ci furono descritti tre aerei diversi: un bombardiere, un aereo da addestramento e una fedele copia dell'aereo del “Barone Rosso”. Il bombardiere, di dimensioni impressionanti, ha un'apertura alare di oltre 20 metri, e sembrava così a prima vista un grande cassone con le ali. Era infatti molto rozzo come velivolo: presentava solamente due mitragliatrici, una a prua e una a poppa, con i relativi mitraglieri. L'aereo da addestramento, invece, sembrava molto semplice da pilotare, ma bastava buttare l'occhio ai comandi per capire come l'aviazione si sia evoluta nel corso degli anni. Ma la cosa che ci ha colpito di più è stata sicuramente l'aereo di Francesco Baracca, con dipinto sul fianco il suo emblema, conosciuto in tutto il mondo: il Cavallino Rampante. L'ultimo luogo che andammo a visitare fu infatti il monumento dedicato a lui. Ma prima di onorare il nostro aviatore, ci recammo presso l'ossario di Nervesa della Battaglia, costruito dall'architetto Felice Nori nel 1935 e inaugurato ed aperto al pubblico nel 1938. Questa struttura contiene più di 10000 spoglie di soldati periti nel tentativo di difendere la nostra patria dal nemico. La struttura ha una forma molto particolare: si erige in verticale, con una forma piuttosto squadrata, e non sembra molto spaziosa, vista dall'esterno. Basta oltrepassare il grande portone per cambiare idea rapidamente: la struttura mette le sue radici verso il basso: due piani su cinque, infatti, si trovano sottoterra. Appena varcata la soglia, il brusio continuo dovuto alle nostre chiacchiere cessò di colpo. Su uno dei piani, il secondo per la precisione, è presente anche un piccolo museo che contiene alcuni reperti risalenti alla Prima Guerra. Era un luogo sacro, ma allo stesso tempo spaventoso: vedere centinaia e centinaia di nomi di persone perite nelle battaglie incuteva un certo timore. Salimmo una scalinata che ci portò ad una sorta di museo, con esposti gli oggetti dati in dotazione al soldato semplice: gavette arrugginite, granate sforacchiate, caschetti con fori alle tempie e in mezzo alla fronte; tutto ciò metteva paura. Salita un'altra rampa di scale, ammirammo affacciati ai quattro balconi lo splendido paesaggio che ci circondava: imponenti pini, alti cipressi, alternati a tratti di pianure verdeggianti con le caprette che brucavano dolcemente l'erbetta fresca. Come ultima tappa, una bella camminata alla volta del monumento dedicato a Francesco Baracca, il valoroso soldato che abbattè oltre 30 aerei austriaci, ucciso poi in modo misterioso durante un'operazione di abbattimento delle truppe di terra: l'operazione consisteva nell'abbassarsi quasi al livello del terreno e sparare alla fanteria nemica, che però non andò a buon fine. Non si sa se Baracca fu abbattuto per un colpo alla testa dovuto ad un cecchino oppure se sia stato colpito in volo da un altro aereo. Alcuni dicono anche che si sia suicidato con un colpo alla testa, preso da un attacco di pazzia o di forte depressione. Il suo emblema fu donato dalla madre del soldato ad un uomo che divenne presto famoso per le sue automobili: Enzo Ferrari. Una volta tornati in corriera, stanchi morti per la lunga avventura, ci concedemmo un tranquillo viaggio di ritorno, felici e soddisfatti della bella giornata passata. Anche da adulto, questi ricordi son così vivi da farmi sembrare ancora lo spavaldo giovincello che partecipò a quella gita vent'anni or sono. Certo i tempi sono cambiati, al giorno d'oggi questa guerra, ormai lontana e remota, non ha più un grosso peso sugli animi dei giovani, però noi “vecchi” portiamo ancora sulle spalle la grande lezione che questa Guerra ci ha insegnato: l'odio porta solo ad altro odio, morti portano solo ad altre morti, e mai ci sarà la pace nel mondo finché questo messaggio non sarà passato ad ogni anima sulla terra. Finché ci saranno anime “impure”, cariche d'odio, di sete di vendetta e di desiderio di conquista le guerre non potranno mai concludersi una volta per sempre.
Nome: Alessia Cognome: P. Classe: 3^A In occasione del centenario della Grande Guerra, le classi terze grazie alla disponibilità degli Alpini di San Vendemiano e di due storici, hanno potuto effettuare una visita guidata, nei luoghi legati alla guerra ‘15-‘18, nella giornata di mercoledì 11 marzo. In classe l’argomento era stato trattato in modo esauriente: con l’aiuto di filmati, la lettura di vecchie lettere dei nostri soldati al fronte e la partecipazione a un convegno tenuto dal prof. Cecchinel. Formativa è stata la possibilità di uscire dalla scuola, per andare, di persona, in quei luoghi che furono scenari si scontri cruenti e che si trovano a così pochi chilometri da noi. Vedere le tante testimonianze dal vivo e toccare con mano è stato per me importante per poter cogliere la drammaticità dell’evento bellico e per tenerlo vivo nella memoria. I comuni, perché coinvolti direttamente, sono stati quello di Nervesa, di Moriago, di Sernaglia e di Fontigo, come mete da visitare (non a caso tre di queste cittadine hanno la denominazione “Battaglia”). La partenza è avvenuta mercoledì 11 marzo alle ore 07.45 dal piazzale della scuola con due corriere e un pulmino. Tutte le classi erano accompagnate da alcuni professori. Della mia classe la referente era la prof.ssa Pili. Gli alunni delle classi B e C hanno condiviso con noi i posti a sedere in corriera. Il viaggio è stato piacevole, rilassante e sostanzialmente veloce. L’avventura è cominciata nel centro di Nervesa della Battaglia, paese che sorge in riva al fiume Piave e che fu protagonista della Battaglia del Solstizio, dal 19 al 23 giugno 1918. Qui l’armata austroungarica cercò di sfondare le linee italiane proprio nelle vicinanze di Nervesa che fu oggetto di durissimi scontri, anche corpo a corpo. La prima tappa, alle ore 08.30, è stata la visita al Sacello del Maggiore Baracca. Con le classi 3^B e 3^C siamo andati a vedere un piccolo “tempietto”, dedicato all’asso dell’aviazione: Francesco Baracca, uno dei personaggi più famosi della Prima Guerra Mondiale. Esso sorge poco distante dal Sacrario di Nervesa ed è protetto da alti cipressi ed immerso nel verde. Il Sacello dovrebbe ricordare il luogo dove l’aviatore romagnolo venne abbattuto durante la Battaglia del Solstizio, il 19 giugno 1918. Tuttavia, contrariamente a ciò che pensano molti, esso non fu edificato esattamente sul luogo della caduta dell’aereo. A svelarcelo è stata proprio la nostra guida, il prof. Giorgio Visentin (storico e autore di pubblicazioni). La morte del Maggiore Baracca è tutt’oggi avvolta nel mistero: chi dice che fu colpito a morte in volo da proiettili vaganti e chi afferma che si sia suicidato di proposito per non cadere nelle mani del nemico. La seconda tappa, alle ore 09.15, è stata la visita al Sacrario Miliare. L’Ossario, per la sua imponenza, lo si vede da lontano. È davvero una grande costruzione che sembra un macabro cubo chiaro tra gli alberi. Esso conserva le spoglie di decine di migliaia di soldati italiani caduti nelle battaglie lungo il fiume Piave. Dall’alto di questa grande “torre” si può godere di una bella e significativa vista panoramica: se si socchiudono gli occhi si può anche immaginare il campo di battaglia, gli episodi finali più cruenti. Probabilmente inutili, visto che si sarebbe potuto, secondo me, raggiungere ad una pace onorevole già mesi e mesi prima. Conclusa la visita, abbiamo fatto una sosta. Un panino al sacco, dell’acqua e poi di nuovo sul pullman. La terza tappa, alle ore 10.30, è stata la visita alla “Jonathan Collection”. Non poteva mancare un’esperienza formativa, una fantastica scoperta che mi ha lasciato con la bocca aperta e gli occhi sbarrati verso il cielo. Una persona eccezionale, Giancarlo Zanardo, poiché ha recuperato e ricostruito molti aerei storici, uguali a quelli usati durante la Grande Guerra. Tutti noi abbiamo scattato numerose fotografie, soprattutto all’interno dell’Hangar Bessoneau (originale del 1918), immortalando meravigliosi biplani, un triplano e addirittura un bombardiere. Il proprietario della “Jonathan Collection” è un bravo pilota e organizza spettacoli per i visitatori che vogliono rivivere il brivido del passato. L’abbiamo potuto constatare vedendo un filmato in loco dove egli si cimentava in acrobazie aeree con i suoi aerei. La quarta tappa, alle ore 12.30, è stato il pranzo dagli Alpini a Sernaglia della Battaglia. Dopo tanto camminare è stato annunciato, con nostra grande gioia, che ci avrebbero portati a pranzo. Siamo arrivati ad un rustico in località Sernaglia della Battaglia, sede e “Casa degli Alpini”. Ci hanno fatto accomodare in una grande sala e servito un abbondante piatto di pasta col tonno. Mentre mangiavamo, un responsabile del gruppo alpino ha preso la parola e dal microfono ci ha dato il benvenuto. Siamo veramente fortunati ad avere al nostro fianco gli alpini, che cercano di aiutarci con qualsiasi mezzo disponibile. Gente così solare che fa volontariato solo e unicamente per il bene della nostra comunità. Sono persone incredibili che dobbiamo apprezzare e rispettare. La mia classe era disposta su una lunga tavolata, decisamente è stata un po’ “rumorosa”, ma, nel contempo, rispettosa, piena di allegria e buon umore. Non sono mancate le battutine simpatiche e le risate che hanno allietato il pranzo. La quinta tappa, alle ore 14.30, è stata la visita all’Isola dei Morti. Dopo il pranzo, sempre in pullman e con un’altra guida, abbiamo raggiunto uno dei luoghi più sacri d’Italia, l’Isola dei Morti, situata ai piedi del Montello e Moriago della Battaglia (passato alla storia come primo Paese italiano liberato dopo la guerra). Questo nome, così inquietante, ha un suo perché. Nei giorni successivi alla Battaglia Finale del Solstizio vennero trovati migliaia di corpi senza vita degli “Arditi” italiani trascinati lì dalla corrente del Piave, oppure perché colpiti dai proiettili degli Austriaci, mentre cercavano si raggiungere l’altra sponda del fiume. I superstiti italiani raccontarono lo scenario terrificante di quella battaglia, di come il terreno fosse ricoperto di sangue, di soldati caduti e di quelli ancora vivi che faticavano ad avanzare, perché dovevano farsi largo tra i cadaveri dei compagni. I loro miseri resti si trovano nell’Ossario di Nervesa. Oggi quell’isola è diventata un ampio parco. Percorrendo le stradine (ce ne sono molte e tutte intitolate ai reggimenti che combatterono sul Piave) siamo arrivati ad un piazzale intitolato “Ragazzi del ‘99”. Qui sono collocati un monumento a piramide (con i versi di Gabriele d’Annunzio), il Tempietto Votivo della Madonnina del Piave, cippi e cimeli di guerra. Oltre ai ricordi della storia, in questa oasi verde c’è pure un laghetto; un luogo di riflessione anche per gli animali vista l’eccezionale sacralità del posto. C’è poi un orto botanico per la pace di tutti i visitatori. La sesta tappa, alle ore 16.00, è stata la visita alle grotte divenute trincee. A metà pomeriggio c’è stata una sosta con spuntino a Falzè di Piave per poi riprendere la visita a due grotte naturali e passeggiata lungo i resti di una trincea, il tutto spiegato bene dalla nostra guida. Una vita dura quella dei soldati in trincea, per le pessime condizioni (il freddo, lo sporco, la fame) e il pericolo della morte sempre costante. La settima tappa, alle ore 16.30, è stata la visita al Museo della Grande Guerra. A Fontigo, presso il Centro di Educazione Ambientale “Medio Piave” e l’ultima meta del nostro tour, si è svolta la visita al “Museo della Grande Guerra”, dove abbiamo potuto ammirare una ricca esposizione di reperti restituiti dal fiume Piave o donati da alcuni anziani che li avevano recuperati in zona. Ci sono armi, proiettili, resti di vestiti militari e anche oggetti di uso quotidiano (posate, pentole, ecc…). Alle ore 17.30 si è conclusa la nostra gita. Durante il viaggio di ritorno ho pensato a quanto inutili siano tutte le guerre. Iniziano spesso con l’obbiettivo di durare poco (le cosiddette guerre lampo), che faranno pochi morti, che daranno grossi vantaggi a questo o a quel governo. Poi, quando tutto finisce e si scopre che era tutto falso, che si poteva evitare, l’unica consolazione per il popolo è quella dell’indignazione. Per giustificare queste catastrofi, ecco che si parla di eroi e di Patria, poi si erigono monumenti e si celebrano ricorrenze, così forse si rischia di dare un senso a quello che un senso non ha: la guerra. Tuttavia servono per non dimenticare. Venerdì 13 marzo a scuola, durante l’ora di laboratorio, un’insegnante ci ha parlato e mostrato lettere e cartoline del periodo bellico appena trattato. I soldati scrivevano dal fronte o dai campi di prigionia alle loro famiglie per non perdere i legami affettivi, cercare di sopravvivere e aggrapparsi al pensiero di ritornare a casa. La maggior parte di loro era quasi analfabeta, per questo le cartoline erano le più spedite e le più in voga. Poche parole che trasmettevano un po’ di calore, qualche slogan per dire “vinceremo” e basta (anche perché si sapeva che la censura dell’epoca cancellava ciò che non gradiva). Forse questi scritti, come le lettere, i diari e le cartoline rendono quel periodo, per un certo verso, ancora umano. Ci sono i loro nomi e non sembrano così dei numeri. I soldati avevano vent’anni, anche meno, e spesso sono stati mandati al fronte senza sapere il perché, a combattere un nemico che non conoscevano. La maggior parte di loro, a casa, non è più tornata.
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