1997 Solighetto: 54° Anniversario di Nikolajewka
Attività
GRUPPO SOLIGHETTO
A SOLIGHETTO LA SEZIONE RICORDA IL 54° ANNIVERSARIO
Fiamme Verdi Aprile 1997
E’ chiaro che in quei momenti non c’era alcun spazio per la parola e quel coro di dolore è un coro muto, un coro senza voci, ancora una volta senza storia.
Quel poco di storia che gli uomini salvano dalle loro sconfitte e dove la loro vittoria è ben poca cosa, è nulla contro la storia che si perde, viene cancellata e taciuta, contro il patrimonio del sangue versato senza un’apparente spiegazione”
Così Carlo Bo si esprimeva nella presentazione delle grandi testimonianze di Giulio Bedeschi su “Centomila gavette di ghiaccio”.
Tema, questo, ripercorso nell’omelia da mons. Agostino Balliana in occasione della commemorazione del 54° Anniversario della battaglia di Nikolajewka, dove ancora una volta gli alpini della sezione si sono stretti attorno al suo ideatore e promotore di tale ricorrenza: il compianto cav. Giovanni Pansolin.
Di buon mattino, domenica 19 gennaio, il primo incontro nella piazzetta, quindi il lungo corteo, preceduto dalla fanfara alpina, dal Gonfalone di Pieve di Soligo, dal Vessillo sezionale, dai gagliardetti della totalità dei gruppi con quello di Colbertaldo, a cui facevano da cornice le Fiamme e le bandiere delle varie associazioni: l’A.N.E.T., Carabinieri, Combattenti e Reduci di Pieve di Soligo, nonché dei Carristi e Bersaglieri del Quartier del Piave, delle Elementari di Solighetto e dell'A.V.I.S. di Refrontolo.
Oltre alla folta rappresentanza sezionale abbiamo notato il sindaco Remo Lorenzon, il comandante dei Vigili Urbani, Sergio Dalle Crode ed il M.llo dei carabinieri Stefano Riva.
Una volta giunti nell’arcipretale mons. Balliana, nell’omelia, ricordava brevemente i fatti chiamando tutti noi a riflettere sulla grande guerra che ha devastato l’Europa e che ha richiesto molti sacrifici, disagi e morte di molta persone.
Dobbiamo riflettere su questi fatti, perché un popolo che non ricorda la sua storia è un popolo che non riesce a capire il suo presente e non riuscirà nemmeno a programmare il suo futuro.
“Noi siamo - diceva l’officiante - frastornati da tante cose, da tante parole, da tanti problemi, da tanti mosconi che girano dentro il bicchiere della nostra vita, ma noi dobbiamo riflettere su quello che è accaduto nel passato al nostro popolo, alla nostra nazione, alla nostra storia, e forse avremo la forza di superare le difficoltà, forse avremo anche l’orgoglio di sentirci un popolo che ha il coraggio e la forza di superare le avversità della vita.
Ho visto in tante nazioni esposta la loro bandiera, non ci ho fatto caso in principio, ma poi ho cominciato a pensare a questo fatto, perché secondo me quelle bandiere rappresentano la storia di un popolo, la loro civiltà. E se un popolo non è capace di mettere assieme la sua storia è un popolo diviso, un popolo spassionato, un popolo che non è capace di mettere assieme le sue energie per vincere un futuro.
Carissimi alpini, amici, penso che bisogna proprio essere riconoscenti ai nostri alpini, e credo che siano gli unici a ricordarci quanto è successo affinché si possa capire il presente e, come detto prima, programmare il futuro.
Qui, in messo alla Chiesa, vedete uno strano ostensorio: contiene la terra di Nikolajewka dove sono successi fatti di sangue, fatti di dolore, di sacrificio, di morte; e gli alpini hanno portato qui questa terra affinché noi si abbia a ricordare queste cose nel rispetto di chi ha sofferto, di chi è morto, e nel rispetto del loro dolore dobbiamo trovare la forza di camminare sempre a testa alta, da italiani che non si vergognano di essere stati tali.
Ecco amici alpini, queste sono alcune riflessioni che io suggerisco ad ognuno di voi perché questa cerimonia abbia veramente un significato profondo”
Al termine della S. Messa il corteo si è ricomposto in sfilata per portarsi all’asilo e deporre una Corona alla Lapide dei Caduti.
Il capogruppo Antonio Possamai, nel portare il saluto suo e del gruppo a tutte le Autorità e alle Ass. Combattentistiche quivi convenute, nel suo discorso spiega che verrà posto nel Monumento ai Caduti un pugno di terra di Russia per ricordare quanti non sono più tornati, ma non solo dalle steppe russe, ma anche quanti sono rimasti negli impervi monti dell'ex Jugoslavia, nel fronte greco-albanese, in quello di Francia e nei deserti d’Africa.
Con questo gesto, e in questo giorno gli alpini intendono unire ed onorare tutti anche quelli che stavano dall’altra parte del fronte quelli che stavano dall'altra parte del fronte, quelli che il destino aveva voluto porre gli uni contro gli altri, perché tutti sono degni di ricordo, tutti sono caduti per tener fede al giuramento di fedeltà a una patria e a una bandiera, non importa quale essa sia.
Prende quindi la parola il primo cittadino di Pieve, Remo Lorenzon che ricorda come l’officiante si sia soffermato su alcune ottime riflessioni, non ultima quella di un popolo che non ricordando il suo passato è comandato a ripeterlo anche un’oscura volontà politica voglia progressivamente cancellare il Corpo degli Alpini, e si riferisce qui alla cancellazione della Brigata Cadore.
“Gli Alpini - continua il sindaco - sono un patrimonio d’Italia; essere alpini è una fede, si fa la naja ma poi si è alpini per sempre, per tutta la vita. L’Amministrazione comunale di Pieve ha inviato una lettera di protesta al Ministero della Difesa ed a tutti sindaci dei Comuni vicini contro la chiusura di questa Brigata e questo per ricordarvi che non siete soli, che l’Amm. Comunale vi vuole bene, per tutto quello che avete fatto, che fate e che farete.”
Nell’orazione ufficiale il presidente sezionale comm. Paolo Gai ricorda ai convenuti che gli alpini sono ancora una volta riuniti a Solighetto per ricordare, oltre al 54° anniversario dell'epica battaglia, il suo artefice cav. Pansolin, che ha voluto per primo commemorarla.
Passa quindi a ricordare che l'Italia, alleata della Germania, è entrata in guerra ed ha partecipato alla operazioni contro la Russia con dieci divisioni: tre del C.S.I.R., quattro di Fanteria, (Cosseria, Ravenna, Sforzesca e Vicenza) e tre alpine: Cuneense, Julia e Tridentina.
Erano in tutto 229.000 i soldati che facevano parte dell'ottava Armata italiana, detta “ARMIR”.
Le nostre Divisioni Cuneense, Julia e Tridentina, furono le vere protagoniste della Battaglia di Nikolajewka tra l’11 dicembre 1942 ed il 31 gennaio 1943.
Il 19 novembre ‘42 i sovietici sferrarono una grande offensiva attaccando con forze superiori per numero e mezzi e, costretta a difendere una linea troppo lunga e con uno schieramento troppo sottile, non sostenuta da sufficienti riserve l’ARMIR dovette cedere all'offensiva avversaria subendo gravissime perdite.
All'incitazione del gen. Reverberi di “Avanti Tridentina” ed al grido di “Savoia” gli eroici alpini riuscirono a sfondare l'accerchiamento nemico a Nikolajewka e ad aprirsi una strada per il ritorno in patria.
Nonostante questo più di 70.000 italiani morirono combattendo in quella steppa desolata o a causa degli stenti e delle malattie durante la prigionia.
Cinquant’anni dopo, noi più giovani assieme a qualche reduce ancora in vita, siamo ritornati in quei luoghi. a Rossosch sede del Comando del 4° COMILITER, non per combattere e distruggere, ma per portare la nostra amicizia ed il dialogo tra i popoli e come segno tangibile della volontà di pace, abbiamo materialmente costruito un asilo per 120 bambini.
Oggi, a conferma di questo spirito di amicizia, una manciata di terra raccolta in riva al Don, forse bagnata dal sangue dei nostri alpini, viene posta a riposare in un sacello a fianco della lapide ai Caduti.
“Mi auguro - continua il presidente- che questo spirito di pace rimanga sempre nei nostri cuori e sia di esempio alle nuove generazioni ed all’intera società, perché il loro sacrificio non sia stato vano. Ringrazio il capogruppo cav. Possamai ed i suoi alpini che con vero spirito alpino e con animo generoso continuano a rinnovare questa ricorrenza, ed un grazie particolar e al cav. Lino Chies, per questa manciata di terra russa. Viva i reduci, viva glia alpini, evviva l’Italia”.
Dopo il rituale “brulè”, il pranzo sociale dove viene consegnato l’attestato di cavalierato al capogruppo Antonio Possamai.
Congratulazioni Toni, e arrivederci al prossimo anno: il 55°.
Steno