1998 Susegana: Mario Rigoni Stern nostro ospite
Attività
GRUPPO SUSEGANA
Nostro gradito ospite, nella sede, lo scrittore alpino Mario Rigoni Stern
In una giornata chiara e tranquilla, nell’accogliente e spaziosa sede del gruppo, dove il leggero crepitare della
legna del focolare rendeva l’atmosfera più gaia, familiare e se rena, ci siamo incontrati con lo scrittore alpino Mario
Rigoni Stern, reduce di Russia.
L’invito a Mario R. Stern era stato rivolto dal capogruppo Luigi Maretto e dagli animatori del gruppo, approfittando dell’occasione della sua visita alle scuole medie di Susegana, dove conversò con i ragazzi, illustrando loro le sue esperienze di vita intensamente vissuta, in particolare la triste odissea di Russia, la tragedia della sacca del Don, dove perirono, per il gelo e la farne, migliaia e migliaia di alpini, e delle sue opere, ultima delle quali “Amore di confine”.
Il nostro appuntamento, a cui hanno partecipato il sindaco di Susegana, il Presidente delle scuole medie, il comandante la stazione Carabinieri il presidente della sezione prof. Giacomo Vallomy ed altre personalità del luogo, è stato cordiale, e il dialogo si è svolto nel segno della correttezza, della semplicità e della disponibilità.
Di Mario R. Stern si sa molto, gli alpini, poi, conoscono le traversie della vita di questo particolare personaggio: nella vita militare, e nella vita civile.
Confidenzialmente abbiamo fatto a R. Stern domande particolari, ed ad ognuna abbiamo avuto concise risposte. Gli abbiamo fatto leggere l’intervista ch’egli ha rilasciato a Conegliano ad Osvaldo Segale, e riportata su “Il Quindicinale” pubblicato il 28 marzo 1987, dopo di che gli abbiamo chiesto se condivideva il testo delle domande e delle risposte: domande che volevano essere anche nostre. Egli non ha sollevato alcuna obiezione.
E noi ci permettiamo, allora, di riportarle qui di seguito:
— Come nascono i Suoi racconti?
Nascono dalla vita e dalle osservazioni che faccio. Nascono dalla mia esperienza, da quello che ho visto, che ho vissuto e da quello che ho sentito raccontare. Sono un narratore e non un romanziere e pertanto i miei racconti hanno sempre un’aderenza con la realtà...
— Il contenuto dei Suoi libri è sempre il risultato finale di situazioni e di pensieri nati giorno dopo giorno?
Sì, è così. Ma è anche il risultato di pensieri recuperati dalla memoria perchè molte cose che ho scritto sono andate a scavarle nei ricordi degli altri, come ad esempio La storia di Tònle. Poi, naturalmente, le ho arricchite attraverso l’esperienza, la mia esperienza.
— Nel 1943, Mario Rigoni Stern venne preso prigioniero dai tedeschi e internato in campi di concentramento in Austria e in Polonia, e, fu allora che iniziò a scrivere i suoi primi ricordi di guerra. Furono solo appunti oppure in quei momenti nacque in Lei il desiderio di poterne fare un libro?
No, non furono solo appunti. Francamente non so se in quei momenti ci fosse stata in me l’intenzione di farne un libro, certamente in me ci fu il desiderio di raccontare le vicende della Russia, che più tardi apparvero nel mio primo lavoro Il sergente nella neve
— Si trattò di un libro autobiografico?
Certamente, è tutto autobiografico. Ciò che ho scritto è tutta verità. Il suo contenuto non faceva parte dei miei appunti di quel periodo perchè durante la sacca, per ovvie ragioni, era impossibile scrivere: il freddo, la fame, i combattimenti, ecc., così, quando l’anno dopo mi trovai in un lager, ho rivissuto la storia che ho raccontato..
— Riuscire a trasmettere il proprio vissuto agli altri non è facile. Lei ci riesce bene. Qual è il Suo segreto?
Ascoltare, nel silenzio, e osservare la natura, viverci dentro, lasciarsi prendere, lasciarsi trasportare. Ci sono varie maniere di vivere la natura. Alcuni la vivono in modo strettamente scientifico, altri in modo scientifico e compartecipe. Io la vivo in maniera compartecipe
poi, magari, scientifica.
— Nel 1959, Lei firmò un contratto col regista Olmi per la realizzazione cinematografica de "Il sergente della neve". La cosa, però non andò in porto. Quale furono le ragioni che costrinsero l’abbandono definitivo di tale progetto?
Le ragioni furono da attribuirsi ad altri film che in quel periodo vennero realizzati come “Italiani brava gente" che accavallarono e vennero ad occupare il posto de “Il sergente nella neve".
— Scrittori si nasce o si diventa?
Si nasce ed anche si diventa. Si nasce, perchè l’istinto porta a raccontare ed è il mio caso. Si diventa perchè poi il mestiere si raffina con il lavoro, ossia, consultando il vocabolario, studiando la grammatica e leggendo molto. A mio avviso però, sono necessarie tutt'e due le cose: sia l’istinto che la l'applicazione.
— Che rapporti ha con i suoi Compaesani?
Direi proprio che ho buoni rapporti di amicizia.
—C’è chi dice che soltanto in questi ultimi tempi i Suoi compaesani hanno cominciato a riconoscerle il ruolo di storico, di ecologo di poeta della montagna e della natura. Se è vero, a cosa potrebbe attribuirsi questo strano ritardo?
Non direi che le cose stiano realmente così. Quando uscì “Il sergente nella neve” e quando vinsi il Premio Viareggio, moltissimi compaesani mi vennero incontro e mi fecero una tal festa che è rimasta memorabile. Quindi, non è un riconoscimento ufficiale, ma prima ancora di questo c’è stato quello degli amici, dai compaesani e dei miei lettori.
—Le belle colline coneglianesi Le hanno mai ispirato un libro?
Alcuni miei racconti come “Il bosco degli urogalli” e “Uomini, boschi e api” si ispirano alla natura. I vostri posti sono stupendi, ma è un paesaggio creato dall’uomo ed io parlo e scrivo dei luoghi che conosco. Io sono portato ad osservare più la natura selvaggia che quella abbellita dall’uomo. Tuttavia riconosco che le vostre colline configurano uno dei posti più belli d’Italia.
—Dopo il Suo ultimo libro "Amore di confine" quale sarà la Sua prossima opera?
Di preciso non so dirLe ancora nulla. Penso però di continuare la storia dal punto in cui l’ho lasciata ne “L’anno della vittoria”.
L’invito a Mario R. Stern era stato rivolto dal capogruppo Luigi Maretto e dagli animatori del gruppo, approfittando dell’occasione della sua visita alle scuole medie di Susegana, dove conversò con i ragazzi, illustrando loro le sue esperienze di vita intensamente vissuta, in particolare la triste odissea di Russia, la tragedia della sacca del Don, dove perirono, per il gelo e la farne, migliaia e migliaia di alpini, e delle sue opere, ultima delle quali “Amore di confine”.
Il nostro appuntamento, a cui hanno partecipato il sindaco di Susegana, il Presidente delle scuole medie, il comandante la stazione Carabinieri il presidente della sezione prof. Giacomo Vallomy ed altre personalità del luogo, è stato cordiale, e il dialogo si è svolto nel segno della correttezza, della semplicità e della disponibilità.
Di Mario R. Stern si sa molto, gli alpini, poi, conoscono le traversie della vita di questo particolare personaggio: nella vita militare, e nella vita civile.
Confidenzialmente abbiamo fatto a R. Stern domande particolari, ed ad ognuna abbiamo avuto concise risposte. Gli abbiamo fatto leggere l’intervista ch’egli ha rilasciato a Conegliano ad Osvaldo Segale, e riportata su “Il Quindicinale” pubblicato il 28 marzo 1987, dopo di che gli abbiamo chiesto se condivideva il testo delle domande e delle risposte: domande che volevano essere anche nostre. Egli non ha sollevato alcuna obiezione.
E noi ci permettiamo, allora, di riportarle qui di seguito:
— Come nascono i Suoi racconti?
Nascono dalla vita e dalle osservazioni che faccio. Nascono dalla mia esperienza, da quello che ho visto, che ho vissuto e da quello che ho sentito raccontare. Sono un narratore e non un romanziere e pertanto i miei racconti hanno sempre un’aderenza con la realtà...
— Il contenuto dei Suoi libri è sempre il risultato finale di situazioni e di pensieri nati giorno dopo giorno?
Sì, è così. Ma è anche il risultato di pensieri recuperati dalla memoria perchè molte cose che ho scritto sono andate a scavarle nei ricordi degli altri, come ad esempio La storia di Tònle. Poi, naturalmente, le ho arricchite attraverso l’esperienza, la mia esperienza.
— Nel 1943, Mario Rigoni Stern venne preso prigioniero dai tedeschi e internato in campi di concentramento in Austria e in Polonia, e, fu allora che iniziò a scrivere i suoi primi ricordi di guerra. Furono solo appunti oppure in quei momenti nacque in Lei il desiderio di poterne fare un libro?
No, non furono solo appunti. Francamente non so se in quei momenti ci fosse stata in me l’intenzione di farne un libro, certamente in me ci fu il desiderio di raccontare le vicende della Russia, che più tardi apparvero nel mio primo lavoro Il sergente nella neve
— Si trattò di un libro autobiografico?
Certamente, è tutto autobiografico. Ciò che ho scritto è tutta verità. Il suo contenuto non faceva parte dei miei appunti di quel periodo perchè durante la sacca, per ovvie ragioni, era impossibile scrivere: il freddo, la fame, i combattimenti, ecc., così, quando l’anno dopo mi trovai in un lager, ho rivissuto la storia che ho raccontato..
— Riuscire a trasmettere il proprio vissuto agli altri non è facile. Lei ci riesce bene. Qual è il Suo segreto?
Ascoltare, nel silenzio, e osservare la natura, viverci dentro, lasciarsi prendere, lasciarsi trasportare. Ci sono varie maniere di vivere la natura. Alcuni la vivono in modo strettamente scientifico, altri in modo scientifico e compartecipe. Io la vivo in maniera compartecipe
poi, magari, scientifica.
— Nel 1959, Lei firmò un contratto col regista Olmi per la realizzazione cinematografica de "Il sergente della neve". La cosa, però non andò in porto. Quale furono le ragioni che costrinsero l’abbandono definitivo di tale progetto?
Le ragioni furono da attribuirsi ad altri film che in quel periodo vennero realizzati come “Italiani brava gente" che accavallarono e vennero ad occupare il posto de “Il sergente nella neve".
— Scrittori si nasce o si diventa?
Si nasce ed anche si diventa. Si nasce, perchè l’istinto porta a raccontare ed è il mio caso. Si diventa perchè poi il mestiere si raffina con il lavoro, ossia, consultando il vocabolario, studiando la grammatica e leggendo molto. A mio avviso però, sono necessarie tutt'e due le cose: sia l’istinto che la l'applicazione.
— Che rapporti ha con i suoi Compaesani?
Direi proprio che ho buoni rapporti di amicizia.
—C’è chi dice che soltanto in questi ultimi tempi i Suoi compaesani hanno cominciato a riconoscerle il ruolo di storico, di ecologo di poeta della montagna e della natura. Se è vero, a cosa potrebbe attribuirsi questo strano ritardo?
Non direi che le cose stiano realmente così. Quando uscì “Il sergente nella neve” e quando vinsi il Premio Viareggio, moltissimi compaesani mi vennero incontro e mi fecero una tal festa che è rimasta memorabile. Quindi, non è un riconoscimento ufficiale, ma prima ancora di questo c’è stato quello degli amici, dai compaesani e dei miei lettori.
—Le belle colline coneglianesi Le hanno mai ispirato un libro?
Alcuni miei racconti come “Il bosco degli urogalli” e “Uomini, boschi e api” si ispirano alla natura. I vostri posti sono stupendi, ma è un paesaggio creato dall’uomo ed io parlo e scrivo dei luoghi che conosco. Io sono portato ad osservare più la natura selvaggia che quella abbellita dall’uomo. Tuttavia riconosco che le vostre colline configurano uno dei posti più belli d’Italia.
—Dopo il Suo ultimo libro "Amore di confine" quale sarà la Sua prossima opera?
Di preciso non so dirLe ancora nulla. Penso però di continuare la storia dal punto in cui l’ho lasciata ne “L’anno della vittoria”.
Nella circostanza diversi sono stati gli interventi delle autorità presenti, per lo scambio di saluto, di
apprezzamento e di augurio.
Mentre le penne nere suseganesi sono rimaste soddisfatte del proficuo ed interessante incontro.
Mentre le penne nere suseganesi sono rimaste soddisfatte del proficuo ed interessante incontro.
Natore