1961 Cattiveria alpina
1961
CATTIVERIA ALPINA
Fiamme Verdi Dicembre 1961
Diversi settimanali hanno posto in giusto rilievo un episodio avvenuto nei primi giorni di dicembre ma che trova causale profondamente umana nelle vicende tutt’altro che umane dell’ultima guerra.
Verso la fine dei 1942 uno dei tanti reparti alpini si trovava a Leopoli, una città polacca prossima al confine russo, in attesa dello smistamento per il fronte; c’erano anche i tedeschi i quali si dedicavano alla spietata ricerca degli ebrei.
La famiglia ebrea Herman, formata dai genitori e da quattro figli (due maschi e due fanciulle) venne presto rintracciata e i nazisti la catturarono ad eccezione dei due ragazzi che riuscirono a fuggire; anche uno dei due scomparve però poco dopo e rimase soltanto il giovane Marco di quindici anni, sperduto e con il pericolo di finire anche lui in mano ai tedeschi.
Contrariamente ai Grandi, il piccolo Marco Herman seppe distinguere tra italiani e tedeschi e si rivolse fiducioso agli alpini i quali lo tranquillizzarono dicendo semplicemente che, da loro, nemmeno Hitler l’avrebbe toccato.
In altro reparto reduce dal fronte c’era l’alpino Giovanni Ferro da Cuorgnè il quale prese sotto protezione diretta il giovane ebreo, gli fornì una divisa, gli insegnò un po’ di lingua italiana e gli promise di portarlo con sé in Italia.
In estate gli alpini partirono per l’Italia con «aggregati» sessanta ragazzi polacchi ed alcuni giovanissimi russi; arrivarono però a Udine quando i tedeschi stavano prendendo in mano la situazione.
Caricati tutti su un treno per l’invio in Germania, il giovane Marco venne fatto fuggire dal treno e giunse a Cuorgnè nella casa dell’alpino protettore e poi in un collegio per destare meno sospetti.
Marco Herman collaborò con le organizzazioni partigiane e fu ospite della famiglia Poggio di Iorino; finita la guerra andò in Polonia nel vano tentativo di trovare qualcuno dei suoi parenti, ritornò in Italia, si spinse infine in Israele. Approfittando di una breve licenza, Marco Herman è tornato ora a rivedere le tante persone care che l’aiutarono: dalla famiglia Poggio, al vecchio alpino Giovanni Ferro che un terribile giorno lontano gli disse: Non temere, ti porto con me, in Italia.