1961 Italia unita
1961
ITALIA UNITA
Fiamme Verdi Luglio 1961 di Giacomo VallomyNella primavera del 1861 e precisamente il 27 marzo, si chiude la parte eroica di quel pel luminosissimo della storia di
nostra gente che si chiama Risorgimento.
Con la proclamazione del regno d’Italia, si avverava il sogno di poeti e pensatori che, dal Petrarca al Machiavelli,
dall’Alfieri al Gioberti, dal Foscolo al Mazzini, avevano antiveduta e preparata la nostra rinascita; si coronava di
successo quasi miracoloso il sospiro dei martiri e degli esuli, ritornava a dignità di Nazione d’Italia che per tanti
secoli era sta oppressa, lacerata, derisa dagli stranieri, e divisa da intestine discordie.
E come allora si esaltò per la raggiunta meta, noi, dopo cento anni abbiamo il dovere di ricordare con gratitudine tutti coloro che, col pensiero e con l’azione, hanno operato per ridare una Patria agli Italiani; ma possiamo pure esultare a nostra volta pensando al cammino percorso dal marzo 1861 ad oggi. Cento anni fa, ci aveva tracciato il programma un grande statista e scrittore piemontese, Massimo d’Azeglio, quando affermò che, fatta l’unità politica d’Italia, occorreva fare gli Italiani.
E’ stato realizzato quel programma, nei primi cento anni di vita del nuovo Stato?
Quantunque molto ci rimanga da fare, se volgiamo uno sguardo retrospettivo ad osservare la strada percorsa, abbiamo molti motivi per affermare che gli Italiani si vanno via via facendo, nonostante inevitabili ostacoli, nonostante soste ed arresti.
Il Risorgimento nostro è frutto della convergenza dei programmi e dell’opera di uomini dal cuore generoso e dalla mente illuminata che si chiamano Mazzini, Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi e, a buon diritto, la loro personalità ed i loro meriti sono posti in particolare rilievo nelle odierne celebrazioni centenarie. Ma noi non dobbiamo dimenticare tutti gli umili ed anonimi eroi che si sono immolati, che hanno operato nel silenzio per lo stesso ideale.
E fra questi, come non menzionare per primi i Garibaldini Cacciatori delle Alpi, precursori delle Penne Nere?
Come non rievocare i soldati di tutte le armi, fanti, bersaglieri, artiglieri, che a Goito, Peschiera, in Crimea, a S. Matino hanno combattuto ed i cui nomi il tempo «con sue fredde ali» ha ormai cancellati?
Ma non solo sui campi di battaglia si compiono eroismi e si può ben meritare dalla Patria. Il raggiungimento dell’indipendenza e dell’Unità fu la premessa indispensabile per l’inizio della lunga e pacifica lotta per raggiungere, da parte del popolo italiano, un livello sociale e civile più elevato e degno del nostro passato.
La gratitudine nostra deve quindi andare a tutti quei generosi che hanno combattuto negli ultimi cento anni, per far scomparire dal nostro Paese l’ignoranza, la miseria, le malattie, le ingiustizie sociali ed i soprusi.
Di questi ultimi, in modo particolare, noi dobbiamo seguire l’esempio per combattere ancora pacifiche e nobilissime lotte del progresso e della civiltà.
E come allora si esaltò per la raggiunta meta, noi, dopo cento anni abbiamo il dovere di ricordare con gratitudine tutti coloro che, col pensiero e con l’azione, hanno operato per ridare una Patria agli Italiani; ma possiamo pure esultare a nostra volta pensando al cammino percorso dal marzo 1861 ad oggi. Cento anni fa, ci aveva tracciato il programma un grande statista e scrittore piemontese, Massimo d’Azeglio, quando affermò che, fatta l’unità politica d’Italia, occorreva fare gli Italiani.
E’ stato realizzato quel programma, nei primi cento anni di vita del nuovo Stato?
Quantunque molto ci rimanga da fare, se volgiamo uno sguardo retrospettivo ad osservare la strada percorsa, abbiamo molti motivi per affermare che gli Italiani si vanno via via facendo, nonostante inevitabili ostacoli, nonostante soste ed arresti.
Il Risorgimento nostro è frutto della convergenza dei programmi e dell’opera di uomini dal cuore generoso e dalla mente illuminata che si chiamano Mazzini, Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi e, a buon diritto, la loro personalità ed i loro meriti sono posti in particolare rilievo nelle odierne celebrazioni centenarie. Ma noi non dobbiamo dimenticare tutti gli umili ed anonimi eroi che si sono immolati, che hanno operato nel silenzio per lo stesso ideale.
E fra questi, come non menzionare per primi i Garibaldini Cacciatori delle Alpi, precursori delle Penne Nere?
Come non rievocare i soldati di tutte le armi, fanti, bersaglieri, artiglieri, che a Goito, Peschiera, in Crimea, a S. Matino hanno combattuto ed i cui nomi il tempo «con sue fredde ali» ha ormai cancellati?
Ma non solo sui campi di battaglia si compiono eroismi e si può ben meritare dalla Patria. Il raggiungimento dell’indipendenza e dell’Unità fu la premessa indispensabile per l’inizio della lunga e pacifica lotta per raggiungere, da parte del popolo italiano, un livello sociale e civile più elevato e degno del nostro passato.
La gratitudine nostra deve quindi andare a tutti quei generosi che hanno combattuto negli ultimi cento anni, per far scomparire dal nostro Paese l’ignoranza, la miseria, le malattie, le ingiustizie sociali ed i soprusi.
Di questi ultimi, in modo particolare, noi dobbiamo seguire l’esempio per combattere ancora pacifiche e nobilissime lotte del progresso e della civiltà.