1961 Solenni Onoranze tributate alla salma del Magg. Giovanni Piovesana - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

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1961 Solenni Onoranze tributate alla salma del Magg. Giovanni Piovesana

1961
Solenni onoranze tributate dalla cittadinanza di Conegliano alla Salma giunta dall’Albania il 18 aprile
Fiamme Verdi, maggio 1961

Martedì 18 aprile son tornati a Conegliano i resti  mortali di Giovanni Piovesana; il lungo Suo viaggio è terminato, la lunga attesa è finita ed ora, parlando di Lui  nell’affiorare dei ricordi è più consolante il saperLo a casa, quasi fosse un po’ resuscitato anticipando in parte il  lontano giorno della risurrezione di tutti.
La Sua è una storia che fa ormai pari e di quella  cittadina e della storia degli alpini del 7°.
Nato a Conegliano il 14 settembre 1896 da Giuseppe Piovesana e Luigia Vidot, Giovanni si trovò con i futuri compagni di naja fin dall'asilo, infatti era nei corsi elementari svolti nella città natia; molti Lo rievocano ancora bambino e compagno di giochi e di studi fino alla Scuola Tecnica «Cima» che Lo ricorda ora nella bella lapide eretta a memoria degli ex allievi caduti in guerra.
Piovesana seguì poi gli studi all'Istituto Tecnico «Riccati» di Treviso diplomandosi ragioniere alla vigilia della guerra; e la guerra fu il suo primo impiego in qualità di aspirante ufficiale del «Feltre», alla 77a compagnia,
Nell'aprile del 1916, 120 alpini minatori iniziarono lo scavo di una galleria nel fianco del Castelletto, dopo che erano riusciti vani gli assalti per snidare gli austriaci che lo occupavano; all'inizio di luglio la galleria di 507 metri era terminata e, in tre notti, vennero collocati 350 quintali di gelatina.
Alle ore tre e mezza dell’11 luglio il Castelletto venne scosso dalla più grande esplosione sino ad ora avvenuta; è seguito l’assalto degli Alpini, reso più difficile e cruento dai continui crolli determinati dallo sgretolamento della montagna e dal fumo saturo di gas nitrico.
Giovanni Piovesana, che aveva seguito tutta la lunga preparazione dei mesi precedenti meritandosi lo appellativo di «scoiattolo del Castelletto» prima è di «Eroe del Castelletto» dopo, fu a capo dei primi plotoni che attaccarono il monte e la sua azione rapida ed efficace è sintetizzata nella seguente motivazione della prima MEDAGLIA DI ARGENTO che gli venne conferita con decreto ministeriale del 13 marzo 1917:
«Occupava con il plotone una cengia sopra una posizione sotto la quale doveva brillare una potente mina. Con mirabile esempio ,di arditezza, di energia e disprezzo del pericolo teneva la posizione e, con bella perizia alpina, sapeva fermare entro una grotta 60 austriaci venuti a riprendere la posizione perduta. Castelletto, 11 luglio 1916»
La lotta proseguì accanita per altri due giorni fino alla definitiva conquista dell’obbiettivo.
Il rag. Piovesana non aveva ancora vent’anni a quel tempo e venne di diritto ammesso nella leggendaria compagnia dei «veci can del Feltre» che comprendeva anche i nomi famosi di Reverberi, Tissi, Morero, Castelli, Manaresi, Baletrieri, Berti, Ago, Fain Binda, Sandri, Poletto, Gerlin, Tomasini, Barilli, Protti, Pedrazzi, Caimi, Caceffo, Bonardi, Bosia, Corsi, Tonini, Pernici, Garbari, Follini, Körner, D’Annibale, Montiglio e pochi altri. Questa raccolta di prodi aveva una serie di massime che merita di essere almeno parzialmente ricordata rappresentando essa il codice della migliore virtù alpina, fatta di ruvida bontà e di sincero amor patrio.
Così cominciava:
«Ama la Patria e la montagna - la Patria è l’Italia: sii pronto a dare per lei la vecchia tua scorza — la montagna è bella ma scomoda - cerca sempre di dominarla dall’alto - è più comodo avere il capogiro per guardare in giù, che tirar ostie per salirla»
Proseguiva con:
«Ama il vino, tetta dei vecchi, latte del cane umano. Il fiasco è la mammella del mondo. - Non disdegnar la grappa:
i liquori più fini rovinano lo stomaco ed abbassano il vecio can al putrido livello del bocia infame e cachettico»
A conferma che le penne nere combattono con coraggio equilibrato, ecco un’altra strofa:
«Non avrai paura delle palle né delle sbibole. - Se le sbibole però son fitte andrai in galleria. - Meglio un vecio can vivo che due morti».
E poi:
«Se avverso è il destino bevici sopra. - Tirerai qualche ostia ma non troppo. - Se il toscano non tira, tiralo in faccia a chi ti dà noia e accendine un altro. La paga l’è poca, ma vivere bisogna».
Per concludersi con l’ultima così concepita:
«Sii, buono come il pane cogli inferiori, ma feroce come una iena colle carogne e coi vili».
A queste norme di vita G. Piovesana ha sempre tenuto fede anche nei successivo biennio di guerra, meritandosi la CROCE AL MERITO concessa il 30 luglio 1918 dal Comandante del Corpo d’Armata Gen. Cattaneo.

Giovanni Piovesana, divenuto tenente, aveva raggiunto la Val Posina il 12 luglio prendendo posizione sul Monte Gamonda che fiancheggia il Monte Maio e sovrasta Conca Laghi; il 30 agosto quattro squadre comandate da Piovesana, Gerlin, Fain Binda e Manlio Barilli attaccarono a destra di Conca Laghi suscitando un’energica reazione nemica che determinò vari feriti.
Piovesana avrebbe potuto evitare quella rischiosa impresa come è provato al seguente ordine del giorno n. 24 dell’1 settembre 1918 diramato dal Col. G. Faracovi comandante del IV° Gruppo Alpino:
«Ho appreso con viva, profonda, commossa soddisfazione un generoso atto del Tenente Piovesana sig. Giovanni del Battaglione Feltre. Egli si trovava il giorno 28 agosto scorso ricoverato nell'infermeria del 305° Reparto someggiato di sanità per una distorsione al piede che gli impediva di camminare. Avendo avuto sentore che il mattino del 30 agosto avrebbe avuto luogo la nota azione, con virili, patriottiche parole pregò ed ottenne dal Capo Ufficio Sanità del Gruppo di essere dimesso dalla infermeria per partecipare alle operazioni che avrebbe eseguite la sua compagnia. In tal modo il Tenente Piovesana, dando ancora una volta prova di spirito di abnegazione e alte virtù militari, ha partecipato all'azione del 30 agosto, rientrando subito dopo all'infermeria. Mi è grato rivolgere al predetto Ufficiale la mia parola di vivo, caldissimo elogio, additando a tutti gli Ufficiali del Gruppo il di lui magnifico atto, perché ne traggano esempio ed incitamento».
Pochi giorni dopo, il 4 settembre, il Ten. Col. Comandante la Zona Gamonda, G. Nasci, diramava le seguenti disposizioni: «Domattina 5 settembre, verso le ore 7 non appena rientrata la pattuglia della 64a compagnia uscirà in ricognizione il Tenente Piovesana Comandante il Plotone Esploratori con 7 uomini. Compito ed itinerario: per Cruzzi e quota 732 la pattuglia si avvicinerà alle linee nemiche col compito di riconoscere il terreno e gli apprestamenti difensivi dell’avversario e di riferire le novità che si riscontrassero. Rientrerà a compito ultimato. Tanto nell’andata che nel ritorno la pattuglia passerà per Sella. Prima di uscire il Comandante il plotone esploratori si informerà dal S. Tenente Balestrieri del risultato della pattuglia della notte».  
I risultati sono convalidati dai Maggior Generale Leone Comandante del Settore Basso Posina con la seguente nota trasmessa il 7 settembre 1918 al Comando del Sotto-settore Sinistra Posina: « La pattuglia inviata nella zona Gamonda dalla 66a  Compagnia del Battaglione Feltre, nella mattinata del 5 corrente, è stata intelligentemente ed arditamente condotta, assolvendo, nei minuti particolari, il compito affidatole. Al Comandante e ai componenti tutti la pattuglia tributo vivo elogio, dal quale non vanno disgiunti il Comandante del Battaglione e della Compagnia, che tanto lodevolmente si interessano allo svolgimento di così importante servizio».
L’ordine dei giorno n. 48 del Comando del X Corpo d’Armata, in data 18 settembre sottolinea come segue una nuova azione valorosa di Giovanni Piovesana: «Su proposta delle competenti Autorità gerarchiche e valendomi delle facoltà concessemi dalla circolare del Comando Supremo n. 2258 in data 25 dicembre 1915, sono lieto di tributare l’ENCOMIO SOLENNE al Tenente del Battaglione Alpini Feltre Piovesana sig. Giovanni con la seguente motivazione: «Comandante di pattuglia che aveva incarico di riconoscere il terreno su cui era stata effettuata una precedente ricognizione, che aveva provocato reazione nemiche, assolveva esaurientemente il compito, penetrando e percorrendo di pieno giorno, per circa sei ore, un tratto della linea di osservazione avversaria occupato solo nella notte, riuscendo così a fornire utili informazioni sulla sistemazione nemica». Facevano seguito le seguenti espressioni del Ten. Col. Nasci che comandava il battaglione: «L’ambito ed alto encomio di S.E. serva di stimolo ai giovani Ufficiali per imitare il valoroso Tenente Piovesana, che compie con tanta passione e tanto ardire tutte le difficili mansioni che spesso gli vengono affidate».
Il reparto d’assalto comandato da Piovesana era conosciuto come il «plotone dei mascabroni», composto di elementi usi al bracconaggio e al contrabbando, di una spregiudicatezza da incutere timore a tutti; questi uomini, rotti a tutte le esperienze, amavano profondamente il loro Comandante ed obbedivano ciecamente ad ogni suo ordine.
Un ulteriore atto di valore compiuto il 25 settembre 1918 procurò a Piovesana, in data 20-8-1921, il conferimento della seconda MEDAGLIA D’ARGENTO con la seguente motivazione:
«Comandante di un plotone di assalto, con arditi servizi di pattuglie personalmente riconosceva la linea nemica. Si apriva poi con mirabile ardimento i varchi attraverso due linee di reticolato, ed attendeva l'avversario, appostato col suo plotone; al sopraggiungere di un drappello di nemici, li metteva in fuga infliggendo loro perdite e facendone prigioniero uno dopo viva lotta. Già distintosi in precedenti azioni per calma e coraggio. Conca Laghi (Posina), 25 settembre 1918».
Il Comando Supremo così ricorda, col proprio comunicato ufficiale del 27 settembre 1918, un’altra impresa di Piovesana:
«Sensibili attività delle opposte artiglierie in Vai Lagarina, sul Pasubio, in vetta Posina, in Val d'Astico e in qualche settore della linea Piave.  A nord-est di Laghi una nostra pattuglia sorprese ed assalì a colpi dì bombe a mano e con vivissimo fuoco di fucileria nuclei nemici, e li volse in fuga disordinatamente».
Seguì poco dopo una esplorazione come attestato dal seguente ordine del giorno in data 9 ottobre 1918 del comandante di battaglione: «Sono lieto di comunicare che il Comando della 32’ Divisione ha concesso al Tenente Piovesana Sig. Giovanni, Comandante il plotone d’assalto, il seguente elogio: «Accogliendo la proposta di codesto Comando prego rivolgere in mio nome un elogio al Tenente Piovesana del Battaglione Feltre per l’ardimento dimostrato e e per le utili informazioni raccolte sulla linea di osservazione nemica di contrada Rochete-Laghi, nella notte sul 3 corrente».
La guerra finì poco dopo e il battaglione Feltre, con Piovesana che aveva aggiunto una seconda CROCE DI GUERRA al proprio medagliere, si stabilì in Val d’Isarco.

L’Albania era però irrequieta e il corpo di spedizione italiano ebbe presto bisogno di rafforzamento per cui, nell'agosto 1919, partirono per Valona due gruppi alpini. Il «Feltre» con G. Piovesana e i Btg. «Fenestrelle» e «Dronero» al comando del Col. Rambaldi vennero inviati nella regione Mathi e successivamente nello Skumbi, mentre il secondo gruppo si dislocò tra Scutari e la Valle del Drin Nero col Col. Sassi.
Anche in quell'occasione Giovanni Piovesana diede prova della propria perizia e il Colonnello Sala, con ordine del giorno n. 134 così esprimeva il proprio elogio: «Mi compiaccio per le ricognizioni eseguite dal Tenente Sig. Piovesana Giovanni del Battaglione Feltre ed esprimo a detto ufficiale la mia soddisfazione per il modo accurato ed intelligente con cui ha compilato la relazione e gli schizzi. Kalmeti, li 29 settembre 1919».
In Mirdizia, nella zona dl Oroshi, Piovesana eseguì fedelmente gli incarichi ricognitivi come è documentato dal seguente comunicato del Comando Brigata Udine
- Sottozona Boiana Fani, datato a Barbalusi il 29 marzo 1920 e indirizzato al Comando del 14 Gruppo Alpino in Oroshi: «Con vivo compiacimento comunico il seguente elogio impartito al Tenente Sig. Piovesana di codesto Gruppo, dal Comandante la Divisione in seguito ad analoga proposta fatta da questo Comando per la bella relazione sulla ricognizione Oroschi-Luria ed Oroshi-Rseni. Prego porgere al Tenente Piovesana sig. Giovanni del 14° Gruppo Alpino un elogio per l’intelligente cura posta nell'esecuzione delle ricognizioni di Oroshi-Luria ed Oroshi-Rseni ordinata da questo Comando con foglio n. 793 del 18-2-1920».
Motivi politici spinsero il governo di Roma ad abbandonare l’Albania e, quel che più fu grave, anche i soldati italiani che dovettero pertanto «arrangiarsi» per salvare la pelle dopo aver costruito strade ed opere dl pubblica utilità.
L’Albania ha evidentemente sempre portato scalogna all'Italia, ma sempre per colpa di chi... non vi è andato mandando invece gli altri.
Il governo ordinò quindi precipitosamente il rimpatrio delle truppe ed anche Piovesana ritornò alla sua Conegliano nell'agosto 1920 dove iniziò finalmente la propria attività professionale.

Impiegatosi presso la Banca San Liberale di Conegliano (successivamente fusasi con la Banca Cattolica del Veneto), divenne titolare della agenzia di Pieve di Soligo; si sposò e la nascita della figlia Floralisa parve donare a Piovesana una meritata pace familiare dopo tanti anni di vita sconvolta.
Già poco dopo la guerra, il rag. Piovesana contribuì, col Generale Gambi e tanti altri tra i quali Sartor, Serafin, Soravia, Colussi, Borga, Dagai e Bidasio, a costituire la nostra Sezione Alpini della quale divenne presidente e consigliere in vari periodi.
In occasione delle adunate nazionali, Piovesana partiva da Conegliano con una manciata di medaglie in tasca che solo il buon Ruggero Colussi riusciva ad appuntargli sul petto per la cerimonia centrale della sfilata.
Allo scoppio della guerra del 1940 il rag. Piovesana era direttore a Conegliano dell’E.I.C.A. (Ente Italiano Cooperativo Approvvigionamenti, la cui sede di Milano Lo onora con una lapide), e un po' sofferente, specie agli occhi, con un cumulo di fatiche belliche e professionali che pesavano sui suoi quarantaquattro anni.
Il richiamo giunse ugualmente presto per il Capitano Piovesana che non seppe rifiutare il ritorno ai suoi «veci» riuniti nei «Val Cismon»; in dieci giorni il battaglione venne ricostituito a Feltre e trasferito a Valona appena in tempo perché il Gen. Rossi, comandante del XXV° Corpo d’Armata, riuscisse a farselo assegnare per mandarlo immediatamente in aiuto del Gen. De Cia nel « braciere» della Vojussa.
Al «Val Cismon» vennero assegnati dodici chilometri di crinale indifeso, tra le quote 1255, 1439 e 1620 del Trebescines che vennero raggiunte nella notte del 15 gennaio; il successo si verificò malgrado la nebbia e l’indubbio eroismo dei greci.
L’estrema difficoltà dei rifornimenti e le battaglie continue assottigliarono presto il battaglione il quale si impadronì di sorpresa il 26 gennaio del Monte Groppa ove si attestò a contenere la disperata controffensiva avversaria.
Lasciamo il seguito alla «Storia del 7° Rgt. Alpini)) di Manlio Barilli:
«Proprio un pomeriggio di quei giorni memorandi, scendendo verso un posto avanzato della 264a del cap. Castagna, che bene aveva operato in azione, Berti trovò il reparto in piena attività difensiva contro un assalto nemico durato poi fino all'imbrunire. Ma la 264a rimase al suo posto. Il bravo Giovanni Piovesana, della «Compagnia Comando», che aveva voluto seguire il suo comandante di battaglione, si buscò una raffica di fucileria e gli cadde accanto senza un lamento. Poco dopo disse a Berti: «Non preoccuparti di me e lasciami pur qui. Dammi solo la tua borraccia!» Berti gli offerse subito il recipiente con cognac e fece quindi trasportare l’ufficiale al comando, mentre egli proseguiva più verso il basso. Al ritorno lo ritrovò quasi senza parole. Piovesana ammiccò al binocolo che gli era vicino e sussurrò:
«Tienilo, Berti, me lo renderai se guarirò!» Quando, qualche giorno più tardi, Berti fu anch'egli ferito, ritrovò Piovesana a Turan: non parlava assolutamente più. Il gen. Rossi, andato a trovar Berti, si fermò a lungo presso il lettuccio di Piovesana, senza dire una parola, tanto grande era il dolore che provava di fronte alla lenta agonia di quel bravo. Piovesana si spense l’8 febbraio, all'ospedale da campo 427. Era un ufficiale di grande coraggio, tanto semplice quanto pieno di fegato. Allegro e ricco di bonomia e di un’anima canora, al «Belluno» e al «Feltre», dove era stato durante la prima guerra mondiale, portandosi da prode sulla Bainsizza e in Conca Laghi, quando per un certo periodo comandò il plotone arditi, dopo Caimi e De Finetti e prima di Montiglio, aveva saputo farsi benvolere da tutti. Aveva un gran cuore e lo stesso spirito di un capitano di ventura della Rinascenza. Capisco il dolore di Berti nel ricordarne la fine perché tutti noi del «Feltre» a Piovesana abbiamo portato tanto affetto».

Altri dettagli ci vengono forniti dal sergente volontario del «Val Cismon», Vittorio Benedetti, il quale precisa che G. Piovesana venne ferito, oltre che da due pallottole di fucile alla scapola destra e all'avambraccio sinistro, anche da numerose schegge di mortaio.
Soccorso immediatamente anche da Benedetti, dal Ten. medico Amitrano e dal Cappellano Della Bernardina del Val Cismon, Piovesana venne medicato sotto un costone roccioso; Benedetti aiutò il medico a tamponargli l’ampia ferita al torace dalla quale defluiva abbondante il sangue, e mise a disposizione una delle proprie maglie di lana per riparare maggiormente il ferito durante il lungo tragitto.
Piovesana si era reso subito certo della gravità delle ferite e disse a Benedetti: «Tu che sei di Vittorio Veneto, vicino a casa mia, saluta mia moglie e la mia bambina; per me è finita, lo sento. Raccomanda agli alpini di non abbandonare la posizione, fa che non si disperdano, tienili uniti».
Al citato ospedale da campo n. 427 di Mezcoranis, nei pressi di Tepeleni, Piovesana è morto dopo due estremi interventi chirurgici tentati per l’estrazione del proiettile dalla ferita più grave; sepolto nel vicino cimitero di Sinenai vicino all'insanguinata Vojussa, Piovesana ha atteso vent’anni.
Era frattanto giunta la promozione al grado di Maggiore che poté fregiarlo solo ora col cappello dalla penna bianca che gli Alpini di Conegliano hanno posato sui Suoi resti gloriosi. Proposto per la Medaglia d’oro, Gli venne invece conferita quella di bronzo con la motivazione che segue:
«Comandante della compagnia comando di un battaglione impegnato in un aspro combattimento, d’iniziativa raggiungeva gli elementi avanzati del battaglione per coadiuvare il proprio comandante nel deciso sforzo di contenere l’avversario e sventare la minaccia di accerchiamento. Con ammirevole calma ed intrepido coraggio si portava, in piedi allo scoperto, anche nei punti più battuti, per animare la resistenza. Ferito gravemente, chiedeva di non essere abbandonato dalla posizione dove la sua presenza poteva essere ancora utile. Mali Trebescines, q. 1179 (fronte reco), 26 gennaio 1941».


Le onoranze tributate al Magg. G. Piovesana il pomeriggio del 18 aprile sono risultate veramente commoventi ed amorevoli da parte di tutta la città e dei paesi vicini. La Gradinata degli Alpini era gremita di rappresentanze civili e militari; oltre alla figlia Floralisa accompagnata dal consorte e i nipoti Giuseppe e Luigia Piovesana, era schierato il picchetto armato del locale distaccamento di artiglieria.
I vigili in alta uniforme scortavano il Gonfalone del Comune; erano pure presenti le bandiere delle scuole elementari, della scuola media, quelle dell’avviamento industriale e commerciale, del ginnasio, delle scuole tecniche industriale e commerciale «Cima», dell’Istituto tecnico agrario di enologia, della sezione di Conegliano dell’istituto tecnico industriale «Pacinotti», con i relativi presidi e direttori.
Notate inoltre le bandiere delle associazioni Famiglie Caduti in guerra, Combattenti e Reduci, Mutilati ed Invalidi di guerra, Autieri, Bersaglieri, Artiglieri e il gagliardetto dell’Associazione Paracadutisti, i labari sezionali degli Alpini di Vittorio Veneto e di Conegliano e infine i gagliardetti dei nostri Gruppi di Colfosco, Mareno, S. Pietro di Feletto, S. Lucia di Piave, Solighetto e Susegana oltre a rappresentanze di altri gruppi.
Sono intervenuti la sorella della M. O. Spellanzon, assessori e consiglieri comunali col Segretario dottor Colombo, Mons. Francesco Sartor, il comandante del presidio militare Ten. Col. Pasquantonio, il Capitano Moghetti Comandante la Compagnia CC, il Mar. Facchini della Guardia di Finanza e il Presidente della Sezione Alpini Cav. Uff. G. Curto con i vice presidenti e il consiglio direttivo al completo. Molte le altre autorità e rappresentanze confuse tra la gran folla di cittadini ed alpini.

La salma dell'eroico G. Piovesana è giunta alle ore 17 con un automezzo militare preceduto da una staffetta alpina; la piccola cassetta, ricoperta dal Tricolore, da un cuscino di fiori della Figlia e dal cappello alpino, è stata consegnata a Vittorio Benedetti che è salito i primi gradini della Scalinata, tra le bandiere nazionale e comunale svettanti dalle grandi antenne e le corone d’alloro dell’Associazione Famiglie Caduti in guerra, e della nostra Sezione.
Ha preso la parole il vice sindaco Avv. F. Travaini il quale ha così dato il saluto di Conegliano ai resti del proprio eroico cittadino:
«Maggiore Giovanni Piovesana! Amico carissimo! E’ con un baleno d’orgoglio negli occhi, ma col pianto e lo strazio nel cuore che noi, tuoi concittadini, tuoi amici, Ti accogliamo oggi e Ti diamo il nostro commosso saluto su questa Gradinata che anche e soprattutto dal Tuo eroismo e dal Tuo sacrificio ha tratto il nome.
Ben altrimenti avremmo voluto attenderTi al ritorno! Non bandiere segnate a lutto, non gramaglie, non cordoglio, ma tripudio di vessilli, ma allegri canti alpini osannanti alla vita.
Invece, qui è la morte; quella morte che tu non paventavi, quella morte che tante, infinite volte, hai fugato quando ancor giovane, infiammato di amor patrio, additavi ai Tuoi Alpini le vie dell’onore e del sacrificio: per l’Italia, solo per l’Italia.
Il Castelletto (11 luglio 1916) e Conca Laghi (Posina 25 settembre 1918) sono tappe gloriose nella tua vita di vecchio combattente, di vecchio alpino, contraddistinte dallo argenteo segno del valore.
E l’alpino è sempre coerente a se stesso; l’amor di Patria per l’alpino, per il combattente italiano, non ha confini né di spazio né di tempo.
Suonò la diana del secondo immane conflitto e Tu, non più giovane d'anni, ma di spirito indomito, benché nella vita civile uomo pacifico, padre e sposo affettuoso, non avesti un attimo di esitazione.
Con più passione e con più slancio dei giovani, rispondesti all’appello della Patria che aveva, allora, bisogno di tanta comprensione e di tanto aiuto; particolarmente da parte di quelli che, come Te, già avevano avuto il collaudo di una lunga, sanguinosa guerra vissuta e combattuta e vinta.
Una moglie affettuosa ed una giovane figlia adorata costituivano il tuo patrimonio, rendevano accogliente la Tua casa, desiderato il focolare domestico e la Tua Conegliano.
Non avesti un attimo d’esitazione; la scelta era fatta.
Con lo strazio nel cuore (e chi, come me, ebbe la ventura di conoscerti e l'onore di esserti amico conobbe questo Tuo tormento) scegliesti la via più difficile, la via del sacrificio che alle volte da gloria, più spesso la morte o peggio della morte.
E morte ti colse in quell'ormai lontano 8 febbraio 1941.
Tante volte l’avevi sfidata ed ora essa Ti carpiva.
Non un bacio della diletta figlia né l’abbraccio della sposa, tanto, troppo lontane, suggellarono la tua vita terrena, cristianamente e rettamente vissuta, ma il tuono del cannoni sulla vicina linea del fronte ed il crepitìo delle mitragliatrici e i lamenti e le urla dei Tuoi compagni straziati, come te, nella carne.
In quel momento in cui l’anima Tua immortale abbandonava le spoglie terrene per ricevere la ricompensa che non falla mai, fu Tuo unico conforto la consapevolezza di aver compiuto tutto e più del tuo dovere.
Così muore un eroe!
Ti colse, in un freddo abbraccio, terra straniera se non nemica, allora.
Terra non irrorata dal pianto di persone care, terra sulla quale mano pietosa non poneva un fiore simbolo dell’amore e del ricordo che ad ogni primavera rinverdisce, ma non muore mai.
La tua Conegliano, che ti volle perennemente ricordato, come uno dei suoi figli migliori, sul marmo di una via, è tutta qui, oggi, che ti attende, come per tanti anni ti ha atteso: riconoscente e commossa.
Tu, Maggiore Giovanni Piovesana, amico e concittadino Giovanni Piovesana, sei ora assurto alla gloria degli eroi.
Noi siamo qui, Tu ci vedi, Tu ci senti, per te siamo qui, per dirti che il Tuo sacrificio non è stato inutile; per dirti che, malgrado il fatale trascorrere veloce del tempo, non ti abbiamo dimenticato, il nostro affetto per te non è diminuito.
Per dire ad una figlia, che oggi ha atteso suo padre, che Suo padre non è morto perchè gli eroi non muoiano, e suo padre era un eroe».
Si è poi formato il corteo preceduto dalla croce, che si è recato nella parrocchiale Chiesa di S. Rocco ove il Cappellano dell’A.N.A., il Protonotario Apostolico Monsignor Francesco Sartor ha celebrato la S. Messa di suffragio ed impartito la benedizione alla salma. Mons. Sartor, che il 9 marzo 1941 aveva mirabilmente onorato il Caduto nella stessa chiesa, ha rievocato nuovamente l’eroico Maggiore Piovesana con voce accorata ma serena, quasi fosse un dialogo sommesso con l’antico amico che aveva dimostrato, tra l’altro, di essere un buon cristiano. Egli ha pure dato lettura di due brani da lettere di G. Piovesana alla propria sposa, tra cui quella spedita da Brindisi all’atto della partenza («Sto per imbarcarmi. Salute ottima; mi sono però accorto che il difetto della vista è una cosa grave. Non ho avuto il coraggio di dirlo al Maggiore; temevo di essere mal considerato. Glielo dirò in Albania per scrupolo di coscienza e per il bene dei miei Alpini, ai quali necessita un comandante perfetto anche negli occhi») ed una dettata all’attendente negli ultimi giorni di vita: «Oggi secondo giorno dalla operazione toracica destra con la quale mi è stata tolta una costola fracassata. Quando ripenso alle fatiche, alle cure più che fraterne dei Dottori e infermieri tutti, dico francamente che non sarei capace di trovare il modo di poter, sia pure modestamente, dare a loro un segno della mia infinita riconoscenza. Unico segno sarà la parola AMORE che io conserverò chiusa nel mio cuore a loro ricordo».
Ricostituitosi il corteo all'uscita della chiesa, in piazzale S. Martino il Presidente della Sezione ha dato l’addio al feretro con le seguenti parole:
«Maggiore Giovanni Piovesana, caro Giovannin di tutti noi, dopo tanti anni ci ritroviamo nella medesima città dove abbiamo frequentato assieme l’asilo infantile e dove abbiamo vissuto i nostri giorni migliori della gioventù e della maturità.
La tua bontà e modestia, raramente uguagliate, ti avevano reso amico di tutti e nella prima guerra mondiale, quando l’indomito coraggio ed il cuore dedito alla Patria valevano più di ogni altra cosa tu, chiamato il «bocia» del Settimo, fosti additato ad esempio di tutti gli Alpini d’Italia.
Anche dopo il nostro ritorno, benché occupati, tu e noi, nella faticosa opera di ripresa postbellica e nella sistemazione professionale, non dimenticasti il tuo dovere di Alpino, divenendo animatore e socio fondatore della nostra Sezione dell’A.N.A., reggendone validamente la presidenza per vario tempo.
Allo scoppio della seconda guerra tu avresti potuto evitare l’arruolamento, ma preferisti seguire i compagni del «Feltre» che ti desideravano insieme in terra d’Albania, e tu partisti animato dagli antichi valorosi propositi di un tempo.
Ma i monti d’Albania ti furono fatali: il fuoco ti dilaniò presto le carni e soffristi coraggiosamente dodici ore in una barella per giungere, purtroppo tardi, all’ospedale di campo.
Dopo oltre venti anni sei tornato tra noi, nella nostra bella città affinché la tua cara figliola possa averti vicino per pregare sulla tua tomba e su quella della tua compagna che, non vedendoti tornare, volle anzitempo seguirti nei Cieli. Conegliano ti è vicina e ti accompagna con il proprio pensiero, con la più sincera simpatia ed il più grande affetto. Gli Alpini, i tuoi Alpini, promettono d’esserti sempre vicini, non dimenticando ma di ricordarti a Dio e agli uomini».
La Signora Antonietta Cappello, vedova del Colonnello Passerelli e Presidente dell'Ass. Famiglie Caduti in guerra, ha espresso in modo commovente il sentimento delle madri e delle spose dei Soldati perduti in guerra, dando altresì lettura delle motivazioni delle medaglie d’argento conseguite dal Maggiore Piovesana.
Accompagnati dalla Figlia, dai parenti e dagli amici più cari, i resti mortali di Giovanni Piovesana sono stati immessi nella tomba di famiglia, accanto alla moglie fedele, mentre la pioggia scendeva improvvisa ed impetuosa quasi che anche il Cielo, trattenute a stento le lacrime sino ad ora, prorompesse in un pianto dirotto in unione a tutti coloro che amarono e furono amati dall'indimenticabile Eroe.


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del 4/07/22 - art.23 L.R. 17/2019
   
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