1962 Campa combattente che la pensione viene
1962
CAMPA COMBATTENTE ... CHE LA PENSIONE VIENE
Fiamme Verdi Giugno 1962
Sembra infatti che la questione stia per risolversi; da molti mesi se ne parla e se ne scrive, creando anche un po’
di confusione con proposte di vario genere.
Al criterio iniziale di riservare la pensione di sessantamila lire ai soli ex combattenti che godono attualmente (escluse le pensioni di guerra) di pensioni o redditi non superiori a venticinquemila lire mensili, si sono susseguite richieste di vario genere tra le quali quella della restrizione del beneficio a coloro che hanno compiuto i 65 anni e indipendentemente dal reddito goduto, forse considerando che anche i più giovani combattenti della «15-18» sono ormai quasi tutti sui 65 anni.
Da parte nostra riteniamo indispensabile che la pensione venga accordata e che ne possano beneficiare sopratutto i poveri; modifiche estensive a coloro che hanno redditi superiori alle 25.000 lire mensili si potranno adottare in seguito.
L’essenziale è, come ripetiamo, che la pensione venga concessa alla svelta, e riteniamo buona cosa che essa abbia vigore (con conseguente pagamento degli arretrati) almeno dallo scorso anno centenario dell’Unità d’Italia.
Ci sorge anche un dubbio mai espresso sino ad ora e che riguarda il possibile scatto dei «massimi» di pensione per conservare il diritto ad incassare gli assegni familiari da parte dei figli.
E’ noto infatti che i figli possono percepire gli assegni familiari per il padre e la madre nel caso che la pensione da essi goduta non superi L. 20.000 o L. 13.000 mensili nel rispettivo caso che i genitori siano entrambi viventi o uno solo sia il superstite; poiché sono moltissime le pensioni dalle 12.000 alle 19.000 lire circa, ne deriverebbe che quella aggiuntiva di L. 5.000 mensili provocherebbe la perdita del diritto agli assegni familiari che talvolta assommano a L. 6.500 per ogni persona a carico.
In altre parole: un ex combattente, con moglie, che godesse della pensione mensile di L. 19.000 (e sono molti) e con un figlio che percepisce per essi gli assegni familiari, a causa delle cinquemila lire di pensione farebbe perdere al figlio (che deve pur aiutarli per farli vivere) dalle settemila alle tredicimila lire.
Vogliamo perciò sperare che molti ex combattenti non si trovino nella necessità di dover rifiutare la tanto sospirata pensione.
Accenniamo ora al costo che lo Stato dovrà sopportare per la concessione della pensione.
Su due milioni e mezzo di combattenti rimasti alla fine della guerra 1915-18, ne sono ancora viventi 190.00 circa per cui la spesa che lo Stato sosterrebbe per dare a tutti loro la pensione (compresa la tredicesima mensilità) si aggirerebbe sui dodici miliardi e mezzo; se la pensione verrà riservata a coloro che non superano… l’agiatezza delle trecentomila lire annue di reddito, la spesa totale non dovrebbe superare i quattro miliardi e mezzo, venendone a beneficiare poco più del quaranta per cento dei combattenti.
Quattro o cinque miliardi che diminuirebbero gradualmente per l’inesorabile assottigliarsi degli anziani pensionati tra i quali l’indice medio annuo di mortalità (essendo essi compresi tra le classi 1874 e 1899) si può considerare del quattro per cento.
I pochi miliardi necessari a dare la pensione almeno agli ex combattenti meno abbienti corrispondono all’uno per mille delle spese complessive dello Stato, e riteniamo che questa modesta somma debba considerarsi tra le meglio impiegate.
Al criterio iniziale di riservare la pensione di sessantamila lire ai soli ex combattenti che godono attualmente (escluse le pensioni di guerra) di pensioni o redditi non superiori a venticinquemila lire mensili, si sono susseguite richieste di vario genere tra le quali quella della restrizione del beneficio a coloro che hanno compiuto i 65 anni e indipendentemente dal reddito goduto, forse considerando che anche i più giovani combattenti della «15-18» sono ormai quasi tutti sui 65 anni.
Da parte nostra riteniamo indispensabile che la pensione venga accordata e che ne possano beneficiare sopratutto i poveri; modifiche estensive a coloro che hanno redditi superiori alle 25.000 lire mensili si potranno adottare in seguito.
L’essenziale è, come ripetiamo, che la pensione venga concessa alla svelta, e riteniamo buona cosa che essa abbia vigore (con conseguente pagamento degli arretrati) almeno dallo scorso anno centenario dell’Unità d’Italia.
Ci sorge anche un dubbio mai espresso sino ad ora e che riguarda il possibile scatto dei «massimi» di pensione per conservare il diritto ad incassare gli assegni familiari da parte dei figli.
E’ noto infatti che i figli possono percepire gli assegni familiari per il padre e la madre nel caso che la pensione da essi goduta non superi L. 20.000 o L. 13.000 mensili nel rispettivo caso che i genitori siano entrambi viventi o uno solo sia il superstite; poiché sono moltissime le pensioni dalle 12.000 alle 19.000 lire circa, ne deriverebbe che quella aggiuntiva di L. 5.000 mensili provocherebbe la perdita del diritto agli assegni familiari che talvolta assommano a L. 6.500 per ogni persona a carico.
In altre parole: un ex combattente, con moglie, che godesse della pensione mensile di L. 19.000 (e sono molti) e con un figlio che percepisce per essi gli assegni familiari, a causa delle cinquemila lire di pensione farebbe perdere al figlio (che deve pur aiutarli per farli vivere) dalle settemila alle tredicimila lire.
Vogliamo perciò sperare che molti ex combattenti non si trovino nella necessità di dover rifiutare la tanto sospirata pensione.
Accenniamo ora al costo che lo Stato dovrà sopportare per la concessione della pensione.
Su due milioni e mezzo di combattenti rimasti alla fine della guerra 1915-18, ne sono ancora viventi 190.00 circa per cui la spesa che lo Stato sosterrebbe per dare a tutti loro la pensione (compresa la tredicesima mensilità) si aggirerebbe sui dodici miliardi e mezzo; se la pensione verrà riservata a coloro che non superano… l’agiatezza delle trecentomila lire annue di reddito, la spesa totale non dovrebbe superare i quattro miliardi e mezzo, venendone a beneficiare poco più del quaranta per cento dei combattenti.
Quattro o cinque miliardi che diminuirebbero gradualmente per l’inesorabile assottigliarsi degli anziani pensionati tra i quali l’indice medio annuo di mortalità (essendo essi compresi tra le classi 1874 e 1899) si può considerare del quattro per cento.
I pochi miliardi necessari a dare la pensione almeno agli ex combattenti meno abbienti corrispondono all’uno per mille delle spese complessive dello Stato, e riteniamo che questa modesta somma debba considerarsi tra le meglio impiegate.