1963 Tu quoque A.N.C.R.
1963
Tu quoque, A.N.C.R.!?
Fiamme Verdi Giugno 1963
Ne ha detto a sufficienza L’ALPINO con un schietto articolo apparso nel n. 4 e che tutti gli iscritti all’A.N.A. hanno quindi già letto; noi di «Fiamme Verdi» abbiamo però molti altri simpatizzanti e sostenitori che, sfortunatamente, non possono essere iscritti all’A.N.A. perchè Alpini non furono ma che di spirito patriottico (e di conseguenza alpino) ne hanno da vendere, non necessariamente a tutti, ma certo ad alcuni dirigenti dell’Associazione Combattenti e Reduci.
E’ inoltre doveroso parlarne perchè i generosi e disinteressati amici che ci han dato la possibilità di portare a Genova i soci poveri e meno abbienti, non credano che la partecipazione della Sezione di Conegliano all’Adunata nazionale sia già costata allo Stato la «minuzia» di un milione e mezzo circa; tale sarebbe infatti la proporzione se fosse vero il seguente articolo vomitato dal n. 3 del Notiziario Ufficiale dell’Associazione Combattenti e Reduci e che riportiamo con preghiera di paziente sopportazione da parte dei nostri lettori.
Pare che la «corrispondenza» sia venuta da Udine, ma l’avallo responsabile è quello dei dirigenti del notiziario i quali «ufficialmente» danno agli Alpini (e non a noi soli come vedremo) la seguente pugnalata:
«Un gruppo di ex combattenti udinesi hanno letto nei giornali che nei giorni scorsi si sono svolti due grandi raduni d’arma: quello degli alpini a Genova e l’altro dei bersaglieri a Roma. Nei resoconti di quelle manifestazioni, fra i discorsi ampollosi pronunciati da elementi responsabili del Governo, abbiamo ricercato invano una frase, una parola sola che avesse riferimento alla pensione a favore dei vecchi combattenti che vivono in miseria. Secondo un calcolo approssimativo fatto da un giornale di orientamenti non governativi, abbiamo appreso che per il raduno degli alpini a Genova il Ministero della Difesa avrebbe speso circa 12 miliardi di lire e circa 4 miliardi per il raduno dei bersaglieri a Roma. A nome dei commilitoni protestatari, l’ex combattente alpino Pasquale Bistolfì conclude: “Se non sbaglio, la cifra di 16 miliardi bastava o quasi per dare la pensione ai vecchi combattenti bisognosi della guerra 1915-18. Non aggiungo altri commenti!”».
I commenti, invece, a noi piacciono.
Gianmaria Bonaldi l’aveva sentita in anticipo l’odiosa calunnia ed aveva preventivamente scritto quanto segue:
«Il raduno annuale ormai è come una festa comandata, proprio come Natale, Pasqua e il giorno del Santo del paese; gli Alpini vanno a spasso ogni anno per le più belle e più grandi città, proprio come i signori, e economia, per tre giorni, non ne fanno, porca miseria! Perché si pagan tutto coi loro soldi, viaggio, alloggio, beveria e mangeria e poco importa se, quando tornano a casa, ne hanno pochi in tasca; si rimettono a fare economia di mille lire al mese, per l’Adunata dell’anno dopo. Noi di biada non ne accettiamo e non ne chiediamo, perchè siamo di bocca fina e ci piace soltanto la roba nostra... Questo per chi ci trova da dire e finge di non capire che gente siamo».
E’ subito da avvertire che una divisione delle responsabilità tra la grande famiglia dei Soci dell’A.N.C.R. ed alcuni suoi dirigenti è reclamata dallo sbigottimento dimostrato da coloro che realmente han combattuto e che sono i soli cui spetta il diritto di rappresentare la propria Associazione; son tanto false le accuse rivolteci che nessun socio dell’Associazione Combattenti, da noi interpellato, s’è sentito di ammetterne anche minimamente la veridicità.
La discussione non verte quindi tra alpini e bersaglieri da una parte e gli altri ex combattenti dall’altra; è tra milioni di veri Soldati contro pochi bugiardi che la guerra ha solo arricchito o traviato e che nulla o poco e malvolentieri han dato; è l’onestà di molti contro la vergognosa accusa di pochi che son riusciti, per il crescente assenteismo della massa, ad usurpare troppi posti direttivi dell’ANCR per sfruttare a fini antinazionali l’immenso prezioso patrimonio di sacrifici che i Soci della stessa Associazione rappresentano.
La falsità dei dodici miliardi che il Ministero della Difesa avrebbe speso per la nostra adunata di marzo è quindi credibile solo dagli imbecilli che nemmeno sanno con quanti «zeri» si scrivono i miliardi.
Con i Bersaglieri sono stati ancor più cattivi perchè, in diecimila convenuti a Roma, essi avrebbero fatto spendere al Governo ben quattro miliardi.
Con riduzione all’unità, risulterebbero L. 120.000 per ogni Alpino e L. 400.000 per ogni Bersagliere.
Chissà poi perchè queste notizie siano state raccolte proprio da «giornali di orientamenti non governativi» e perchè i discorsi «pronunciati da elementi responsabili del Governo» debbano esser sembrati «ampollosi » per i redattori del notiziario dei Combattenti; che i responsabili si siano individuati nei pochi fanatici e meschini di connazionali che non rispettano gli Alpini a differenza degli stessi nemici di un tempo, come disse il Ministro della Difesa, ciò non ci interessa perchè l’esame di coscienza è un fatto strettamente personale.
I solerti redattori dell’articolo han dovuto addirittura ricorrere all’«ex combattente alpino Pasquale Bistolfi (di ancora non accertata esistenza) per sommare 12 più 4 (miliardi) e farlo giungere alla conclusione che i soldi sarebbero bastati «o quasi per dare la pensione ai vecchi combattenti bisognosi della guerra 1915-118».
E qua arriviamo «al gloria».
Tutti noi abbiamo sostenuto la questione della pensione ai combattenti ma non ne abbiamo fatto l’unico scopo associativo come sembra si verifichi presso l’Associazione Combattenti e Reduci quasi questa fosse divenuta un sindacato di categoria.
La pensione ai combattenti o viene con le buone o non viene elemosinata dai veri soldati; tantomeno quindi si ricorre a falsità come quella dei sedici miliardi dando indirettamente la colpa alla «voracità» di Alpini e Bersaglieri.
Ci permettiamo inoltre di far osservare che il servizio militare e la difesa dei territorio nazionale sono «servizi» che vengono richiesti dalla comunità in cui ogni individuo vive ed opera.
Fare la naja e combattere quando occorre è un po’ come pagare le tasse perché è un dovere pubblico: il primo dovere è assai pesante. d’accordo, ma per questo più meritorio.
Chi cerca di evadere i tributi fiscali è furbo ma disonesto; chi vuol evitare di combattere crede di essere un furbo ed è invece e soltanto un delinquente di fronte a Dio e ai suoi connazionali.
E’ inspiegabile che per il solo fatto di pagare le imposte si abbia la pensione e così è moralmente illegittimo esigere la pensione per aver fatto il proprio dovere sul campo di battaglia.
E' ben diverso, si sa, versare denaro e versare sangue, ma mentre un cittadino non riceve grazie per il suo concorso alle spese dello Stato.
spettandogli solo il democratico giudizio sulle spese pubbliche, è giusto che abbia un ringraziamento per il sacrificio compiuto combattendo, ed accerti che detto sacrificio è valso a migliorare.
Solo per chi dà più della media prestazione è giusto un riconoscimento materiale: è legittima la pensione ai familiari dei Caduti e quella d’invalidità ai mutilati; per gli eroi è meritato, oltre la decorazione, un pur simbolico soprassoldo. Ma per la massa dei combattenti, quelli che nella loro anonimità rappresentano il popolo che ha imbracciato un’arma per difendere terra od interessi della propria Patria, non valgono cinquemila lire al mese di pensione.
Il vero combattente non deve pretendere di veder compensato il proprio impagabile sacrificio con l’equivalente delle sigarette mensili che consuma; deve invece esigere che tante sofferenze sian valse al giusto rispetto per chi le ha sopportate; deve esigere il rispetto di quegli ideali che hanno accomunato i Soldati italiani di ogni Arma e di ogni guerra, e che trascendono la venale aspirazione di un compenso in denaro.
Finalità quindi che devono essere comuni ed inderogabili per tutte le associazioni combattentistiche e d’arma, e che si possono conseguire senza miliardi e senza umilianti pensioncine ma solo col cuore traboccante di amor patrio; prerogativa questa che non può essere confutata all’Associazione Nazionale Alpini libera com’è da obblighi con i governi di ieri e di oggi, non vendibile a fazioni politiche, schiava solo della Patria che non va identificata in una faccia o in un colore, ma nel Tricolore d’Italia.
M. ALTARUI