1964 Una voce stonata
1964
Una «voce» stonata
Fiamme Verdi Ottobre 1964
Nel suo ultimo numero il giornale L’ALPINO riporta l’articolo a sigla «f. v.» dal titolo UN APPELLO INOPPORTUNO e che la VOCE REPUBBLICANA ha incautamente pubblicato; dico incautamente perchè un giornale che mai ho disprezzato se non altro perchè non lo conosco abbastanza, ha ospitato un articolo di quell’«f. v.» che esprime errati giudizi su ciò che dimostra di non conoscere, alienandosi quindi in parte la mia stima (il che pesa poco) e quella di altri il che è grave data la non troppo vasta platea di lettori di cui il giornale può disporre.
L’appello definito «inopportuno» da «Voce Repubblicana» è quello che i Presidenti di sedici Associazioni d’Arma hanno recentemente inviato al Presidente della Repubblica — considerata anche la sua prerogativa di Capo Supremo delle Forze Armate dello Stato — per manifestargli «il profondo senso di amarezza e disagio nel quale sono venuti e trovarsi i militari in congedo aderenti alle rispettive Associazioni, a seguito della constatazione di fatti, orientamenti e situazioni ambientali che — nel loro insieme — incitano e pregiudicano non solo il clima morale della vita nazionale, ma anche e soprattutto involgono in un’ombra di dubbio e di perplessità ogni prospettiva avvenire della Patria».
L’Alpino ha dato una adeguata risposta alla critica ma poiché ebbi anch’io modo di scrivere che detto Appello era «ben giustificato», mi sento tenuto ad aggiungere un codicillo, non tanto per le accuse di inopportunità che «Voce Repubblicana» ha ritenuto di esprimere, quanto per il tono offensivo usato dal redattore «f. v.».
Intanto non mi piace dove giunge l’iniziale elencazione delle Associazioni d’Arma («fanti, bersaglieri, alpini, artiglieri, marinai e via discorrendo) il che dimostra un preconcetto velato disprezzo che non fa onore a chi lo palesa.
La preoccupazione di «f.v.» sulla necessità «che qualcuno riuscisse a spiegar loro (ai “signori,, presidenti delle associazioni”) che il Presidente della Repubblica non può costituzionalmente (omissis) condannare verismo o realismo comunque ideologicamente ispirato» è formulata con l’intento di dare degli ignoranti ai presidenti delle associazioni; da parte nostra ci domandiamo inoltre perché la «Voce» si preoccupi tanto di difendere la produzione cinematografica, teatrale e televisiva dal momento che possiamo ritenere che detto giornale abbia finalità che «istituzionalmente » esulano totalmente dal problema «artistico».
All’affermazione che i Procuratori della Repubblica (ai quali si dovrebbe ricorrere in caso di opposizione sulla produzione di certi films, ecc.) possano essere dalla nostra parte «sino a prendere talvolta delle grosse cantonate, che poi la Magistratura giudicante quasi sempre ridimensiona» non spetta a noi reagire tanto più che, per quel poco che sappiamo leggere, quella maliziosa virgola rende la considerazione di «f.v.» molto più estensiva di quel che sembra; pignoleria che ci permettiamo in quanto l’affermazione che le «cantonate» vengono «quasi sempre» ridimensionate offende anche la Magistratura accusandola di non ridimensionare tutte quelle che lo meriterebbero.
A parte l’accusa di «faziosità qualunquistica» che costituisce una offesa balorda quanto quella di ritenere l’appello al Presidente un «velleitario vaniloquio», è addirittura stupida quella di considerarlo un atto d’indisciplina verso il Ministero della Difesa. E poiché siamo giunti al Ministero, facciamo pure una considerazione che giunge a proposito con l’interrogazione che l’on. Guerrieri ha recentemente rivolto al Ministro per sottolineare «la gravità di taluni episodi concernenti i film che riproducono azioni di guerra», episodi che «troppo spesso offendono il prestigio e il decoro delle nostre Forze Armate»; il Ministro on. Andreotti ha così risposto:
«Come è noto, nessun potere dispositivo e di controllo la legge concede al Ministero della Difesa in materia di produzione cinematografica e di pubblici spettacoli. Esiste tuttavia — prosegue l’on. Andreotti — in modo determinante, la necessità e il dovere morale di tutelare la sensibilità di madri, di vedove, di orfani, di invalidi, agli occhi dei quali la profanazione del sacrificio dei Caduti risulta comprensibilmente inaccettabile.
Si tratta di una questione che non investe affatto le divisioni politiche. E’ un problema di giusti limiti e di umana delicatezza che andrebbe giustamente esaminato da tutti, tanto più che si può benissimo non disturbare la libertà dell’arte e assicurare nel contempo una giusta educazione pacifica delle nuove generazioni».
Il Ministro Andreotti (il quale ha il Padre caduto in guerra) ci consentirà certo ciò che «f. v.» della Voce Repubblicana sarà pronto a considerare un atto d’indisciplina. Vorremmo cioè dire che non è solo da tutelare la sensibilità di madri, di vedove, di orfani, d’invalidi perché i lutti di una guerra son dolori nazionali. E’ bene ricordarlo — non certo per dare suggerimenti al Ministro — ma perchè ciò che combattiamo è proprio il fatto che, alla fine di una guerra, venga sbrigativamente eretto un diaframma tra le famiglie in lutto (e i loro Morti che verrebbero quindi a rappresentare un «affare privato») e tutti gli altri che, evitato ogni lutto per fortuna o per vigliaccheria, si sentono sollevati da qualsiasi dovere di compartecipare (e di prendere insegnamento) dalla sventura degli altri.
Tornando però alla «Voce Repubblicana», vorremmo che, prima di affermare che le Associazioni d’ Arma sono delle pseudo-associazioni, l’articolista desse un’occhiata in casa propria; e pensiamo che non occorra precisare.
Se lo spazio non fosse troppo limitato per consentire maggiore ampiezza a questo imprevisto (ma non crediamo inopportuno) commento, si potrebbe intrattenerci sulle rimproverate «velleità autoritarie di tipo gollista» ed altre considerazioni sgorgate così spensieratamente dalla dotta penna di «f.v.», ma è sufficiente concludere con l’ultimo suo educato giudizio circa la prosa usata nell’appello al Presidente della repubblica e che — egli dice — «non depone troppo favorevolmente sulle facoltà grammaticali e sintattiche dei colonnelli e dei generali che sono alla testa di dette associazioni»: e viene persino disturbato Krusciov il quale — scrive pure «f.v.» — ha fatto «un recente criticatissimo discorso, peraltro assai meno involuto di quello dei nostri connazionali».
A parte la nostra convinzione che sia più lecito scrivere delle cose giuste con una sintassi difettosa piuttosto che seminare ingiuste offese con un’impeccabile grammatica, vorrei consigliare al Sig. «f.v.»
di fare una proporzione per controllare se il risultato gli consente espressioni del genere: verificare cioè se lui è stato tanto valoroso soldato come quei colonnelli e generali (che offende senza conoscere) e che pretende siano pure dei giornalisti di classe elevata come la sua classe che, pur nella mia ignoranza, più grande ancora dei colonnelli e generali per il fatto che fui un semplice alpino, stento a riscontrare tra le righe del suo articolo.
M. ALTARUI