1968 Le medaglie d'Oro a Vittorio Veneto
1968
Le Medaglie d’oro a Vittorio Veneto
Fiamme Verdi Giugno 1968
Una immagine del periodo dell’occupazione: gli abitanti di Vittorio Vedi aspettano di ottenere il permesso di circolazione davanti alla sede del comando austriaco
Sul Grappa le nostre truppe erano impegnate ad inchiodare l’avversario affinché non gli fosse consentito di spostare alcun reparto in pianura; particolarmente furiosi furono i combattimenti sul Valderoa, sulla via del Col della Berretta, sul Pertica. Poi anche le posizioni del Monte Sacro vennero abbandonate dal nemico.
Intensissima proseguiva l’azione degli aviatori italiani; sono state qui ricordate le gesta di Baracca e di Ancillotto, di Federico Zappelloni che partecipò anche alla famosa battaglia aerea di Treviso, e del maresciallo Ernesto Cabruna che nell’autunno del 1917 attaccò da solo - nel cielo di Conegliano - un’intera squadriglia di undici apparecchi avversari abbattendone il capopattuglia e che, alla proposta medaglia d’oro, preferì la commutazione con la promozione al grado di ufficiale per merito di guerra. Va ora ricordato il sacrificio di COLEMAN DE WITT FENAFLY - primo tenente del corpo aeronautico americano - al quale venne conferita la medaglia d’oro con la motivazione che segue;
Nel pomeriggio del 27 ottobre 1918 durante un’azione di bombardamento quale capo equipaggio di un apparecchio Caproni, attaccato da cinque velivoli nemici da caccia invece di sottrarsi, atterrando, all’impari lotta preferì accettarla senza esitazione trasfondendo forza ed energia nei compagni di volo col suo magnifico esempio di risolutezza ed ardimento. Due degli avversari furono abbattuti dal tiro infallibile dell’apparecchio accerchiato, a bordo del quale si continuò a lottare pur tra le fiamme fino a che, stretto e soverchiato dal forte nucleo dei nemici, precipitò e l’intero equipaggio scontò con la morte la sua audacia. Cielo di Vittorio V., 27 ottobre 1918.
A Vittorio Veneto le nostre truppe giunsero all’alba del 30 ottobre; arrivarono dapprima i cavalleggeri degli squadroni «Piacenza», «Caserta» e «Firenze» unitamente a un reparto di bersaglieri e appoggiati da un reparto di moto-mitragliatrici.
Tra i primi ad incontrare le truppe liberatrici fu ALESSANDRO TANDURA che, nato a Serravalle di Vittorio Veneto nel 1893, era stato paracadutato tre mesi prima tra le montagne a lui ben note, allo scopo di raccogliere preziose informazioni per il nostro esercito.
Tandura era stato dichiarato «rivedibile» e poi assegnato alla 2° categoria; volle invece arruolarsi volontario di 1° categoria, divenne caporale, e all’inizio delle ostilità venne gravemente ferito sul Podgora; rifiutò di venire considerato inabile, ma i superiori lo mandarono ugualmente in convalescenza. Nel settembre 1916, mitragliere della 333° Compagnia, combatté a Campomolon, si prese una seconda ferita e la promozione a sergente per merito di guerra; guarito dalle nuove ferite, si iscrisse a un plotone allievi ufficiali e, dopo la nomina a sottotenente, prese parte - con il 163° Fanteria - all’offensiva di Castagnevizza meritando la medaglia di bronzo al valor militare, un’altra ferita (e una broncopolmonite); trasferito al 20° battaglione d’assalto, combatté alle Grave di Papadopoli finché - la sera del 9 agosto 1918 - verme paracadutato (era la prima volta che volava) a poca distanza da Vittorio Veneto.
A mezzo di piccioni viaggiatori, di fuochi sulle montagne e con ogni altro mezzo fornì preziose segnalazioni per i nostri comandi, lo arrestarono due volte, fuggì, raccolse ufficiali e militari italiani sfuggiti alla cattura e nascosti tra i monti, sabotò e combatté e venne dato per morto; fu lui che accorse, con pochi dei suoi uomini fidati, all’aereo di Coleman De Witt, come prima accennato, precipitò in fiamme; vide i cadaveri bruciacchiati del pilota americano e dei tre militari italiani, e poiché stavano accorrendo gli austriaci, asportò dall’aereo una mitragliatrice mobile e numerose munizioni.
Tandura ebbe l’eroico sostegno della sorella Emma e della fidanzata Emma Peterle e ad entrambe venne conferita la medaglia d’argento al valore militare; a lui, divenuto alpino, venne riconosciuto l’onore della medaglia d’oro con la seguente motivazione:
Offertosi spontaneamente per altissimo sentimento patrio, ad una missione estremamente difficile, la conduceva a termine con fulgido ardimento e con fede sagace per tre mesi lottando con ferrea volontà e vincendo in diuturna sfida rischi e pericoli di ogni genere (Piave, Vittorio Veneto, agosto-ottobre 1918).
L’eroico vittoriese morì valorosamente in Africa nel 1937 e i suoi resti mortali sono giunti in Italia alla fine dello scorso aprile (1968) con quelli di 384 caduti tra i quali altre quattro Medaglie d’oro.
Oltre a Tandura (che nell’ultimo conflitto ebbe un figlio pure decorato di medaglia d’oro al valore militare) altri eroici ufficiali informatori meritarono la maggiore ricompensa al valore; il tenente degli alpini Pier Arrigo Barnaba, nativo di Buia. che operò prevalentemente nel basso Friuli, e i fratelli De Carli (Nicola tenente e Giuseppe caporale, entrambi dei bersaglieri) nati a Tiezzo di Azzano Decimo, a un tiro di schioppo dal confine della provincia di Treviso e che, pur essendo stati anche nella zona di Rustignè-Oderzo e forse a S. Giacomo di Veglia, svolsero la loro eroica azione prevalentemente in territorio delle provincie di Udine e di Venezia.
Nella schiera degli eroi che hanno meritato la medaglia d’oro esprimendo il loro valore in provincia di Treviso (essendo questa la finalità della presente rievocazione) va compreso GIACOMO CAMILLO DE CARLO.
Nato a Venezia nel 1892 ove studiò al liceo «Marco Polo» iscrivendosi poi alla facoltà di giurisprudenza alla università di Padova, De Carlo soggiornò, per lungo tempo all’estero apprendendo mezza dozzina di lingue straniere; compì il servizio di leva volontario di un anno conseguendo la nomina a sottotenente nel 9° reggimento cavalleria «Lancieri di Firenze».
Poco dopo l’inizio delle ostilità entrò a far parte del corpo aeronautico in qualità di osservatore, e sull’altipiano carsico meritò - il 14 agosto 1916 - una medaglia d’argento; il 16 febbraio 1917, pure nel cielo del Carso, ebbe la medaglia di bronzo; altra medaglia d’argento la guadagnò per le imprese compiute nel cielo carsico tra il maggio e l’agosto 1917.
Nella notte tra il 29 e il 30 maggio 1918 un velivolo italiano partito dal campo di Marcon di Mogliano scese in un prato nei pressi di Aviano, e il ten. De Carlo scese con il suo fido attendente Bottecchia e una gabbia di piccioni; mutate le divise con abiti da contadini, raggiunsero Fregona dove De Carlo poté incontrarsi con il suo fattore e altre persone amiche che agevolarono il suo compito con viveri e soprattutto con preziose informazioni che poi venivano trasmesse a mezzo di piccioni viaggiatori o con la convenzionale disposizione di lenzuola che i nostri aerei potevano rilevare. Sottoposto ad interrogatorio non si lasciò scoprire, e compiuta la sua opera - che sarebbe poi stata ripresa da Tandura - Camillo De Carlo riuscì a rientrare superando in barca il tragitto tra Caorle e Cortellazzo. Con la seguente motivazione - datata Fronte del Piave, agosto 1918 - l’eroico informatore venne decorato di medaglia d’oro al valore militare:
Con animo invitto ed indomita fede, superando prove di eccezionale difficoltà rendeva inestimabili servizi all’Esercito ed al Paese offrendo fulgido esempio di valore e di audacia.
Quando sono state stese queste note il comm. De Carlo era ancora vivo; si è spento il 29 marzo scorso (1968), a 76 anni, nella città di Vittorio Veneto che si sta apprestando a commemorare il cinquantenario della Vittoria alla quale questo leggendario eroe tanto contribuì con le sue eroiche e ripetute imprese. Ai funerali era presente una folla numerosa, la giunta comunale al completo, il picchetto armato, molte autorità; ma Camillo De Carlo - che tra l’altro fu a capo dell’amministrazione comunale di Vittorio Veneto dal 1931 al 1938, e che ha lasciato i suoi beni alla comunità - non voleva tutto questo: desiderava che solo i suoi vecchi e fedeli servitori l’accompagnassero al cimitero di S. Andrea, senza scomodare nessuno. I vittoriesi Gli hanno in ciò disubbidito, ma hanno fatto bene.
M. ALTARUI
(Nel prossimo numero verranno ricordate le ricompense al valore conferite a reparti combattenti in territorio trevigiano; le precedenti puntate sono state pubblicate nei numeri 1, 2 e 5 del 1967 e nel n. 2 del 1968).