1969 Il nostro cappello
1969
IL NOSTRO CAPPFELLO
Fiamme Verdi Giugno 1969
(disegno di Bruno Riosa)
IL NOSTRO CAPPELLO
Sapete cos’è un cappello alpino?
E’ il mio sudore che l’ha bagnato e le lacrime che gli occhi piangevano e tu dicevi: “nebbia schifa”.
Polvere di strade, sole di estati, pioggia e fango di terre balorde, gli hanno dato il colore.
Neve e vento e freddo di notti infinite, pesi di zaini e sacchi, colpi d’arma e impronte di sassi, gli hanno dato la forma.
Un cappello così hanno messo sulle croci dei morti, sepolti nella terra scura, lo hanno baciato i moribondi come baciavano la mamma.
L’han tenuto come una bandiera.
Lo hanno portato sempre.
Insegna nel combattimento e guanciale per le notti.
Vangelo per i giuramenti e coppa per la sete.
Amore per il cuore e canzone di dolore.
Per un Alpino il suo CAPPELLO è TUTTO.
IL TUO CAPPELLO
Sai perchè il tuo non è più un cappello alpino?
E’ il tuo fetore che l’ha dissacrato e le sbrodolature che le ubriache fauci perdevano e tu dicevi: “son porco schifo”.
Le cose più vane, fiocchi e fiori pestati, scritte generate da menti balorde, gli han fatto sparire il colore.
Cordini e sul nastro tante stellette infinite, pesi di gingilli e bagatelle, ritaglio di orli e altre riduzioni, gli hanno tolto la forma.
Un cappello così è un’offesa ai morti, una ingratitudine oscura verso Loro che son caduti baciando un vero cappello come se baciassero la mamma.
Ridotto a porta-chincaglie è invece da pattumiera e da abbandonare per sempre; perchè è un’insegna da carnevale e vergogna. per tutti;
straccio da scarpe e orinale per la notte, disonore per il Corpo e canzonatura dell’onore. Per chi mai fu vero Alpino il suo cappello è così.