1969 Nella vallata di San Daniele un crofisso a ricordo delle Penne Mozze - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
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1969 Nella vallata di San Daniele un crofisso a ricordo delle Penne Mozze

1969
Nella vallata di San Daniele un Crocifisso a ricordo delle Penne Mozze
Fiamme Verdi Ottobre 1969

I soci del Gruppo di Cison di Val marino, aderente alla Sezione di Vittorio Veneto, hanno lavorato alacremente affinché tutto fosse pronto per la suggestiva cerimonia indetta per domenica 14 settembre. Alla sommità di uno sperone roccioso hanno eretto un grande crocifisso in legno - di quelli tipicamente montanari - con alla base una piccola lapide sormontata da un cappello alpino e che reca la seguente dicitura: «Alle Penne Nere ovunque sepolte perchè riposino ora e tutte sotto il segno della Redenzione. Gli alpini di Cison».
Sono stati naturalmente necessari non pochi lavori per facilitare l’accesso: realizzare il sentiero gradinando in parte la roccia, fare un parapetto di legno, innalzare il pennone per la bandiera; e gli alpini del Gruppo hanno fatto tutto da soli, nelle ore libere dai propri impegni di lavoro e sotto la guida appassionata del capogruppo Giovanni Franceschet.
Alla cerimonia inaugurale, con il sindaco di Cison di Valmarino rag. Marcello De Rosso erano presenti il consigliere nazionale dell’Ana ten. col. A. Piasenti, nostro vice presidente sezionale, la madrina Maria Colles sorella di un tenente alpino caduto sul fronte russo, il col. Alfredo Bartolozzi artigliere alpino del IV Corpo d’armata, il vice presidente della Sezione di Vittorio Veneto e il capogruppo di Cison con tutti i suoi alpini, rappresentanze e popolazione.
E’ pure intervenuta una Sezione di Artiglieria da montagna del Gruppo Pieve del 6° Reggimento.
La messa al campo è stata celebrata da don Giuseppe Tonon, accompagnata con appropriate canzoni eseguite dal coro alpino di Cison, cui è seguita la benedizione della monumentale croce e della bandiera.

Hanno preso la parola il sindaco, il vice presidente della sezione vittoriese, e infine il ten. col. Piasenti che ha tenuto il seguente discorso ufficiale:
Signor Sindaco, Signor Colonnello, Amici Alpini,
è la prima volta che mi trovo in mezzo a voi, è la prima volta che ho il piacere di passare qualche ora in mezzo ai «Veci» e «Bocia» della Sezione di Vittorio Veneto e di rivolgervi la mia parola di Alpino, di commilitone come voi, e di trasfondervi - se ve ne fosse bisogno - un po’ del mio entusiasmo e della mia passione alpina.
Non sarà una tirata lunga, non allarmatevi, poiché noi alpini non siamo tagliati per le parole, ma per i fatti; saranno poche parole alla buona per esprimervi tutta la mia ammirazione per quanto avete fatto oggi e per dire a quanti ci ascoltano e non sono alpini, tutto il nostro entusiasmo e il nostro attaccamento alle tradizioni, al nostro cappello, alla nostra penna, alle nostre fiamme verdi, e tutto il nostro doveroso e profondo rispetto per i nostri Caduti.
Voi oggi avete portato a compimento due cerimonie suggestive e meravigliose; due cerimonie piene di quello spirito e di quel sentimento umano che solo noi alpini abituati a vivere in mezzo ai monti nella semplicità ed a contatto della natura, siamo capaci di capire e di esternare.
Una Croce e un pennone con la bandiera d’Italia: Dio e Patria. Binomio che sintetizza una ineguagliabile grandezza spirituale e una potenza morale, che dimostra la sensibilità del vostro animo e la purezza del vostro cuore.
Quante volte abbiamo invocato Iddio nei momenti tristi e cruciali della nostra vita, l’abbiamo invocato come àncora di salvezza, l’abbiamo invocato per darci conforto, l’abbiamo invocato per renderlo partecipe delle nostre miserie umane. Quante volte l’abbiamo visto nell’immensità del Creato, nella meraviglia dei nostri boschi, nel maestoso orrido degli abissi, nel candore dei nevai, nel mormorio dei ruscelli, nell’incanto dei nostri tramonti, nell’imponenza delle nostre cime. Noi alpini, combattenti e reduci, Lo conosciamo, lo adoriamo e lo ammiriamo nelle sue manifestazioni esteriori e tutto ci parla di Lui, perchè è nel nostro ambiente che Iddio ha esternato - a noi poveri mortali - la Sua grandezza e la Sua potenza, quell’ambiente in cui viviamo, che assorbe le nostre fatiche, il nostro sudore, che i nostri scarponi hanno calcato, quell’ ambiente che ha sentito i nostri sospiri e le nostre canzoni più belle.
Sotto questi due emblemi e per questi due simboli sono morti i nostri commilitoni nell’adempimento del loro dovere, e sono stati invocati dai nostri combattenti prima di esalare l’ultimo respiro. Dio e Patria.
Che le braccia della Croce proteggano come Madre Pietosa in un unico amplesso tutte le nostre Penne Mozze, facciano rispettare il sonno di chi per la Patria e per la Bandiera ha sofferto, patito e fatto olocausto della sua giovinezza. Accogli - o Signore - le nostre Penne Mozze nel tuo amplesso beato e guidale verso il Paradiso di Cantore.
Quante volte nel nostro peregrinare abbiamo visto e ci siamo fermati davanti a quei Capitelli ed a quelle Croci poste al bivio del sentiero o della mulattiera; e ci siamo fermati sia per riposare, per curiosità o per dire una prece! Questi sono sentimenti nostri, di cui siamo gelosi, come siamo gelosi dei nostri monti
e dei nostri confini. Ripeto «confini» e qualcuno bene ci intenda.
Monti, rocce, crode, ghiacciai, nevai, abissi, valli e boschi, meraviglie della nostra terra, invidia degli stranieri, sacrario dei nostri eroi che li hanno difesi nel nome della Patria - Italia, e voi alpini ne siete i custodi fedeli e tenaci.
Alpini e combattenti d’Italia; élite della nazione, cavalieri senza macchia e senza paura, eroi oscuri e muti di tutte le più epiche imprese, siete voi che custodite con la vostra spontaneità e con la vostra semplicità i sentimenti più puri e più umani, siete voi che sentite il bisogno di dimostrare la vostra esuberante passione ed i vostri elevati sentimenti con delle cerimonie di cui oggi abbiamo avuto uno dei più fulgidi esempi.
Dio e Patria. Binomio inscindibile di fede e di amore; binomio che noi sentiamo naturale perchè è la sintesi della nostra passione, perchè è lo scopo nostra vita associativa, perchè è proprio questo il legame che ci stringe fratelli e non può l’uomo animato da tali sentimenti essere malvagio e cattivo. Nella nostra grande famiglia non c’è posto per i perversi, per i traditori, per i denigratori dalla Patria.
Ho accennato ai legami che ci stringono fratelli di questa nostra grande famiglia, poiché è in questa immensa forza di affetti e tradizioni che si basa la continuità della nostra associazione che ai giovani affidiamo come una sacra consegna: Dio, Patria, Famiglia.
Alpini di Cison, Alpini d’Italia! Famiglia immensa di cuori generosi, famiglia che è invidiata per i suoi legami di fraternità e di solidarietà, che è di esempio per lo spirito di sacrificio cha li anima, uomini vecchi e giovani pronti ad osare, a dare e nulla chiedere se non il rispetto alle loro tradizioni, ai loro morti, il rispetto al loro cappello ed alla loro penna nera simbolo di tutti i valori morali e di tutte le virtù.
In questi periodi di contestazioni, in cui tutte le occasioni anche quelle sportive sembra debbano dare motivo a sfoghi inconsulti e barbari, in cui manca il rispetto della persona e della proprietà altrui, in cui sembra che la parola democrazia sia il beneplacito per tutti i vandalismi e per tutte le nefandezze, io dico povera Patria come ti hanno ridotta.
Allora mi volgo e guardo con compiacimento alla nostra Associazione che quest’anno compie il suo cinquantesimo anno dì vita attiva, feconda e prospera e dico che i nostri alpini non potranno mai arrivare a queste bassezze perchè troppo profondo è radicato il buon senso montanaro, lo spirito altruistico, il cameratismo che solo conoscono chi ha sudato, combattuto, vissuto fianco a fianco con l’amico col quale han diviso la stessa tenda, le stesse fatiche ed han bevuto nello stesso tazzino l’acqua limpida che sgorga dal ghiacciaio.
Quale triste spettacolo vedere le nuove generazioni, quelle che domani probabilmente saranno la mente direttiva della nazione, disfare, distruggere, abbattere tutto ciò che le nostre generazioni sono riuscite, malgrado tutto, a costruire ed a dare alla Patria, senza dare in cambio nulla di positivo e di concreto, se non una caparbia e irragionevole negazione del vivere civile.
Ed è merito vostro se questa nostra bella e grande «Famiglia Verde» è rispettata e benvoluta, se prosegue imperterrita in questo mondo di vergogna, se è un fatto su cui convergono le nostre nuove pure ed oneste generazioni alpine.
Ed è merito vostro, Alpini d’Italia, se questa nostra meravigliosa associazione è da tutti invidiata per la sua coesione, per la sua forza, per la sua vitalità, poiché essa ha le origini nel nostro profondo spirito alpino; nell’amore per la Patria e nell’attaccamento alle sue tradizioni di onore e di gloria.
Dall’alto delle nostre montagne, con la bandiera d’Italia in mano e con la Patria nel cuore, nuovi vessilliferi in un’era che non può durare, guardiamo in basso alle miserie morali che trascinano il Paese nella vergogna, e superiori a tutti i rancori ed agli odi di ogni parte proseguiamo la nostra strada senza farci contaminare né da lusinghe, né da minacce perchè la nostra coesione è superiore ad ogni forza disgregatrice.
Proseguiamo a testa alta, col nostro cappello e la nostra penna al vento, cantando le nostre canzoni più belle e gridando al mondo intero e con legittimo orgoglio: VIVA GLI ALPINI!
All’applaudito discorso sono seguite le felicitazioni ai promotori e ai realizzatori dell’iniziativa; al buon sindaco rag. De Rosso - e a riconoscimento delle molte benemerenze acquisite anche per le sempre benevise cerimonie patriottiche - un bimbo ha fatto dono di un cappello alpino a nome delle Penne Nere di Cison.
Un rinfresco all’aperto - nello stupendo scenario della Valle di S. Daniele, meritevole di una maggiore frequenza da parte degli amanti della natura - ha concluso questa bella cerimonia.
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