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NOTIZIE VARIE
Fiamme Verdi Aprile 1970
Nove alpini vittime di slavine
E’ stato un inverno spietato per i nostri Alpini in servizio.
Le disgrazie sono iniziate con la morte dell’alpino Silvano Dal Negro che il 22 gennaio venne travolto e sepolto da una slavina nei pressi del rifugio «Auronzo» alle Tre Cime di Lavaredo. Lo sventurato bocia, con altri tre alpini del battaglione Val Cismon guidati dal capitano Zenobio Alamari, era in ricognizione per assicurarsi della praticabilità del terreno - verso Val Marzon - sul quale pochi giorni dopo avrebbe dovuto transitare l’intera compagnia; la slavina è caduta da cinquecento metri e, sebbene di ampiezza limitata a circa venti metri, ha travolto i cinque uomini, quattro dei quali - compreso l’ufficiale - han potuto riemergere da soli. Il corpo del povero Dal Negro è stato ritrovato da «Vasco», uno dei cani da valanga prontamente portati in elicottero dal comando del Corpo d’Armata di Bolzano, e inutilmente trasportato all’ospedale di Auronzo; poi alla caserma «Carlo Calbo» di S. Stefano di Cadore per la veglia dei commilitoni fino ai funerali e il mesto ritorno alla natia Alleghe.
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L’Alpino ha pure ampiamente ricordato i sette bocia, del battaglione Bassano del 6° Alpini, uccisi dalla valanga nell’alta Val di Braies, ai piedi della Croda Scabra, mentre erano diretti a sistemare il poligono di tiro; erano tutti della provincia di Verona: Luciano Turata, Franco Bagolin, Fausto Baietta, Angelo Benedetti, Vittorio Bonfante, Bruno Pighi, e Luigi Rigo. Otto loro compagni sono riusciti a salvarsi, per due dei quali - Luciano Poletto e Nereo Viviani - è stato necessario il ricovero all’ospedale.
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Altra grave disgrazia è accaduta 18 febbraio quando il capitano Giuseppe Falconi, comandante la 69a compagnia del battaglione Gemona di stanza a Pontebba, nel periodo delle esercitazioni invernali nella zona di Valbruna di Tarvisio, stava battendo il sentiero - unitamente a un sottotenente. un sergente, un allievo sergente e due alpini - per limitare ogni insidia alla propria compagnia che avrebbe dovuto transitarvi il giorno successivo per un’escursione alla Cima dei Cacciatori. La slavina è precipitata quando la squadra si trovava sulla cresta delle Tre Cime, a oltre duemila metri di altitudine; ne è rimasto irreparabilmente travolto il capitano Falconi - nato 32 anni fa a Colle di Macine, in provincia di Chieti - sposato e padre di due bambini.
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La nostra Sezione si unisce commossa al lutto delle Famiglie e dei Reparti di appartenenza, e partecipa anche ad altro lutto che in modo inconsueto ha colpito la famiglia delle Penne nere.
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Oltre che per slavina si muore anche per l’emozione.
E’ accaduto il 22 febbraio a L’Aquila, mentre si svolgeva la parata degli alpini della Julia che avevano partecipato al campo invernale. Vi assisteva anche Giuseppe Pizzocchia, un meccanico di 26 anni che fu alpino in quei reparti e che, vinto da una intensa emozione, si è accasciato a terra; soccorso dai carabinieri di servizio, è morto mezz’ora dopo all’ospedale ove avevano tentato di rianimarlo praticandogli la respirazione artificiale e massaggi al cuore.
BRESCIA CI ASPETTA!
La «Leonessa d’Italia» - con i suoi ottomila Alpini testimoni dì innumerevoli Penne Mozze donate alla Patria - ci attende con sincera fraternità e comprovato patriottismo.
Oltre che col cuore siamo vicini a Brescia anche geograficamente per cui la nostra partecipazione alla 43a Adunata Nazionale è resa agevole per gran parte dei nostri Soci.
I Gruppi sapranno organizzarsi con autocorriere ed altri mezzi di trasporto; anche i viaggi per ferrovia sono frequenti e solleciti,
Ricordiamoci però di acquistare la tessera-adunata, il cui introito è destinato a sostenere le spese per la realizzazione del nostro grandioso annuale raduno.
TEPPISMO
La sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha qualche tempo fa dichiarato non punibile la propaganda antinazionale, è stata da taluni teppisti - anziché intesa come mezzo di libertà da usare proprio con responsabile e maturo senso «nazionale» (e non vogliamo qui intrattenerci con maggiore ampiezza) - in mala fede interpretata come sollecitazione ad offendere i valori nazionali sui quali - e unicamente - è basata la coscienza unitaria di ogni popolo civile.
I fatti sono divenuti tanto numerosi che non basterebbe un giornale come questo per elencarli compiutamente. Alcuni sono clamorosi, come le bombe scoppiate sull’Altare della Patria a Roma in coincidenza con gli atti terroristici consumati lo scorso dicembre a Milano, ma altri sono di «consistenza» locale e diffusi con preoccupante frequenza.
In ottobre - a Torino, sul Colle della Maddalena - otto giovinastri hanno danneggiato con un ordigno esplosivo l’arca dedicata agli arditi caduti nella prima guerra mondiale; in precedenza avevano lanciato bomba contro una scuola dove alcuni di essi erano stati bocciati, e per l’attentato al monumento si sono giustificati dicendo che intendevano giocare.
In novembre sono state tracciate con vernice rossa due grandi svastiche sulle lapidi dei Caduti collocate nella sede municipale di Mestre.
Nella nostra provincia il Consiglio direttivo della Federazione dei combattenti e reduci - riunitosi
20 febbraio - ha votato un ordine del giorno che interpreta lo sdegno degli associati e della popolazione della Marca per tre bravate recentemente poste in atto: ad Arcade dove, su due cimeli di guerra, i soliti ignoti hanno scritto «viva la pace» (e siamo i primi ad essere d’accordo), «voi uguale Vietnam» (questa è una cretinata che nessuno riesce a capire), e altre robe del genere; a Mogliano hanno rovesciato un bidone di immondizie sulla statua della Vittoria che sovrasta il monumento ai Caduti; a Treviso se la sono presa (abissale esempio di stupidità) con la lapide collocata a Porta Santi Quaranta a commemorazione dell’ingresso dell’esercito italiano liberatore nel 1866.
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Quando si sarà toccato il fondo del pozzo antinazionale sarà necessario risalirlo.
Una consolante notizia ci giunge da S. Biagio di Callalta dove gli alunni della locale Scuola Media statale, guidati dal proprio preside, hanno provveduto a restaurare un monumentino che sorge - a lato della chiesa - sulla fossa che contiene i resti di decine di nostri soldati morti a seguito dei combattimenti susseguitisi nel 1917 e ‘18 nella vicina zona di Fagarè. In quel tempo la chiesa era stata adibita a ospedaletto da campo, e i tanti che vi morirono vennero sepolti fino a riempire l’attiguo cimitero (venendo poi traslati nel Monumento-ossario di Fagarè) e altri nel sagrato della chiesa in una unica fossa sulla quale i commilitoni eressero un cippo sormontato da un’aquila ad ali spiegate; è appunto questa tomba e questo cippo che abbisognavano di sistemazione. E a ciò hanno provveduto, anche finanziariamente, i giovani studenti i quali hanno pure collocato una lapide di travertino con una riconoscente dedica e una corona di bronzo; un tappeto erboso e alcune piante di sempreverdi completerà la meritoria opera di restaurazione del monumentino, dietro al quale - sul muro della chiesa - verranno sistemate le lapidi che ricordano tutti i cittadini di S. Biagio che sono caduti per la Patria.
La nuova sezione degli Artiglieri in congedo di Castello di Godego è stata recentemente inaugurata con l’intervento del sindaco Luigi Milani, dell’arciprete mons. Barbiero, e del presidente provinciale magg. Cav. Attilio Innocente; prestava servizio un picchetto in armi. E’ stata deposta una corona al monumento ai Caduti e consegnata la bandiera alla nuova sezione.
Gli obiettori di coscienza in carcere in Italia - con pene variabili dai tre ai tredici mesi - sono attualmente 53; altri 16 sono detenuti in attesa di giudizio per lo stesso reato.
La Medaglia d’oro Angelo Ziliotto è stata commemorata dal prof. Romano Cogo nel corso dell’assemblea annuale dell’Unione nazionale italiana reduci di Russia, svoltasi il 25 gennaio a Treviso nell’anniversario della battaglia di Nikolajewka; la riunione associativa era stata preceduta da una messa a suffragio dei centomila caduti e dispersi sul fronte russo, e che è stata celebrata - nella cappella dei Caduti adiacente alla chiesa votiva di Treviso - da padre Carlo Marangoni alla presenza di autorità comunali e militari.
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Il 24 febbraio è deceduto a Udine il Generale degli Alpini Gerardo Sibille-Sizia, decorato di medaglia d’argento e di quattro medaglie di bronzo; la salma è stata sepolta nel cimitero di Tarcento.
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Una interessante iniziativa è stata assunta dal ministero della Difesa a favore dei soldati che intendono conseguire la licenza media durante il servizio militare; di intesa con il ministero della Pubblica Istruzione sono stati istituiti corsi di recupero e di aggiornamento culturale. Al 31 gennaio i corsi funzionanti erano 236 con 4869 frequentanti; dei 9669 militari che hanno finora sostenuto l’esame, ne sono stati promossi 5129.
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Il 14 dicembre è avvenuta la cerimonia della consegna - all’alunno Paolo Fusaro - della borsa di studio lodevolmente istituita dal Gruppo alpino di Follina in occasione del 50° anniversario di fondazione dell’ANA e del 38° di costituzione del Gruppo; l’alunno prescelto ha redatto un breve saggio sulla vita degli alpini.