1970 Salvare l'Adamello - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

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1970 Salvare l'Adamello

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SALVARE L’ADAMELLO
I LEONESSI AL PASCOLO
Fiamme Verdi Aprile 1970

A Brescia c’è un ente che indovina il presente con fatale precisione. Infatti ha indovinato che ai piedi dell’Adamello, in Valcamonica, la gente per far passare la fame canta e tira la cinghia: come a dire la cinghia allegra.
Stando così le cose questo ente ha fatto stampare nel 1966 un opuscolo su carta patinata (sciabile) dove c’è spiegato il modo di solcare e affollare l’Adamello percorrendolo velocemente senza posa sulla neve immacolata e senza i sintomi della penitenza.

Per tirarsi indietro da ogni responsabilità (la prùdensa l’è mai assé, dicono i bergamaschi e probabilmente anche i bresciani) e per non avere seccature ad alto livello in caso di corbelleria questo ente leonesso ha pensato di non far niente di testa sua (solo l’idea!) ma di lasciare fare tutto alle teste degli altri ossia a quelle di una dozzina di maestri di sci dando loro la commissione di vedere, considerare e poi sentenziare circa i tempi, le fasi e le movenze necessarie ai solchi delle folle.
Leggendo la Presentazione dell’opuscolo impariamo anche una fiaba ignota; e cioè che forse Adamello è il vezzeggiativo di Adamo. Adulatori! Infatti sentite che splendida domanda è questa e come è scritta bene:
Che sia un da allora (cioè dall’epoca della guerra 1915-18) scoccato il momento magico di questo immenso complesso di ghiacciai e di nevi eterne, i cui pianori, pendici e balze saranno solcati e affollati da uomini che senza divisione di barriera qui saliranno in spensierata distensiva ricerca di salubrità e di gioia, sotto il sorridente bianco-barbuto sguardo dell’antico e sempre nuovo Adamo?
Quando si fanno di queste domande la risposta viene da sé con una grassa risata. Ciò sia detto non per cattiveria ma per far vedere che l’opuscolo intitolato COME POTREMO SCIARE SULL’ADAMELLO è anche istruttivo e tiene allegro il prossimo.
Poi comincia, subito dopo la presentazione, il ricevimento cioè un componimento da quarta classe elementare intitolato PRIMA SULLA LUNA O PRIMA SULL’ADAMELLO? con certi periodi lunghi mezzo metro dove si perde la strada e si rimane soffocati dalle parole grosse e ampie come valanghe; ma poi, per sapere che cosa ?
Ecco qua che cosa si viene a sapere: che l’Adamello è terra promessa al turismo (i promessi sposi!). Finora abbiamo sentito arrivare l’odore dei suoi fieni. Rischieremo l’inedia, indugiando, asini di Buridano nella scelta dei covoni?
Dunque leonessi come li chiamo io e asini come si battezzano loro.
*
Adesso usciamo dal figurato ed entriamo nel seminativo arborato per dire io pane al pane e loro neve a borsa bianca invece di neve a borsa nera.
Il secondo scopo (il falsoscopo usato in artiglieria) dell’iniziativa bresciana è quello di sollevare gli affamati. In Valcamonica un po’ di fame ci deve essere perchè c’è poco lavoro e, si sa, è una valle sedentaria. Se intanto si lavorasse a costruire una prima funivia si comincerebbe a sollevare, se non proprio gli affamati, per lo meno coloro che la fame non se la sognano nemmeno. Sarebbe un primo passo verso il sollevamento in alto: di chi, poco importa. Una funivia si fa presto a costruirla: pochi mesi, ma intanto gli affamati che lavorano dietro alla funivia migliorano la vita per questi pochi mesi. E poi? Di nuovo fame. Allora altra funivia. E così fame-funivia-famefunivia, verrà bene un momento che di funivie sull’Adamello non ne occorrono più e allora di nuovo fame. Ma intanto saranno passati diversi anni e la fame passando a intervalli di tempo di padre in figlio, sempre attaccata al mito della funivia, resterà in sostanza quella che è sempre stata: fame famosa.
Per contro le società che avranno costruito le funivie con la scusa di sollevare gli affamati avranno invece sollevato loro stesse tanto, e praticamente così bene, da raggiungere rispettose quote di ricchezza onde in varie contrade del bresciano si potrà sempre cantare: siamo ricchi e poveri
Secondo l’autore del componimento cui ho già fatto cenno tutti potranno, con pochi soldi, godere l’abbandono nel «miro gurge» dantesco del Pisgana, con guizzi e gridi di rondine da gronda a gronda, suprema festa per qualsiasi sciatore.
Che la Poesia sia proprio nata in un serraglio? Ma lasciamo correre. E’ giunto l’istante di dare ascolto all’altra campana. L’ente leonesso mi farà sapere che tutte quelle funivie e sciovie che si costruiranno sull’Adamello, tante e così tante al punto che non si saprà più quale prendere per far più presto a rovinare i nevai, solleveranno un mucchio di sciatori i quali avranno pur lasciato la prova del loro passaggio in Valcamonica: un grappino di qua, mezza pinta di là, Coca-Cola con pizza alla napoletana, fotografie di Adamo in costume evanescente, fazzolettoni dell’unità d’Europa aggiornata a tutto il corrente anno, fazzolettini ricamati per costumi adamitici; e poi pranzi e cene con pernottamento come in tutte le parti del mondo dove passa molta gente; tutto fa perchè tutto resta in Valcamonica oggi percorsa solo da pochi sciatori in cerca di neve a borsa nera o di disperazione.
L’ente leonesso offre invece la neve a borsa bianca. Dice: io con pochi soldini solleverò il mondo. ossia tutti quanti per farli salire alle stelle in luoghi dove oggi per arrivarci ci vogliono molti soldoni. Non siete contenti? No, non siamo contenenti. Ecco il perchè:
La guerra europea, cominciata nel 1915 e terminata nel 1918, passando tutt’altro che di striscio sull’Adamello gli ha dato una nobiltà che è più celebre di quella di Adamo. Perchè se ad Adamo molti non ci credono nemmeno all’Adamello ci credono tutti. Ora quando si crede in una cosa bisogna avere un gran rispetto della sua storia. Trasformare (o come ipocritamente si dice oggi valorizzare) i campi di battaglia dell’Adamello in pascoli per i leonessi non v’è persona di criterio che non la veda una scempiaggine. Quando poi la scempiaggine è causata motivi di puro tornaconto privato allora bisogna parlare solo di gogna e vergogna.
Qualora non si volesse pensare più alla passata guerra europea (e ciò sarebbe strano in un’Italia che per quattro anni ha celebrato il cinquantenario terminato purtroppo alla fine dell’anno 1968: quattro anni di cerimonie al caldo e al freddo che poi finiscono con l’essere tutte uguali e a stufare un tantino) dunque, dicevo, se non si volesse più pensare alla guerra europea e ai poveri alpini morti sull’Adamello e si volesse invece pensare, così attorniati di pace come siamo, alla sola madre natura vedremmo che l’Adamello ha il diritto di restare isolato come l’Inghilterra dal mondo, nudo come Adamo, e di non venire spalancato alla pastura dei leonessi mediante varchi o traghetti praticati per mezzo di macchinari.
Noi non diciamo ai leonessi di restare a casa, in gabbia, a patir la fame principale di montagne - no, non lo diciamo - ma diciamo loro di andare sull’Adamello senza mangiare i panorami.
Il fatto è questo. Una volta che tutti dicono che le montagne sono dei monumenti, delle cattedrali, delle chiese, delle opere d’arte sublimi della natura perchè non finire il discorso dicendo che le montagne non si devono sporcare? Per lo meno le montagne celebri della guerra europea come la Marmolada, la Tofana, l’Adamello.
Lo approvereste, voi bresciani di religione cristiana, un salone da ballo sul tetto del Duomo di Milano? Oppure un otto volante attorno alle cupole del San Marco di Venezia? No, di sicuro. E allora lasciate stare l’Adamello. E’ la stessa cosa.
Per risolvere la fame che si soffre nelle valli, per sollevare la Valcamonica bisogna studiare altre provvidenze che non guastino le montagne. Di questo se ne devono occupare tutti tranne coloro che costruiscono funivie.
*
Quella brava dozzina di maestri di sci dopo aver girato quattro giorni attorno all’Adamello, ha emesso cinque separate sentenze e il capo di quel tribunale ha apposto la sua firma in fondo a un’articolessa conclusiva con la quale si chiude l’opuscolo di cui sto facendo questa specie di recensione.
Nel cuore dell’articolessa si leggono queste immaginarie parole: se dipendesse da me lascerei l’Adamello intatto; e dopo un po’ queste altre sinonime delle prime: se fosse in mio potere risparmierei all’Adamello simili brutture.
Ma se è proprio così perchè, caro amico, ti sei intruffolato in questa faccenda? Sono figure da fare?
Nei piedi dell’articolessa troviamo invece che le cose sono molto cambiate tanto che salta fuori, puntuale come del resto si sapeva, la seguente profezia metà sua e metà di Elia: E’ un piano che potrebbe sembrare il sogno di un pazzo, ma che potrebbe diventare in un avvenire più o meno lontano una realtà qualora le due province, di Brescia e di Trento, che si contendono territorialmente l’Adamello, unissero i loro sforzi per conservarlo come la natura lo ha creato, cioè un «tutto» unico e indivisibile da valorizzare in blocco.
Come se si trattasse di una rara statua di Adamo dal sorridente bianco-barbuto sguardo che a segarla in quattro pezzi per venderli a borsa nera si finirebbe al manicomio o in galera.
EUGENIO SEBASTIANI
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