1975 35 anni da CIAFA GALINA - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

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1975 35 anni da CIAFA GALINA

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35 ANNI DA CIAFA GALINA
Fiamme Verdi Dicembre 1975

Il «furiere onorario» del battaglione «Cadore» - Alfredo Molinari - ha chiamato a raccolta, ancora una volta a Conegliano, i reduci della battaglia di Ciafa Galina che venne combattuta aspramente su quel tormentato tratto del fronte greco-albanese l’8 e 9 dicembre 1940.
Con il vessillo della nostra Sezione c’erano i gagliardetti dei Gruppi di Lozzo di Cadore, Pieve di Cadore, Conegliano-città, Pieve di Soligo, Ogliano, S. Vendemiano, e Mareno di Piave.
Erano presenti l’attuale comandante del battaglione «Cadore» ten. col. Pacotti con una rappresentanza di alpini del battaglione i quali hanno recato a Conegliano il vecchio gagliardetto del reparto, e il col. Gerosa, il magg. Botta, il cap. Ferro, il ten. Narduzzo e l’attuale comandante della 66a del «Feltre»; e inoltre il comm. Nagher Scodro vice presidente della Sezione di Treviso e reduce del battaglione «Cadore», alcuni consiglieri della Sezione «Cadore» e di quella di Vittorio Veneto. Della Sezione erano presenti il presidente prof. Vallomy, con vari consiglieri e numerosi decorati tra cui le medaglie d’argento Rossi, Battistuzzi e Orubolo.
Dopo la Messa celebrata nella chiesa di S. Martino, i partecipanti si sono riuniti nell’adiacente sala dove il ten. Molinari ha dato lettura dei messaggi di adesione tra cui quelli della vedova del ten. col. Perico e del comandante del V Corpo d’Armata alpino gen. Zavattaro Ardizzi.
Apprestandosi a ricordare la sanguinosa vicenda di Ciafa Galina, Molinari ha ricordato che alla cerimonia si sono uniti i rappresentati della 66a compagnia del «Feltre», della Compagnia Comando Reggimentale del 7° e del plotone del s. ten. Narduzzo del btg. «Val Fella» che condivisero gli ingrati sacrifici di quei giorni.
Fra le 12 e le 13 di quell’8 dicembre iniziò l’attacco.
Mi sembra ancora di vederlo il sottotenente Fumei, che era un po’ più in su per lavori di sistemazione del plotone mitraglieri, gridarci, agitando le braccia: «vengono, vengono, attaccano», e contemporaneamente arrivarono le prime salve di artiglieria.
Così ebbe inizio il combattimento di Ciafa Galina che è rimasto impresso fino ad oggi nei nostri animi per la drammaticità del suo svolgimento e per l’impressione d’inutilità del valore umano e dell’attaccamento al proprio simbolo quando è carente l’organizzazione di sostegno. Ci gettarono su un dosso, per una parte monte e per l’altro collina e ci ordinarono di combattere. Colui che ci dovette trasmettere quell’ordine, conscio della sua gravità, venne a morire fra noi: il Comandante del 7° Alpini.
Contro un reggimento da montagna fortemente dotato di artiglierie e di mortai combattemmo senza l’ausilio d’artiglierie e con una dotazione di fuoco sufficiente per poche ore. Ma per dare a quel dosso il significato che ha oggi per noi Ciafa Galina bastò che si rivelasse in noi l’attaccamento al nostro Battaglione.
Anche il giorno successivo piovve continuamente; nemmeno la modesta e desiderata scatoletta c’era; le nostre file si andavano sempre più diradando, non speravamo in aiuti, chiedevamo solo munizioni o almeno bombe a mano, ma non arrivarono. Arrivarono i resti della provatissima 66° compagnia del «Feltre», reduce dal duro combattimento di Koprenska; anche loro con scarsissime munizioni. Tuttavia resistemmo per due giorni ed una notte.
Per il Col. Psaro, per l’alpino Pachner, per il Cap. Tarabini, per l’alpino Mosena, per il sottotenente Luzzato, per l’alpino De Nardi e per tutti gli altri cari compagni che lassù immolarono la loro preziosa vita recitiamo oggi una nostra preghiera, perchè sentano che li consideriamo sempre a noi vicini.
Moltissimi altri, feriti, bagnarono col loro sangue generoso quella terra e lasciarono su quei sassi brandelli della loro carne; molti di loro ora sono qui con noi, lieti e commossi di ritrovarsi tra vecchi amici.
Dopo la conclusione - che ha recato unanime commozione - i reduci di Ciafa Galina hanno deposto alla targa collocata sull’edificio ove nacque il 7° Alpini (e anche il 6° Reggimento, cosa che i coneglianesi sembra non vogliano capire) una corona d’alloro in memoria del col. Rodolfo Psaro - unico comandante del 7° decorato di medaglia d’oro - e altra corona al monumento ai Caduti in omaggio al sacrificio di tutti i veci del Battaglione. Poi tutti si sono recati al cimitero di Conegliano, attorno alla tomba del Ten. Col. Perico, l’indimenticabile eroico comandante del battaglione «Cadore» a Ciafa Galina.
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