1985 Perché San Maurizio è il nostro protettore
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Perché San Maurizio è il nostro protettore
Fiamme Verdi Giugno 1985
Da "Scarpe grosse" - Periodico della Sezione "Alto Adige" - Anno 35° - I sem. - n. 2
Il 22 settembre ricorre la festa di San Maurizio che come a tutti è noto, con Bolla pontificia di Pio XII, è stato proclamato protettore di tutte le truppe alpine. Forse è meno noto chi era San Maurizio ed il motivo di questa scelta.
Grande condottiero dell’esercito romano, capo della Legione Tebe, specificatamente preparata per la guerra in montagna anche se oriunda dall’Egitto, Maurizio aveva con i suoi uomini più volte valicato le Alpi, compiendo imprese che in quel tempo non erano certamente facili né da sottovalutare. Se la «penna nera» fosse già stata in uso, certamente quei prodi soldati l’avrebbero orgogliosamente issata sui loro elmi. Questa specializzazione sarà stata certamente valutata nella scelta del nostro Patrono!
Ma diciamo di Maurizio. Nel primo periodo del regno di Diocleziano, circa nel 286 dopo Cristo, giunse a Roma la notizia che nella Gallia era scoppiata una furiosa rivolta di sudditi che, raccolti in grossi gruppi operavano lungo le vie di comunicazione con Roma ed impedivano i regolari rifornimenti alle truppe di occupazione. Venne pertanto dato incarico a Massimiano di formare una spedizione atta a domare la rivolta. A far parte della spedizione venne chiamata anche la Legione Tebe; che si partì dalla Liguria e dopo lunghe marce, valicando il Gran San Bernardo, si accampò presso il fiume Rodano, a circa 60 miglia da Ginevra, in un punto dove si apriva fra i monti la vasta valle di Agauno.
Fu durante questo soggiorno che Massimiano, ordinato il concentramento ad Octodure (l’attuale Martigny), volle che l’intero raggruppamento offrisse agli dei sacrifici atti ad ottenere il loro aiuto nei difficili combattimenti cui si apprestavano.
La Legione Tebe;, forte di 6.666 uomini, era in gran parte formata da cristiani e si rifiutò di compiere un gesto che veniva reputato sacrilegio per la fede che professavano. Non vollero smentire il loro «credo» ricordando che prima di essere soldati dell’imperatore erano soldati di Cristo. Il crudele Massimiano decise che dieci soldati venissero estratti a sorte, flagellati ed uccisi davanti ai loro compagni per impaurirli e persuaderli a sacrificare.
Ma gli eroici cristiani non vacillarono, non cedettero.
Fuori di sé, L’imperatore ordinò la decimazione per disobbedienza, terribile pena inflitta solo ai disertori. La Legione venne divisa in centurie. Sfilarono davanti ad un ufficiale che li contava: uno, due, tre, quattro ... il decimo era fermato ed interrogato. Al rifiuto di compiere i sacrifici il prescelto veniva ucciso. Seicentosessantasei martiri dopo la prima decimazione e la fede restò incrollabilmente ferma in quegli animi forti. Neppure Valerio Trebone, comandante della Legione Ferrea, mandato da Agauno per indurre i legionari di Tebe a recedere dal loro proposito, minacciando una seconda decimazione, poté costringere alcuno alla volontà dell’imperatore pagano. Mossero allora tutte le altre Legioni contro Maurizio e i suoi. Gli eroi deposero le loro armi, gettarono l’elmo, la corazza e lo scudo ed offersero il loro petto inerme ai carnefici.
Angaval