1988 Una giornata con il Btg Pieve di Cadore
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Una giornata con il “Pieve di Cadore” sulle Tre Cime di Lavaredo
Fiamme Verdi Giugno 1988
Ero ancora un ragazzino quando ricevetti in regalo da mio zio un ritratto delle Cime di Lavaredo; ne fui felice perchè la montagna è stata sempre la mia passione. Pensai che sarebbe stato bello scalare una di quelle cime ed ammirare gli splendidi paesaggi dolomitici che da lì possono essere goduti.
Sono passati molti anni da allora ma, finalmente, il 30 giugno 1987 posso ammirare quei monti insieme agli Alpini della 75° Compagnia del Btg. “PIEVE DI CADORE”, con i quali, percorrendo il sentiero Bonacossa, ho raggiunto il rifugio “Auronzo”.
I miei compagni di marcia sono tutti ragazzi della classe 1967, provenienti dall’Emilia-Romagna, e dalla provincia di Vicenza; con questi giovani, in qualità di tenente richiamato per acquisire titoli al fine dell’avanzamento sto per realizzare quello che per me, fino a pochi giorni fa, sembrava un sogno irrealizzabile: l’ascensione sulle Cime di Lavaredo.
Il giorno prima “dell’impresa” ho l’opportunità di conoscere meglio il nostro Comandante di Battaglione, il Ten. Col. Roberto STELLA, il quale non fa altro che andare su e giù per le cime in questione con i suoi istruttori di roccia per attrezzare i vari itinerari, in modo tale che la salita degli alpini avvenga nella massima sicurezza.
Ormai è tutto pronto per l’ascensione ed il mattino del 2 luglio, alle ore 4, sono già sveglio quando il Cap. Affini mi dice: ... Come va, Di Benedetto?. — Ovviamente, anche se ho superato i trentacinque e sono fuori allenamento, l’entusiasmo per un’escursione come quella che m’accingo a fare mi assale. Finalmente, dopo la colazione, si parte per quella che sarà una “passeggiata” indimenticabile.
Sicuramente i ragazzi della classe “67”, in servizio alla 75a aveva no ragione quando mi dicevano di formare una buona compagnia; l’avevano dimostrato nelle precedenti escursioni, prima d’arrivare al rifugio “Auronzo” percorrendo oltre 100 Km. in ambiente alpino e oggi, nella marcia più importante, si comportano in modo meraviglioso.
Essi procedono in silenzio, se necessario danno una mano od un incoraggiamento all’amico, onorando così le più belle tradizioni delle truppe alpine. Dopo la terza ora di marcia la fatica comincia a farsi sentire, ma subito sparisce quando improvvisamente le nuvole scompaiono per lasciare posto ai Cadini di Misurina o al lago d’Antorno.
Cosa dire di questi ragazzi della classe 1967 che mi accompagnano in quella che per me è “un’impresa”? Una volta ho sentito dire che i ragazzi d’oggi non hanno il necessario coraggio per affrontare le difficoltà della vita, ma, davanti a questi ragazzi, che sotto il peso dello zaino avanzano verso la cima, sicuri di poterla raggiungere, quelle parole suonano come un insulto. Questi giovani militari mi guardano con simpatia, quasi mi volessero far coraggio, mi danno consigli su come ci si aggrappa alla roccia, e così tra un incitamento ed un “sasso”, gridato a gran voce per avvertire che una pietra si è staccata e rotola giù minacciosa, si raggiunge la cima. Appollaiati sulla vetta ascoltiamo la “Preghiera dell’Alpino”, recitata dal Cap. Affini e il mio pensiero è rivolto a quei giovani anch’essi Alpini che tantissimi anni fa, durante il primo conflitto mondiale, raggiunsero anche loro questa vetta trascinando fin qui addirittura un faro per illuminare lè postazioni nemiche.
Improvvisamente anche la Cima Ovest, fino a poco tempo prima coperta da una nuvola si scopre alla nostra vista lasciandoci vedere gli Alpini della 67° compagnia che, al comando del Cap. Sperotti, hanno raggiunto anch’essi l’obiettivo e, in basso alla nostra destra, la celebrata “Piccola di Lavareda”, che il plotone alfieri già avvolge nel fumo tricolore.
Da questa altezza tutto è bello, ci si sente pieni di soddisfazione per la meta raggiunta e, nel contempo, si pensa con affetto ai cari lontani, alla propria famiglia giù nella valle o nella grande città.
Per tutti rimarrà il ricordo di una meravigliosa giornata in cui con l’animo sereno ci siamo sentiti più vicini a Dio, ed io alpino fra gli alpini ho ringraziato l’onnipotente per quel dono bellissimo che sono le montagne.
Tenente richiamato
UMBERTO DI BENEDETTO