1987 E' morta la Cadore - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

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1987 E' morta la Cadore

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BRIGATA CADORE
Agosto 1997
Truppe alpine e Brigata “Cadore”
E’ MORTA LA “CADORE”: VIVA LA “CADORE”
Storia di umile eroismo e di grande amore

La fanfara alpina della "Cadore"


La bandiera di Guerra del glorioso 7° Rgt

Venerdì 10 gennaio 1997 a Belluno in Piazza Martiri, l’ex Capo di Stato Maggiore Bonifazio Incisa di Camerana, in obbedienza Ada una delibera del nostro Parlamento congedava, fra le amarezze dei militari e le polemiche a distanza dei politici, la “Brigata Alpina Cadore”.
”Esce dai nostri ranghi, ma non dal nostro cuore”, sono state le parole del Comandante del IV Corpo d’Armata Alpino, gen. Angelo Becchio.
Queste parole possono spiegare perché quella mattina, disertai Belluno  e  mi recai al Bosco delle Penne Mozze a Cison di Valmarino: rispondeva ad un bisogno profondo di immergermi, ancora una volta, nella storia dei nostri montanari e valligiani, nella storia gloriosa e tormentata, dei nostri Alpini.
Le poche conoscenze storiche, mi portarono molto al di là delle stele che ricordano le nostre gloriose Divisioni: Taurinense, Alpi Graie, Cuneense, Tridentina, Julia, Pusteria,
Le popolazione montanari hanno dovuto cominciare molto presto a giocare la loro vita per difendere le loro terre, le loro famiglie, la loro cultura.
Come non ricordare, ad esempio, l’opposizione fatta nel 1403 da Friulani e Cadorini, organizzati nelle diverse zone in “cernide” (unità di cento uomini validi sai 18 ai 34 anni), al conquistatore Duca Massimiliano d’Austria?
E la storica “Battaglia del Cadore” del 1508, ricordata anche da un quadro del Tiziano, per fermare Massimiliano d’Austria, proiettato nella sua volontà di conquista della pianura veneta?
Ed il sostegno dato dalle “cernide” valligiane alle truppe Veneziane del Giustiniani contro l’Austria, nella “guerra di Gradisca” del 1615-17 ?
E poi, sempre, piccoli gruppi di montanari valorosi contro il potere sempre più forte e numeroso, con il bruciante dolore delle ritirate e sconfitte, ma anche con momenti esaltanti di vittorie pazientemente e a lungo costruite?
E per fare un salto lungo lungo, come non ricordare il valore delle bande di Volontari Cadorini e Bellunesi che, nel 1866, respinsero a Treponti un Corpo austriaco che, approfittando dell’armistizio concluso a Cormons, tentava subdolamente di sottrarre all’unità d’Italia l’intera provincia dell’Alto Piave?
In quell’occasione G. Garibaldi ebbe a scrivere: “... essi (le bande di volontari Cadorini e Bellunesi) con armi meschine, ma con forti propositi (all’assalto avevano risposto, mostrando i petti) ricacciarono il nemico, mantenendo così i gloriosi ricordi del ‘48, epoca memoranda, in cui le montagne del Cadore furono il sacro asilo dell’onore italiano”.
La medaglia d’oro al  valor militare, di cui dal 1898 si fregia il Gonfalone del Comune di Pieve di Cadore, è la testimonianza del buon diritto delle popolazioni Cadorine ad essere considerate degne precorritrici del valore degli Alpini d’Italia.
E’ del 1872 la nascita ufficiale delle truppe Alpine: 15 compagnie (su 250 uomini di truppa), portate a 24 nel 1875 e a 36 su 10 battaglioni nel 1878.
Meravigliosi i nostri Alpini nella loro formazione umana, sociale e strategica. D’estate le compagnie, e per quanto ci attiene la 22a, la 34a, la 35a che, unitamente alla 36a, costituivano il X° Battaglione di stanza a Conegliano, si trasferivano rispettivamente a Feltre, ad Agordo, A Pieve di Cadore, a Tolmezzo: era la loro sede estiva. Vi si recavano il 1 maggio e ritornavano ai primi di novembre. In questo periodo, oltre alle escursioni  ed all’addestramento, provvedevano a lavori stradali, costruendo sentieri e mulattiere ed anche baraccamenti, secondo progetti di difesa che contemplavano vie d’accesso a località particolarmente importanti, nonché la relativa attrezzatura perché i reparti potessero permanervi a lungo in qualsiasi stagione.
Dal piazzale, mi addentrai nel Bosco, monumento degli alpini viventi agli Alpini caduti del Trevigiano e cercai i segni del loro passaggio umile ed eroico nella nostra storia più recente.
Mi incontrai con Alpini facenti parte del “Corpo speciale d’Africa”. E nelle stele, una data: 1 marzo 1986. Adua: momento di follia e di morte!
E, più avanti ancor agli Alpini del Battaglione “Feltre” caduti nel 1912 nell’esaltata conquista dell’Assaba in Libia.
Mi ritornava dentro però, con prepotenza, con voci e parole che mi sembravano note, il grande incendio che investì tutte le nostre montagne e le nostre valli nel 1915-18 a difesa dei confini della Patria. E il grido del Sottotenente Giulia Bevilacqua (divenuto poi Cardinale), comandante di plotone, a commento dei mesi orrendi di quella guerra: “... mesi di vendemmia per il sangue Alpino, quando avemmo ferro per pane, fuoco per bocche senza saliva, sputi per compenso; quando la sera dell’immolazione restammo inchiodati lassù, soli a saporare l’ultimo fiele della bevanda atroce!... Ore impregnate di eternità, quando neppure la speranza poteva infrangere le porte di quelle tragica fatalità. Totale penetrazione di morte nell’ultimo filo di vita. Il pericolo non era di morire: era di impazzire!...”
La storia delle nostre valli e del nostro Cadore, come quelle di tutto l’arco alpino orientale è un libro tessuto “con gli stracci della carne e lo splendore dell’anima alpina”.
Ritornano i nomi dei Caduti del 7° Alpini ed il ricordo dei loro Battaglioni: Feltre, Pieve di Cadore, Belluno, Val Cismon, Val Piave, Val Cordevole, Monte Giavone, Antelao, Pelmo, Marmolada; i Volontari alpini del Feltre, del Cadore, di Longarone, ma soprattutto i nomi di tanti Alpini umili e generosi, eroi senza saperlo e senza dirlo, che tinsero di rosso i nostri monti bianchi di neve e splendenti d’oro al tramonto d’estate.
Sono rimasti lassù e lassù la loro tomba è gloriosa.
Le Penne Nere del Trevigiano hanno voluto un segno del loro ricordo e della loro presenza perenne, in mezzo a noi, nel Bosco delle Penne Mozze: una teoria di semplici stele con un nome, una data ed un luogo, dentro la vita di un bosco vivo e custodito con amore.
Non so guardare con la dovuta serenità pagine successive di questa storia umile e generosa.
Quale il ricordo della “Divisione Pusteria” (che allora comprendeva, fra gli altri, il Btg. “Feltre” ed il 5° Rgt. Art. Montagna coi gruppi “Belluno” e “Lanzo”), appositamente costituita ed ufficialmente nata il 31 dicembre 1935, per una guerra d’orgoglio che gli Alpini, pur non essendo la loro guerra, segnarono ugualmente, nel 1936, con il loro eroismo ed il loro sangue?
E più vicino ancora, un’altra pagina di storia, non ancora decifrata con sufficiente chiarezza, sofferta e combattuta, con segni chiari ancora sui corpi e nelle coscienze di molti di noi. In un incendio che ebbe momenti da “giudizio universale”. la “Divisione Pusteria”, all’uopo ristrutturata con il 7°, l’11° Alpini ed il 5° Art. Mont., oltre ai servizi, si trovò coinvolta con la sua tradizionale generosità, ma anche con tanti interrogativi tormentosi e non ancora sopiti. La troviamo impegnata dall’alba del 23 giugno 1940 sino alla fine della guerra, nelle Alpi Occidentali, in Albania, in Montenegro, in Balcania, in Francia. I Btg. “Val Cismon” ed il gruppo “Val Piave”, formati per mobilitazione parteciparono alla campagna contro la Grecia. Inviati poi in Russia, seguiranno la tragica, eroica sorte della Julia e delle altre Divisioni Alpine.
Nel disfacimento generale, l’8 settembre 1943 la “Divisione Pusteria” si trovava nella Francia sudorientale.
L’11 settembre prese posizione in difesa della linea M. Marta, Colle di Tenda, M. Clapier, contro i tedeschi, Certamente la “Pusteria” avrebbe saputo ripetere su quei monti le gesta per cui andarono famose nella campagna del 1792-96 le Milizie Alpine del vecchio Piemonte.
Ma il giorno 12, in seguito al dissolvimento dell’armata, vennero sciolti anche i reparti della “Pusteria” che, per quanto disarmati e potenzialmente liberi, raggiunsero inquadrati la stazione di Cuneo. Circondati dai tedeschi con carri armai e mitragliatrici, divennero facile preda.
La maggior parte venne internata; una parte di essi però riuscì ugualmente a fuggire ed a raggiungere le proprie case.
Ma che c’entra tutto questo con la “dichiarazione di morte” della “Brigata Alpina Cadore”?
La storia cui ho accennato risale lontano, si divide in cento rivoli, passa tremende prove.
Trova nel 1953, nella costituzione della “Brigata Alpina Cadore” un momento forte della comunione alpina che collega la storia delle proprie origini - fatta di amore e di passione per la propria terra - con la storia recente delle sofferenze e, spesso, tragedie della nostra Patria.
La “Brigata Cadore” in questa storia, ne esce purificata dalle prove, verificata in un impegno aperto e solidale a tutti, in momenti di sofferenza e di bisogno della Patria.
La sua storia è così recente ed intrecciata alla storia di ognuno di noi, che mi pare di recare offesa al volerla ricordare.
Certo la “Cadore” è stata dichiarata “estinta” dalle e per le Gazzette Ufficiali.
Vive, però, nel cuore di ogni Alpino.
E’ “morta” la “Brigata Cadore”; viva la “Brigata Cadore”!
Gino Perin
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