2001 Sotto il cappello alpino Stefania, Erika e Loredana
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PENNE NERE: L'INQUADRAMENTO NEI REGGIMENTI DELLE DONNE SOLDATO
di Umberto Pelazza.
Sotto il cappello alpino… Stefania, Erika e Loredana
Il primo plotone “in rosa” alla scuola di Aosta, destinazione finale: i reparti operativi e le missioni all’estero
Il primo plotone “in rosa” alla scuola di Aosta, destinazione finale: i reparti operativi e le missioni all’estero
Da "L'ALPINO" di maggio 2001
Il plotone misto con i loro istruttori
Stefania Rovis, friulana di Ovaro, ha 22 anni: negli ultimi sei ha indirizzato sullo stesso binario l’applicazione agli studi magistrali e l’aspirazione all’arruolamento nelle truppe alpine. Ai libri scolastici ha alternato mensilmente la lettura della nostra rivista che le passava lo zio, già alpino della Julia. Ha praticato la montagna e il cappello alpino che porta da pochi giorni lo sente “di casa”. “Dietro questo cappello - dice - ci sono storie umane davvero incredibili”. Si iscriverà all’Accademia e spera di ritornare un giorno ad Aosta per completare le sue esperienze di montagna.
Ha lo stesso obiettivo Erika Calibeo, abruzzese; non è la prima della famiglia a portare la penna sul cappello: il nonno, alpino della Julia nel btg “L’Aquila”, ha vissuto in Russia la tragedia della ritirata nella steppa.
Loredana Petitto, 19 anni, maturità scientifica, è risalita da Catanzaro; non conosce ancora la grande montagna ma ha percorso in lungo e in largo l’Appennino meridionale.
Ha sempre seguito con particolare interesse le vicende delle missioni umanitarie dei nostri alpini e ha maturato senza incertezze il suo programma: ci sarà anche lei.
Rappresentano nord, centro e sud della penisola le 15 ragazze del plotoncino rosa (età media 20 anni); hanno indossato l’uniforme pochi mesi fa presso il Reggimento Addestramento Volontari di Ascoli Piceno e ora, col grado di caporale, seguono ad Aosta il corso fucilieri insieme ai parigrado maschili (stessa uniforme, stesse armi e stesso nerofumo in faccia). Completeranno la loro preparazione ai reparti di assegnazione, dopodichè potranno essere inviate in missioni “fuori area”, all’estero.
Non hanno esitazioni ad esprimere l’assoluta convinzione nella bontà delle loro scelte: non avranno ripensamenti, garantiscono tutte con un sorriso rassicurante.
E attendono fiduciose il momento di misurarsi con le montagne valdostane. Disciplina e orari sono stati accettati, da alcune persino con dichiarata soddisfazione, come l’infrastruttura ovvia di un sistema di vita coscientemente assunto.
Il livello scolastico, compresa la frequenza universitaria, è in genere più elevato di quello maschile e notevole il numero di domande di ammissione all’Accademia.
Come sono state accolte dagli allievi? La domanda è scontata, usi com’eravamo a vedere cappelli piumati su lunghe chiome soltanto fra le “abusive” delle nostre fanfare. La risposta è concorde: “Sono compagne di naia, che la pensano come noi e fanno tutto quello che facciamo noi; speriamo soltanto di non fare figuracce”.
Il generale Meano, comandante del Centro Addestramento Alpino, è soddisfatto e sottolinea: “Abbiamo riscontrato un deciso miglioramento nel comportamento degli allievi, più anziani di servizio: maggiori correttezza e controllo in ogni atteggiamento, nella cura della persona, nelle espressioni verbali, nell’aspetto formale.
Si direbbe che la presenza delle ragazze-soldato stia svolgendo una benefica azione equilibratrice”.
“Vi iscriverete all’ANA?” “Perché no? Ne riparleremo a suo tempo”.