2002 Al Bosco delle Penne Mozze cresce un albero
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BOSCO DELLE PENNE MOZZE
Al Bosco cresce un albero e su di una ramo è nata la prima foglia
Fiamme Verdi Dicembre 2002
In un clima di dignitosa solennità e nell'ambito di un collaudatissimo rituale, si è celebrato il 31° Raduno degli Alpini al Bosco delle Penne Mozze di Cison.
Anche quest'anno è stata la cornice naturale della vallee di S. Daniele, baciata da un sole estivo, ad ospitare le penne nere nel loro 31° pellegrinaggio al Bosco.
Per noi alpini che “su pei monti, su pei manti” andiamo sempre con rispetto, amore e dedizione, è il nostro anno.
Non a caso quello che stiamo vivendo è stato proclamato dall’ONU, su proposta del Kirghizistan, piccolo stato che si eleva con suggestivi picchi nei monti del Tien Shan e dove a Bishkek, sua capitale si terrà come vento conclusivo il Global Mountain Summit per proclamare, questo, l’anno Internazionale delle Montagne.
Benedizione dell'albero che ricorda gli Alpini Abruzzesi
da sx: Mons. Domenico Perin, don Vittorino Battistella, don Dante di Nardo e il capogruppo della Sezione Abruzzo
Quassù vicino alla grande Croce regna una quiete irreale e non si avverte la concitazione delle centinaia e centinaia di alpini e loro familiari, che si stanno predisponendo attorno all’altare per la cerimonia.
Il rituale ha avuto inizio con l’inaugurazione della Stele monumentale a memoria dei Caduti alpini delle varie sezioni italiane e,mentre :il presidente dell’As.Pe.M. Claudio Trampetti e Corradino Palmerini della sezione Abruzzi, prima sezione a ricordare i suoi Caduti al Bosco.scoprono la grande Stele, don Vittorino Battistella, cappellano della sezione di Vittorio V., ne impartisce la benedizione.
Quindi una rappresentanza formata dallo stesso Trampetti, dal sindaco di Cison Gildo Salton, dal ten.col. della Brigata Alpina Julia, dal consigliere nazionale Ivano Gentili e dai presidenti delle quattro sezioni facenti parte il Comitato , nonché quella della sezione Abruzzi, hanno reso gli Onori ai Caduti accompagnati dal Coro della Portella di Paganica e dalla Banda cittadina di Cison.
Ho aperto queste mie righe con “in un clima di dignitosa solennità e nell’ambito di un collaudatissimo rituale” perché è solo da pochi anni che i “saluti” ed il discorso ufficiale vengono “comminati” prima delle celebrazione della S. Messa onde evitare, se fatti dopo, di essere snobbati dalla gente, usa più che mai a vociare in modo irriverente davanti al Sacrario nel quale si ricordano coloro che per l’Italia hanno dato la vita e dove ci si possa rendere conto che il loro sacrificio non sia stato vano e che i valori per i quali si sono battuti abbiano un seguito anche per il futuro.
Il continuo andirivieni per i sentieri di questo Bosco, dove ogni stele ha un nome, ed ogni nome una storia di dolore, è un monito affinché gli uomini imparino a convivere in pace.
E’ nostro compito che questo lungo sia di monito perché non si ripetano gli orrori della guerra.
La semplice commemorazione di fatti accaduti in tempi ormai remoti sarebbe inutile se non costituisse occasione per ricordare il passato onde costruire il nostro futuro e quello delle generazioni a venire.
Due squilli di tromba, ed è devoto ed improvviso silenzio.
Prende la parola Claudio Trampetti, presidente dell’As.Pe.M. che da il benvenuto alle Autorità civili e militari, ai rappresentanti delle Ass. Combattentistiche e agli Alpini convenuti in questo luogo dedicato alla memoria di coloro che, fieri della loro penna nera, hanno servito la Patria con onore ed hanno sacrificato la loro vita con coraggio senza nulla chiedere o pretendere se non il ricordo di tanto sacrificio.
“Ogni anno - prosegue Trampetti - abbiamo cercato di significare tangibilmente con qualche cosa che manifestasse in modo tangibile il ricordo dei nostri Cari.
Con questo spirito abbiamo inaugurato la stele monumentale che ricorderà a perenne memoria anche i Caduti alpini delle sezioni A.N.A. d’Italia.
E’ stata un’idea degli amici alpini di Paganica (Aq) in occasione di una precedente visita e fatta propria dall’Associazione Penne Mozze che ha provveduto alla realizzazione per rendere nazionale questo nostro Memoriale.
Per questo abbiamo iniziato con la sezione Abruzzi,che ringrazio di cuore, nella persona di Corradino Palmerini in rappresentanza del presidente Ornello Capannolo, ricoverato in ospedale a causa di un improvviso malore ed al quale auguro pronta guarigione, ed il gruppo di Paganica che numeroso partecipa a questa cerimonia inaugurale. Sono certo che anche Mario, Giulio e Marino condivideranno questa idea, che non muta lo spirito originale di ricordare nominativamente gli alpini trevigiani, unendo invece in un unico abbraccio quanti hanno donato la propria vita per la nostra Patria”.
Ricorda inoltre che oggi sono state poste a dimora tre nuove Stele per ricordare i Caduti: Cigana Virginio di Gaiarine, Rilampa Mario di Silea e Scapol Giovanni di Follina.
Termina rinnovando il suo sentito ringraziamento a quanti lo aiutano in questo impegnativo incarico, augurando a tutti una serena giornata ed un arrivederci al prossimo anno.
Il Presidente della Sez. di Treviso e Consigliere Naz. Ivano Gentili legge la Preghiera dei Caduti di tutte le guerre
Il discorso ufficiale pronunziato da Roberto Prataviera
L'intervento del Presidente del " Bosco" Claudio Trampetti
Ha fatto seguito l’orazione ufficiale del cav. Roberto Prataviera che ricorda con commozione Peppino Prisco, riferendo che Lui gioirà nel vedere realizzata la sua grande speranza: “sapere che al Bosco delle Penne Mozze da oggi vive la sacra memoria degli Alpini Abruzzesi, dei suoi alpini, caduti in guerra o per cause di servizio…”
E questo, perché il Prisco, giovane sottotenente di complemento, unico superstite degli ufficiali del Btg “L’Aquila”, dopo i sanguinosi scontri di Arnautowo del gennaio del ‘43.
Sono i primi alpini nati al di fuori delle quattro sezioni della Marca trevigiana ad essere ricordati in questo memoriale, i primi di una lunga schiera perché, da oggi, ogni sezione d’Italia potrà chiedere di ricordare i propri Caduti alpini in questo sacro ambito.
Da oggi, dunque, al “Bosco delle Penne Mozze” cresce un albero nuovo, unico nel suo genere. Una pianta nuova, forgiata con lo stesso acciaio delle stele che qui ricordano i Caduti alpini della Marca e, su un ramo di questa nuova pianta, è nata la prima foglia. Essa riunisce nello spirito la memoria degli Alpini trevigiani ai fratelli della Sezione Abruzzi, caduti nei 106 anni di storia, che vanno dalla battaglia di Adua al vile attentato di Cima Vallona, comprendendo quanti hanno dato la vita in tempo di pace per cause di servizio.
Altre foglie germoglieranno sui rami di quest'albero, fino a ricordare tutti gli alpini d’Italia caduti nell’adempimento del dovere.
"Ribadiamolo - prosegue Prataviera - qui sono ricordati tutti gli alpini caduti all’ombra dello stesso Tricolore.
Su “Penne Mozze” del maggio ’98 abbiamo letto un titolo a tutta pagina: In memoria dei Caduti alpini divisi dalla guerra ma uniti dalla morte! Parole che hanno un unico significato.”
Ed a tale proposito l’oratore volle ricordare un concetto espresso a Vittorio V. dall’allora presidente nazionale Nardo Caprioli: “Altri ragazzi, nel periodo più tragico della storia d'Italia, sono caduti chi su un fronte e chi sull’altro, riterrei giusto ricordarli come tutti gli altri, perché chiunque in buona fede abbia sacrificato la vita per un qualcosa in cui credeva è degno della massima stima e del massi onore.”
Continua ricordando quanto affermato da Beppe Parazzini nei giorni del suo insediamento al vertice della nostra Associazione: “Mi adopererò affinché anche gli alpini reclutati dopo 1’8 settembre ‘43 e che, in buona fede, combatterono per il loro ideale dall’altra parte della trincea, abbiano il diritto di iscriversi alla nostra Associazione.”
“Non possiamo infatti dimenticare - continua il Prataviera - che molti di quegli alpini combatterono e caddero per difendere i territori della Venezia Giulia e del Friuli minacciati dagli infoibatori di Tito, determinati a portare i confini della Jugoslavia sulle rive del Tagliamento con il vergognoso appoggio di italiani indegni di questo nome. Per questo siamo orgogliosi di affermare che le foglie che in futuro germoglieranno su questo nuovo albero, ricorderanno nel tempo a venire il supremo sacrificio di quanti, armati dalla certezza di essere nel giusto e credendo in un ideale, hanno dato la loro vita per la libertà di questa nostra Terra.
L’Italia ha bisogno di ritrovare la necessaria unità spirituale, ha bisogno di capire perché un triste giorno ci trovammo a combattere su trincee opposte, divisi dalle passioni politiche.
Non si tratta di revisionare la storia, come qualcuno ha detto, ma più semplicemente di conoscere la verità.
A questo proposito voglio ricordare la risposta che il “celovieko” Jvo Ermett, ufficiale della “Julia” prigioniero dei russi con Enrico Reginato, con don Giovanni Brevi e mille altri alpini, diede ad un ufficiale russo che lo accusava di essere corresponsabi1e dell’avvento del fascismo in Italia.
SONO NATO NEL 1918 - rispose Ermett – QUINDI ALLORCHE’ L'ITALIA CONOBBE LA DITTATURA AVEVO 7 ANNI. MA SONO STATO EDUCATO IN QUELLA CULTURA ED ORA SONO VOSTRO PRIGIONIERO PERCHE’, COME SOLDATO HO OBBEDITO ALLE LEGGI DEL MIO PAESE.
Quindi, anche per queste idealità universali, è giusto e doveroso che il “Bosco” diventi luogo di raccoglimento e di preghiera a carattere nazionale.
Lo diventerà, vieppiù, con il germogliare di altre foglie che sbocceranno a rappresentare altre Sezioni dell’Associazione Nazionale Alpini, foglie alimentate da radici ideali che traggono linfa in ogni regione d’Italia: dalle Alpi a Lampedusa, dai confini della Slovenia alla Francia, stimolate da quei sentimenti per i quali ci riconosciamo nel Tricolore; emblema di una storia profondamente segnata dal sangue degli Alpini, che è bandiera e simbolo della nostra cultura, di una civiltà che ha dato più di ogni altra all’umanità e della quale, come italiani, dobbiamo essere giustamente orgogliosi.
Sinteticamente Prataviera ha sollecitato gli alpini della divisione “Monterosa”, ovvero quelli che militarono nella Repubblica di Salò, affinché siano equiparati agli altri, perché contribuirono ad evitare l'invasione di Tito in Friuli; poi ha attaccato quanti diedero “vergognoso appoggio” al conquistatore slavo.
Adriano Venezian, partigiano, con in mano il gagliardetto A.N.P.I., si è impietrito in un rigoroso silenzio.
-“L'associazione risponderà domenica, dal raduno dei partigiani in Pian Cansiglio.”
Il sindaco di Tarzo, Alberto Della Bona, ha esternato il suo disagio: “Il problema di una riappacificazione esiste, ma non condivido che venga impostata in termini di antagonismo. Bisogna cercare insieme quello che unisce, anziché ciò che divide. L’oratore, al Bosco delle penne mozze, ha di fatto dimenticato che la libertà di cui godiamo, e di cui usufruisce anche chi si trovava dalla parte opposta, è il risultato dell’azione di chi lui ha condannato”.
Sono stati momenti di gelo per le dichiarazioni sui ragazzi di Salò.
Anche Claudio Trampetti, presidente del Comitato, ha avvertito la necessità di puntualizzare affermando che da anni gli alpini dell’ANA insistono perché si superino determinate barriere; il che non significa affatto che vogliamo riscrivere la storia.
Lo stesso don Battistella, nell’omelia durante la S. Messa, non ha risparmiato un richiamo a vedere l'oppressione e la violenza dove queste si intrinsecano e, quindi, a non tacere, assumendo ciascuno le proprie responsabilità.
Per un breve saluto viene quindi ceduto il microfono al rappresentante della sezione Abruzzi che così brevemente si esprime:
"Perdonate la mia emozione! Che dire dopo l’intervento e le parole del cav. Prataviera? Posso dire soltanto un grazie al Comitato del Bosco che ci ha fatto raggiungere questo obiettivo che con ostinazione i1 nostro capogruppo Corradino Moro ha perseguito e dall’inizio ha espresso il desiderio di continuare poi a ripeterlo. Nuovamente grazie a nome di tutti gli alpini d’Abruzzo”.
Ha fatto seguito la S. Messa concelebrata da don Vittorino Battistella, mons. Domenico Perin (cappellano della Sezione di Conegliano) e don Dante Di Nardo (abruzzese di Paganica).
Lo schieramento dei Sindaci e delle Autorità.
Si notano da sx: il gen. Cauteruccio, i sindaci Gentilini di Treviso e Zambon di Conegliano
Tra i presenti, diverse le fasce tricolori in rappresentanza dei comuni: Gentilini di Treviso, Zambon di Conegliano, Carniel di San Fior, Salton di Cison, Fantinel di Santa Lucia, Mellere di Miane, Dalla Bona di Tarzo, Bonesso di Trevignano, Toso di Gaiarine, Vanzo di Silea, De Biasi di Follina, Romano di Codognè per la dott.sa Andreetta. Inoltre il gen. Vittorio Luoni (presidente naz. Arditi), il gen. Italico Cauteruccio, il gen. Franco Bettin, la vedova della M.O. Enrico Reginato signora Imelda, Maria Pia Altarui, Gabriella Dal Moro e le Crocerossine.
Una veduta dei Labari e dei Vessilli
Una menzione particolare per la rappresentanza di alpini provenienti dall’Abruzzo di cui ne abbiamo notato il Vessillo ed i Gagliardetti di Assergi, Coppito, L’Aquila, Lucoli, Ornano Grande, Paganica, S. Benedetto e S. Giacomo.
I Vessilli delle Sezioni di Belluno, Cadore, Conegliano, Feltre, Pordenone, Treviso, Valdobbiadene, Vittorio V., Carnica, Sicilia, Parma.
I Gonfaloni dei Comuni di Follina e Valmareno, le rappresentanze d’Arma quali gli Artiglieri di Codognè e Vittorio V.; i Combattenti e Reduci di Cison, Cornuda, Golosino (VR), Sarmede, Spresiano, Sernaglia, Vidor e Vittorio V.; gli Ex Internati di Mareno e S. Lucia; i Marinai di Vittorio V.; l’Arma di Cavalleria di Treviso; l’A.N.P.I. provinciale di Treviso e S. Lucia di P.; i Mutilati ed Invalidi di Codognè; i Trasmettitori di Treviso, la Sez. Carabinieri di Treviso e quella dei Carristi sempre di Treviso.
La quasi totalità dei nostri Gagliardetti, che andranno a sommare con 124 Gagliardetti, i 12 Vessilli Sezionali e i 17 Rappresentanti d’Arma, i 2 Gonfaloni cittadini ed i due Labari del Nastro d'Argento e delle Penne Mozze portano le rappresentanze presenti a 159.
Al termine della S. Messa viene letta, da parte del rappresentante la Sez. Abruzzi, la preghiera dell’Alpino accompagnata dal Coro della Portella di Paganica a complemento della quale seguiranno dieci cupi rintocchi della campana votiva che si espandevano solennemente lungo tutta la vallata.
Steno
P.S. Chiedo scusa se purtroppo ho dimenticato qualcuno o qualcosa, questo succede spesso e purtroppo quando si va ad elencare i presenti; se ciò è avvenuto non me ne abbiate. Grazie!