2009 Col di Lana nell'arco delle stagioni
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COL DI LANA NELL’ARCO DELLE STAGIONI
Fiamme Verdi Dicembre 2009
Guadagnando quota dal lato sud del Col di Lana non possiamo non immaginare come potesse presentarsi la nostra montagna in
Gennaio-Febbraio.
Uno strato altissimo di neve, come a memoria d’uomo non si ricordava, a ricoprire quelle pendici tanto
da conferire loro un aspetto inusuale e togliendo alla vista tutte le irregolarità inferte dal tempo e dagli uomini.
Certamente i camminamenti e i quattro cippi saranno spariti sotto la coltre gelata, stessa sorte per la capanna degli Alpini e la Chiesetta.
Forse l’unica struttura visibile, data l’esposizione ai quattro venti, sarà risultata la croce di vetta. Viene anche spontaneo supporre che gran parte di quella massa candida sia venuta a farci visita nel Quartier del Piave attraverso il Cordevole e il fiume sacro alla Patria.
Ora il paesaggio uniformemente bianco ha lasciato spazio a una variegata gamma di coloratissimi fiori dove i gialli, i rossi e i blu hanno toni decisamente più accentuati rispetto agli stessi delle quote più basse.
Queste piantine hanno il problema di dover attivare il proprio ciclo forzando i tempi nello spazio ristretto tra lo sciogliersi della neve e la successiva invernata. Già ad Agosto qualche sporadico nevischio preannuncia l’imminenza dei primi freddi e l’inizio della lunghissima pausa, quasi un letargo, che prelude alla sistematica esplosione primaverile.
E ora veniamo a noi.
Oggi, domenica 2 Agosto, è arrivata la tredicesima. In questo caso fare tredici non ha alcun riferimento venale, si tratta solo della somma di ascensioni al Col di Lana effettuate dai rappresentanti dei Gruppi Alpini di Pieve di Soligo e Solighetto.
Scontato che il record assoluto di Lino Chies e Toni Cais è irraggiungibile però la nostra piccola performance viene comunque da noi considerata un buon risultato.
Di ogni singola salita serbiamo ricordi vivissimi, abbiamo messo in memoria momenti splendidi e dalle sensazioni estremamente positive. Quest’anno nell’operazione Col di Lana abbiamo coinvolto anche alcuni amici dai quali però si è preteso che in precedenza venisse letto almeno uno dei tanti libri scritti sul Col di Sangue.
E’ stato bello constatare che da parte loro sia risultato abbastanza facile riconoscere: la Ridotta Lamarmora, il villaggio austriaco, il Montucolo italiano e il vallone della morte.
La nostra affidabile Panda ci ha gentilmente scarrozzato abbastanza in alto deponendoci vicino al Cristo del fontanel facendo così risparmiare alle nostre calzature un’ulteriore ora di usura.
Osservando la straordinaria sequenza di vette dolomitiche, e in particolare le Tofane, il pensiero va immediatamente a Lino Lacedelli, mito cortinese dell’alpinismo, che in questi giorni per un problema fisico ha dovuto subire un ricovero ospedaliero. Per fortuna tutto sembra essersi risolto nel modo migliore e da queste righe auguriamo al grande Lino di tornare al più presto a rimettersi gli scarponi.
Dal cratere, effetto dell’esplosione di mina, don Fabio e don Lorenzo, del 7° Alpini, ci rivolgono il sermone di rito, sta a noi recepire e attuare i preziosi suggerimenti. I componenti del picchetto forse non si saranno resi conto di essere dei co-protagonisti, assieme ai Cappellani militari, di un momento importante; probabilmente più avanti nel tempo scopriranno l’entità della loro lontana esperienza montanara.
L’andate in pace degli officianti ci autorizza a metterci in coda per una razione di pastìn che, data l’altitudine, consideriamo un piatto di alta cucina. E così l’esperienza odierna si avvia all’epilogo; anche se nelle grandi linee può sembrare ripetitiva in effetti non lo è, essendo costellata di molti piccoli-grandi particolari che la rendono assolutamente unica.
Un Pelmo incappucciato ci consiglia di scendere di quota, noi, ubbidienti, lo prendiamo alla lettera.
Certamente i camminamenti e i quattro cippi saranno spariti sotto la coltre gelata, stessa sorte per la capanna degli Alpini e la Chiesetta.
Forse l’unica struttura visibile, data l’esposizione ai quattro venti, sarà risultata la croce di vetta. Viene anche spontaneo supporre che gran parte di quella massa candida sia venuta a farci visita nel Quartier del Piave attraverso il Cordevole e il fiume sacro alla Patria.
Ora il paesaggio uniformemente bianco ha lasciato spazio a una variegata gamma di coloratissimi fiori dove i gialli, i rossi e i blu hanno toni decisamente più accentuati rispetto agli stessi delle quote più basse.
Queste piantine hanno il problema di dover attivare il proprio ciclo forzando i tempi nello spazio ristretto tra lo sciogliersi della neve e la successiva invernata. Già ad Agosto qualche sporadico nevischio preannuncia l’imminenza dei primi freddi e l’inizio della lunghissima pausa, quasi un letargo, che prelude alla sistematica esplosione primaverile.
E ora veniamo a noi.
Oggi, domenica 2 Agosto, è arrivata la tredicesima. In questo caso fare tredici non ha alcun riferimento venale, si tratta solo della somma di ascensioni al Col di Lana effettuate dai rappresentanti dei Gruppi Alpini di Pieve di Soligo e Solighetto.
Scontato che il record assoluto di Lino Chies e Toni Cais è irraggiungibile però la nostra piccola performance viene comunque da noi considerata un buon risultato.
Di ogni singola salita serbiamo ricordi vivissimi, abbiamo messo in memoria momenti splendidi e dalle sensazioni estremamente positive. Quest’anno nell’operazione Col di Lana abbiamo coinvolto anche alcuni amici dai quali però si è preteso che in precedenza venisse letto almeno uno dei tanti libri scritti sul Col di Sangue.
E’ stato bello constatare che da parte loro sia risultato abbastanza facile riconoscere: la Ridotta Lamarmora, il villaggio austriaco, il Montucolo italiano e il vallone della morte.
La nostra affidabile Panda ci ha gentilmente scarrozzato abbastanza in alto deponendoci vicino al Cristo del fontanel facendo così risparmiare alle nostre calzature un’ulteriore ora di usura.
Osservando la straordinaria sequenza di vette dolomitiche, e in particolare le Tofane, il pensiero va immediatamente a Lino Lacedelli, mito cortinese dell’alpinismo, che in questi giorni per un problema fisico ha dovuto subire un ricovero ospedaliero. Per fortuna tutto sembra essersi risolto nel modo migliore e da queste righe auguriamo al grande Lino di tornare al più presto a rimettersi gli scarponi.
Dal cratere, effetto dell’esplosione di mina, don Fabio e don Lorenzo, del 7° Alpini, ci rivolgono il sermone di rito, sta a noi recepire e attuare i preziosi suggerimenti. I componenti del picchetto forse non si saranno resi conto di essere dei co-protagonisti, assieme ai Cappellani militari, di un momento importante; probabilmente più avanti nel tempo scopriranno l’entità della loro lontana esperienza montanara.
L’andate in pace degli officianti ci autorizza a metterci in coda per una razione di pastìn che, data l’altitudine, consideriamo un piatto di alta cucina. E così l’esperienza odierna si avvia all’epilogo; anche se nelle grandi linee può sembrare ripetitiva in effetti non lo è, essendo costellata di molti piccoli-grandi particolari che la rendono assolutamente unica.
Un Pelmo incappucciato ci consiglia di scendere di quota, noi, ubbidienti, lo prendiamo alla lettera.
Renato Grumier
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