2009 El Alamein
Attività > Attività 2009
EL ALAMEIN 24 ottobre 2009
2009
UN ALPINO AD EL ALAMEIN
L'alpino Giancarlo De Stefani del Gruppo di Colfosco racconta in prima persona la sua esperienza ad El Alamein. "I racconti ci mio padre sono stato per me un libro di storia ed hanno accompagnato la mia esistenza"
El Alamein, dall’arabo due bandiere, nota località sulla fascia costiera a nord dell’Egitto a poco più di 100 km ad ovest di Alessandria, tristemente conosciuta per gli eventi bellici succedutisi durante il secondo conflitto mondiale, sulla direttrice del corridoio per Alessandria-Canale di Suez, dove il deserto si stringe a collo di bottiglia fra il Mar Mediterraneo a nord, e la depressione di “El Qattara” a sud, (zona paludosa con sabbie mobili, asperità del terreno tali da impedire qualsiasi transito di uomini e mezzi) passaggio obbligato per le forze dell’asse italo-tedesco per la conquista dell’Egitto e poter poi risalire a nord fino al congiungimento con le armate che già combattevano in Russia, in modo di chiudere a tenaglia per la definitiva conquista dell’Europa.
E qui si svolsero le battaglie più cruente e sanguinose dell’Africa settentrionale. Su questo corridoio di sabbia largo circa 60 km si scatenò l’offensiva italo-tedesca contro l’accanita resistenza delle forze britanniche in tre fasi ben distinte: la prima dal 1 al 27 luglio, la seconda dal 30 agosto al 5 settembre e poi quella finale dal 23 ottobre al 6 novembre del 1942 con l’epilogo finale della ritirata e la resa definitiva.
Seppur nettamente inferiori al nemico con uomini e mezzi, i nostri soldati combatterono all’inverosimile contro una schiacciante prevalenza di fuoco, quattro-cinque volte superiore; fu una lotta disperata per la conquista di un metro di terreno, una collina, una posizione strategica, lottando sempre fino al limite delle possibilità umane, per arginare e contrattaccare le forze britanniche del Commonwealth.
Innumerevoli furono gli atti di eroismo, dove nessuno si risparmiò, e anche quando le unità tedesche si “sganciarono”, le divisioni di fanteria rimasero sul posto, difendendosi con le poche munizioni che erano rimaste, con bottiglie di incendiarie riempite di benzina, scatole di pomodoro imbottite di esplosivo e tanti assalti alla baionetta (non a caso che il gen. Rommel pronunciò la frase “il soldato tedesco ha stupito il mondo, ma il bersagliere italiano ha stupito il soldato tedesco” e “avevamo chiesto troppo ai nostri camerati italiani, con il loro armamento debole e scadente non avrebbero potuto fare di più, né si capisce come abbiano potuto farlo”.)
Sopraffatte dalla strapotenza avversaria, esauste, prive di munizioni, affamate ed assetate, le nostre truppe in parte dovettero arrendersi, altre invece inseguiti mitragliati e bombardati giorno e notte ripiegarono fino in Marocco, percorrendo a piedi circa 2300km.
Mio padre fu uno tra questi, appartenente al 4° reggimento artiglieria contraerea, inizialmente schierato con le loro batterie a presidio dei punti strategici come città portuali roccaforti e aeroporti, in seguito aggregato alla divisione “ariete” a supporto delle loro azioni di battaglia come ad El Alamein. Ricordi indelebili per lui, che ancora oggi, traccia con chiarezza fatti succeduti, luoghi, scontri di battaglie con date precise (un’enciclopedia vivente), me ne ha sempre parlato fin da bambino, e tuttora, ogni tanto, un nuovo particolare o fatto sfuggitogli precedentemente esce dai suoi racconti.
Questi fatti, persone e luoghi, tanto cari quanto sacri, degni di un doveroso e profondo rispetto e ammirazione per tutti quelli che non sono più tornati dando la vita per la loro patria, hanno suscitato in me una curiosità ed un desiderio di ripercorrere e visitare questi luoghi della memoria.
La presenza italiana ad El Alamein e’ ricordata con il grande Sacrario militare a quota 33, sulla strada litoranea a circa 120 km da Alessandria, che raccoglie le spoglie di 4634 soldati italiani e 228 ascari. L’opera muraria del sacrario, che sorge prospiciente al mare sopra una dorsale con vista sul deserto sconfinato, è costituita da una torre ottagonale con due corpi bassi rivolti ad est e ovest all’interno dei quali sono raccolti i resti di 2447 soldati, mentre nella sala semicircolare all’interno della torre vi sono le spoglie di altri 2187 ignoti e come dice la scritta sulla lapide: ignoti a noi, ma noti a Dio; mancano all’appello altri 1095 soldati che non sono mai stati ritrovati, rimarranno per sempre “sentinelle nel deserto”.
Prima di salire in cima al colle, all’ingresso principale dell’opera, troviamo il porticato con la corte d’onore ai cui muri sono affisse targhe alla memoria, stele a ricordo dei tanti combattimenti avvenuti e dei vari reggimenti che si distinsero.
Sulla destra del porticato, un piccolo ma ricco museo di cimeli, raccolti a fine battaglia, fotografie e carte topografiche d’epoca con le posizioni delle forze armate e dei loro movimenti. Alla sinistra invece, troviamo il cimitero degli ascari, che combatterono a fianco degli italiani in questa guerra d’Africa, molto ben tenuto e curato con annessa la moschea.
Salendo il vialone centrale troviamo ai bordi i vari cippi, di tutti i reggimenti che furono partecipi nelle varie battaglie di El Alamein, contornati con una siepe di oleandri in fiore che ci accompagna fino al sagrato del sacrario come a rendere omaggio ai Caduti.
A 500m. in direzione ovest, sorge il fabbricato di quota 33, che fu la sede della delegazione italiana che per molti anni si dedicò alla ricerca e alla raccolta delle salme dei Caduti italiani ad opera del col. Paolo Caccia Dominioni già comandante del XXXI battaglione guastatori del genio, operante in Africa settentrionale durante il conflitto, ed ora la costruzione ne è divenuta Monumento a ricordo dell’artiglieria italiana che su quell’altura venne distrutta dai duri combattimenti nel luglio del 1942.
Poter visitare questo luogo sacro, così carico di storia e di onore, per me ha avuto un valore indescrivibile, di grande rispetto e di massima riconoscenza per coloro che vi parteciparono, di grande onore e dolore per i più sfortunati che non fecero ritorno: era un sogno che mi portavo dentro da tanto tempo e desideravo farlo assieme al mio papà. Ecco perché quando ne L’Alpino del maggio 2009 apparve l’articolo “Ad El Alamein nel 50° del Sacrario” sono come stato assalito dal desiderio di esser presente a quella cerimonia; informai papà ma mi rispose che non se la sentiva di affrontare un viaggio tanto faticoso, però sapendo che io da solo non sarei mai andato, quasi mi obbligò con la frase finale della sua risposta: “là ho lasciato tanti ricordi, vai tu al mio posto, ti sarò vicino con il pensiero, porta un saluto da parte mia a tutti quei ragazzi”. (non so se il rifiuto è stato a causa dell’età o il ricordo di una ferita rimarginata che seppur guarita ha lasciato il segno, di sicuro che la promessa fattagli è stata mantenuta).
Mi misi subito in contatto con l’organizzazione, la segreteria della sezione A.N.A. di Roma in collaborazione con il coro “Malga Roma”, che erano stati invitati dall’ambasciatore italiano in Egitto, avendo il privilegio e l’onore di rappresentare l’Italia nella cerimonia internazionale che si svolge ogni anno per celebrare l’inizio della fatidica battaglia, e questa volta coincide con il cinquantesimo anniversario dell’inaugurazione del sacrario.
Si parte il 23 di ottobre, data che casualmente coincide con la data di inizio della battaglia, da Venezia per Roma dove mi aspetta il resto della comitiva, (incontrare nuove persone e fare subito amicizia come ci conoscessimo da anni è proprio del carattere degli alpini): è piacevolissimo fare il viaggio assieme, ed il tempo del volo Roma - Il Cairo è letteralmente volato. Con i pullman ci trasferiamo in albergo ad Alessandria.
Sabato: sveglia alle 6, colazione e partenza in pullman per El Alamein (circa 100km). Durante tutto il tragitto sono stato incollato al finestrino, guardavo il paesaggio come a cercare qualcosa o qualcuno che mi facesse venire in mente dei ricordi; era come ci fossi già stato altre volte. Oovviamente non ho trovato niente di me, era solo frutto della mia immaginazione.
Passiamo davanti al cippo con lapide eretto per ricordare la memoria del 7° Reggimento Bersaglieri nel punto della loro massima avanzata, 111 km da Alessandria d’Egitto, che porta scritto: “mancò la fortuna, non il valore”, e di valore, i soldati italiani hanno scritto pagine di storia.
All’improvviso spunta, sopra la collina, il sacrario. E’ grandioso e appena più in là l’edificio di quota 33. Appena sceso dal pullman, un brivido mi assale lungo la schiena, il cuore batte a mille, l’emozione è molto forte, mi guardo attorno, poi lo sguardo va a cercare il sacrario per una preghiera indirizzata a tutti quelli che qua ora riposano in pace. (il pensiero non poteva non andare a papà che da casa sicuramente si incrociava con il mio).
Di gran fretta siamo saliti al sagrato dove stava per iniziare la cerimonia dell’alzabandiera, con la presenza di molte autorità militari nazionali ed estere, con grande partecipazione di gente comune italiana e non, venuta appositamente, poi nel massimo del silenzio siamo entrati all’interno del Sacrario, nella sala principale dove subito è iniziata la Santa Messa in suffragio dei Caduti.
Ci siamo poi incamminati verso il cimitero degli ascari: una breve cerimonia e la deposizione dei fiori, gli onori ai Caduti. Non potevamo mancare di visitare l’edificio di quota 33 che fu dimora del col. Paolo Caccia Dominioni per 12 lunghi anni, per portare a termine il suo progetto e cioè recuperare tutte le salme dei militari italiani deceduti in Africa settentrionale. Durante tutti questi momenti abbiamo avuto l’onore di esser accompagnati dall’ambasciatore italiano ed alcuni reduci.
Nel pomeriggio siamo stati invitati a partecipare alla cerimonia nel cimitero inglese, a pochi chilometri, dove sono sepolti circa 8000 soldati di varie nazionalità facenti parte del Commonwealth, con la presenza delle alte autorità inglesi con i loro reduci di guerra: Anche questi momenti sono stati di grande emozione.
La conclusione della giornata ci vede ospiti nella chiesa di S. Caterina ad Alessandria dov’e’ sepolto l’ultimo Re d’Italia rifugiato in esilio, per il concerto di chiusura del coro “Malga Roma”. Poi stanchi ma felici e soddisfatti rientriamo in albergo.
Mi ha fatto particolarmente piacere poter partecipare alla commemorazione di El Alamein, e sapere che i nostri Caduti sono stati ricordati con una cerimonia degna del loro sacrificio, mi riempie di soddisfazione: Mi auguro ci sia sempre una grande presenza di italiani a rendere omaggio a questi eroi, se lo sono ampiamente meritati.
Un ringraziamento alla sezione ANA di Roma con il Presidente Enzo Fuggetta, che unitamente al coro Malga Roma hanno consentito al mio sogno di avverarsi. Spero di poterci ritornare, magari dedicando più tempo a questo luogo così “magico”.
Giancarlo De Stefani
Il sacrario di El Alamein
La delegazione di Conegliano
Il porticato d'ingresso con la corte d'onore del Sacrario italiano, luogo simbolo di El Alamein
Nel porticato del cimitero inglese
Il cimitero inglese
Il vessillo di Conegliano nel cimitero inglese
C'è anche il tempo per visitare le piramidi