2009 L'unità di protezione civile in Abruzzo a seguito del terremoto
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TERREMOTO ABRUZZO
Fiamme Verdi Maggio 2009 di Andrea Danieli
L’Unità Sezionale di Protezione Civile in Abruzzo
Subito allertata dal Coordinamento triveneto di PC, la nostra Unità si è subito organizzata e, al comando, è partita per le zone terremotate nella notte di Pasqua. Una trentina i volontari inviati nei primi turni
Subito allertata dal Coordinamento triveneto di PC, la nostra Unità si è subito organizzata e, al comando, è partita per le zone terremotate nella notte di Pasqua. Una trentina i volontari inviati nei primi turni
All'alba del 6 aprile scorso, ricevo la telefonata del coordinatore triveneto ANA Orazio D’Incà, che mi informa di quanto era accaduto in Abruzzo. Mi dice di avvertire subito i volontari per organizzare, qualora fosse necessario, i turni settimanali per intervenire a L’Aquila. Informati tutti i capi-squadra, in brevissimo tempo, 18 volontari dell’Unità di Protezione Civile erano pronti a partire.
Come sempre accade in queste occasioni, lo slancio è tanto e chi dà la sua disponibilità vorrebbe partire subito per rendersi utile. Ma nella prima fase di un’emergenza vengono impiegati i volontari specialistici. Infatti, nel primo pomeriggio del 6 aprile, partiva dal deposito di Vicenza la prima colonna mobile ANA, composta con i volontari delle squadre cinofile e sanitarie, affiancate da volontari logistici per allestire una tendopoli nella frazione di San Demetrio né Vestini, piccolo Comune alle porte dell’Aquila.
Fatto il punto della situazione, alla nostra Unità è stato chiesto di organizzare delle squadre composte da nove volontari per turno settimanale, con un operatore radio e di garantire la presenza in Abruzzo fino al 9 maggio.
La prima squadra è partita da Conegliano la notte della domenica di Pasqua con destinazione San Demetrio nè Vestini. La colonna dell’ANA del Veneto, con 70 volontari, si è formata con le altre Unità ad Occhiobello. Alla squadra si è unito un camion della ditta “La Cadomare” di Massimiliano Antolini di San Vendemiano, con un carico di circa 5.000 litri di acqua minerale da portare ai terremotati. Giunti alla periferia de L’Aquila, si vedevano i primi segni provocati dal sisma.
Più ci avviciniamo al campo e sempre di più ci si rendeva conto della gravità della situazione; case squarciate, ponti crollati, frane. Transitando per Onna, epicentro del terremoto, s’intravedevano i cumuli di macerie tra le poche case rimaste e seriamente lesionate.
Al campo di San Demetrio, rimaniamo per un solo giorno, da Milano il generale Gorza, mi ordina che dovevo spostarmi con la squadra nella frazione di Sassa Scalo, per far partire e gestire un nuovo campo di accoglienza in allestimento.
Una nota per la frazione: Sassa Scalo ha avuto una piccola parte di notorietà perché alla stazione ferroviaria sono state girate le riprese cinematografiche di un film della serie di Don Camillo che partiva “esiliato” a Montanara.
Ci siamo resi conto che con soli nove uomini il compito assegnato non era facile, così chiedo dei rinforzi e il gruppo viene affiancato da quattro alpini della protezione civile abruzzese, da quattro volontari del CAI locale e da Felice Flati della Protezione Civile del quarto raggruppamento, che ci fa da guida.
Nonostante le preoccupazioni per il compito che ci era stato assegnato, lo dovevamo portare a termine: il nostro orgoglio c’è lo imponeva.
Al campo di Sassa, era già in funzione la cucina mobile della Sezione ANA di Trento, unico punto illuminato del luogo, che preparava, tra pranzi e cene, più di 2.000 pasti al giorno. Mentre tre squadre di alpini della Protezione Civile del Friuli Venezia Giulia montavano le tende, era già stato montato un capannone in grado di ospitare, a turno, 400 persone e che dal 20 aprile sarebbe stato utilizzato il mattino da 120 alunni per le attività scolastiche.
La struttura era sprovvista dei tavoli e delle panche, fatti poi arrivare nottetempo dal deposito del terzo raggruppamento di Vicenza. Al campo dipendevano altri 8 campi satelliti nelle località di Genzano di Sassa, Colle Fracido, Palombara, Pagliare di Sassa, Colle di Sassa, Poggio Santa Maria, Collemare e Foce di Sassa, i quali ospitavano dai 300 ai 70 terremotati per campo.
In tre campi si doveva anche garantire per tutto il giorno la presenza di almeno tre volontari dall’alba al tramonto. Al campo ho trovato subito la collaborazione dei bravi e instancabili Luca Paiola, impiegato del Comune, Gino Benedetti, un finanziere con una evidente fasciatura ad una mano, costretto a dormire nella sua vettura perché la sua abitazione era seriamente danneggiata. Adele, una giovane ragazza, che, spontaneamente, ha voluto dare il suo contributo gestendo la segretaria.
Con il suo computer ha inserito tutti i dati del censimento degli sfollati e la pianta del campo. Grazie all’installazione del telefono e del fax è stato possibile inviare al Centro Operativo le richieste di quanto al campo necessitava.
Nelle altre otto realtà, per avere la situazione sotto controllo, ho individuato per ogni singolo campo, una persona residente a cui fare riferimento e affidarne la gestione, con il compito vigilare, segnalare le criticità, le necessità, comunicare il numero dei pasti da far preparare, censire tutti gli occupanti della tendopoli e distribuire la posta: da tutti questi amici noi tutti abbiamo ricevuto la massima e spontanea collaborazione. Separate dalle altre le otto tende da riservare ai turni dei volontari, un’altra tenda, vicina al campo, è stata destinata a postazione medica.
Ai lati del campo, sono stati fatti posizionare i bagni chimici. Instancabili, gli uomini del Genio del Battaglione San Marco impegnati negli allacciamenti elettrici per l’illuminazione interna nelle tende e nel montaggio delle torri faro, hanno lavorato davvero sodo.
Al campo in allestimento, molte erano le cose che servivano per il corretto funzionamento. Con l’utilizzo di una pala meccanica è stato possibile scavare il terreno per piazzare le fosse settiche dove sopra sarebbero stati posizionati gli shelter docce, allacciati alla rete idrica nel pomeriggio di venerdì 17 aprile.
Ci troviamo a circa 750 metri sul livello del mare e, nella notte, la temperatura scende anche sotto lo zero. Grazie però alla collaborazione ricevuta dall’Enel, che, provvisoriamente, ha posizionato due generatori elettrici in attesa di installare una cabina elettrica da 200 kw, è stato possibile, nel pomeriggio di venerdì 17, illuminare le singole tende e consegnare i radiatori elettrici, ad olio, per il riscaldamento.
Nonostante le preoccupazioni iniziali per il compito che ci era stato assegnato, quello che ci era sembrato all’inizio impossibile, grazie alla instancabilità e spirito di sacrificio dei volontari, in soli 4 giorni il campo è diventato una realtà. E non è finita. Per le squadre della nostra Unità, presenti a turno in Abruzzo fino al 9 maggio, il compito non sarà facile.
I “nostri” avranno moltissime altre tante cose da fare. Proseguendo sulla strada intrapresa nella gestione del campo, saranno impegnati per rendere più serena la vita nel campo e, di sicuro, i volontari saranno all’altezza della situazione in quanto animati da un grande orgoglio alpino.
Ecco i volontari impegnati: Andrea Danieli, Claudio Lucchet, Klausi Antolini, Damiano Dalto, Roberto De Stefani, Bruno Danieli, Narciso De Rosso, Ferdinando De Martin, Fedele Foltran, Italo Santin, Vittorio Borsoi, Guido Ghirardi, Daniele Coletti, Danilo Dal Vecchio, Giovanni Carobolante, Antonio Padoin, Antonio Sossai, Flavio Fregolent, Oliviero Chiesurin, Sergio Bison, Emanuela Salvador, Giovanni Mazzero, Mariantonietta Mazzero, Massimiliano Vazzoler, Achille Bottega, Ferruccio Dorigo, Guido Piccin, Gianni Fasolo, Daniele Coletti, Renata Bernardi, Morena Dal Col, Genny Granziera, Antonio Roccon.