2009 La nostra mininaja - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

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2009 La nostra mininaja

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La nostra mini naja
Fiamme Verdi Dicembre 2009 di Filippo e Mattia Perencin


15 settembre 2009
Stazione di Conegliano. Ore 6.30. Pioggia. Io, Filippo, e mio fratello Mattia, un po’ impauriti e preoccupati, ci apprestavamo a salire sul treno per Verona, da dove ufficialmente è cominciato il Progetto Pianeta Difesa indetto dal Ministero della Difesa in collaborazione con l’ANA Nazionale, progetto meglio conosciuto come “mini naja”.
Arrivati a Verona siamo stati subito portati nella Caserma di Montorio Veronese, dove ha avuto luogo la cosiddetta “vestizione”, ovvero la consegna di tutto il necessario per la vita militare; ultimato questo preparativo inizia il viaggio in autobus militari che ci ha condotto a San Candido nella Caserma Cantore, dove risiede il 6° Reggimento Fucilieri Alpini, nostra casa per due settimane.
Sono stati quindici giorni intensi per noi due, partecipanti della Sezione di Conegliano, in cui abbiamo fatto ogni sorta di attività fisica e teorica.
Arrivati in Val Pusteria, abbiamo atteso sotto la pioggia, fino a notte inoltrata, la consegna dei nostri bagagli, inutile dire che gli unici pensieri erano rivolti, per l’uno a benedire, per l’altro a maledire, nostro padre che ci aveva spinto in questa esperienza; dopo averci consegnato gli zaini con il materiale, siamo stati divisi per stanze, per plotoni e per squadre; precisamente quattro plotoni da quattro squadre ciascuno, comandati da altrettanti ufficiali.
La giornata cominciava presto, alle 6.30 bisognava essere in piedi con la divisa indosso, puliti e rasati; alle 7 adunati di fronte alla mensa per la colazione, alle ore 8 si partecipava all’alzabandiera, a cui seguivano trenta minuti di addestramento formale; dopo di che, cominciava la giornata vera e propria, che si concludeva alle 18.30. Come già scritto abbiamo fatto molta attività pratica e teorica come ad esempio cenni sulle procedure radio, sulla topografia e su come leggere le mappe per dare le coordinate, il tutto con istruttori militari del 187° Reggimento Folgore, abbiamo così imparato i rudimenti difesa persona le e così via.
Nel programma erano previste anche delle marce in montagna: molto suggestiva e di particolare importanza è stata quella di sabato 19 settembre sulla cima del Lagazuoi; momento particolarmente emozionante e commovente è stato quando, posizionandosi vicino alla croce sul Piccolo Lagazuoi, Mattia ha letto la Preghiera dell’Alpino di fronte al 3° 4° plotone, seguito poi da una riflessione del Comandante Reggimento su caduti per la vetta di questa montagna.
La domenica ci hanno mostrato le armi ed i mezzi in dotazione all’esercito italiano; spettacolare ed indimenticabile è stato il giro fatto nel mezzo blindato Lince, usato dal nostro esercito nelle missioni all’estero. Altra esperienza positiva è stato il pernottamento in tenda presso l’area addestrativa Villabassa, dove abbiamo montato da noi le tende, abbiamo mangiato tutti assieme usando confezioni monouso e la sera cantato canzoni tipiche del corpo degli alpini per scaldare l’atmosfera. Il giorno seguente, invece, un ex Maresciallo degli Incursori ci ha spiegato le tecniche di sopravvivenza in zone impervie e il mimetismo nel bosco, seguito poi da un corso pronto soccorso militare. Attività più difficile, ma altrettanto divertente ed adrenalinica è stata la scalata presso la Palestra 74 e la ferrata presso la località Ponticello, dove abbiamo imparato ad arrampicare e ad affrontare un percorso ferrato. L’ultimo giorno è stato il più emozionante perché finalmente nostro obiettivo era stato raggiunto: ricevere il cappello d alpino. Il cappello ci è stato consegnato con tutti gli onori dei nostri comandanti alla presenza del Presidente nazionale Perona e del Generale di Divisione e Comandante delle Truppe Alpine Primicerj. E’ stata un’emozione grandissima, una così indescrivibile se non la si vive in prima persona. Oltre al piano fisico e teorico, aspetto importante è stato anche l’aver socializzato con persone che non si conoscevano e che venivano da tutte le parti d’Italia; dopo i primi giorni di smarrimento si impara a convivere, ad aiutarsi a vicenda, ad essere squadra ed affrontare al meglio le difficoltà.
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