2024 L'etica della comunicazione
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L’Etica della Comunicazione
Fiamme Verdi Ottobre 2004 di Enzo Faidutti
Era un desiderio che covava dentro di me da molto tempo. Gli studi lo hanno acceso, le vicissitudini della vita lo hanno alimentato, gli eventi lo hanno fatto sbocciare.
Non è tutta farina del mio sacco come si suol dire, ma coincide per sovrapposizione con il mio pensare quotidiano, con il mio modo di vedere e di valutare la realtà.
Ho trovato questi concetti sugli scritti del prof. Gianfranco Livraghi in un corso tenuto per Assoetica e mi sono permesso di esporli, in questa sede, senza particolari scopi se non quello di rendere disponibile una piacevole lettura.
Siamo immersi in una tempesta di messaggi comunicativi provenienti dalle persone che incontriamo e dai media che si insinuano nella nostra vita privata, in modo subdolo e furtivo, in modo particolare quando abbiamo la guardia abbassata, talvolta quando siamo nella quiete della nostra casa o quando spensierati ci troviamo a trascorrere momenti sereni con i nostri amici, quando cioè siamo più vulnerabili per carpire la nostra fiducia. Ciò ha suscitato questo mio desiderio di analisi.
Comunicare significa ascoltare e capire, definire con chiarezza su che cosa si sta comunicando e con quale linguaggio.
L’etica non è di moda. Ogni considerazione morale è trascurata, dimenticata. Nei rari casi in cui se ne parla è considerata, con disprezzo, “moralismo” – o si traduce in un vuoto cerimoniale delle apparenze. Uno dei fenomeni di involuzione e decadenza della società in cui viviamo è la perdita dei valori etici.
Si pensa che il profitto e, in particolare il profitto di breve periodo, sia l’unica misura di valore. Se il profitto è a scapito del bene generale, e in violazione dei fondamentali princìpi di etica e correttezza, il “successo” così ottenuto è ammirato e riverito, diventa “santificante” e rende irrilevante ogni altra considerazione.
Mi sembra importante chiarire, che non c’è una contraddizione assoluta e inderogabile fra il successo di un’impresa, o di ogni organizzazione umana, e i valori etici. Perciò l’etica non deve necessariamente rifiutare come “perversa” in assoluto la logica del profitto. E, viceversa, è concretamente possibile ottenere buoni e durevoli profitti comportandosi in modo eticamente corretto – o anche umanamente “generoso”, cioè con un impegno morale, umano e civile superiore a gli “obblighi” di legge o di costume e a una definizione “minima” di eticità.
Un altro aspetto del problema, è la differenza fra etica e diritto. Sappiamo che non sono la stessa cosa. Che comportamenti consentiti dalla legge possono essere eticamente inaccettabili – mentre comportamenti eticamente corretti possono non essere riconosciuti come tali dalle norme in vigore. Il problema è complesso e dobbiamo ricordare che esiste.
COMUNICAZIONE
La comunicazione è un nodo centrale di questo processo. È importante capire che esistere è comunicare. Che non può esistere una persona (o un’impresa) se non comunica.
Ma occorre anche capire che la comunicazione è un insieme inscindibile. Se c’è, come spesso accade, una scissione e distonia fra diverse manifestazioni della propria esistenza e, al tempo stesso delle relazioni con altri, le capacità di comunicazione e con esse l’identità, sono gravemente, se non irrimediabilmente, compromesse.
Coerenza, trasparenza, sincerità, rilevanza – di identità, di comportamento, di espressione – sono valori che aumentano profondamente la qualità e l’efficacia della comunicazione. Sono punti di forza, che crescono e si arricchiscono nel tempo. E sono anche valori etici.
Le distonie sono crepe, talvolta all’inizio invisibili, ma tendenti ad allargarsi, che possono far crollare l’edificio – non solo del sistema di comunicazione e di relazione, ma di tutta un’ impresa.
ESSERE O APPARIRE
Purtroppo è necessario, qui, aprire una parentesi. È preponderante la convinzione che essere non ha importanza, conta solo apparire. Molti comportamenti, anche quando il concetto non è dichiarato, sono basati su quella premessa che, di conseguenza, trova conferma e consenso.
Ma (a parte il fatto che ciò contrasta con i princìpi basilari dell’etica) è un percorso che si può rivelare molto pericoloso.
Perché la caduta dalle nuvole dell’apparenza e della finzione all’urto con la realtà può essere violenta e distruttiva. La cultura dell’apparire produce identità deboli e indistinte.
La cultura dell’essere è più impegnativa, ma costruisce identità e relazioni più forti, durevoli e riconoscibili. E sono anche valori etici.
RESPONSABILITA'
La responsabilità è un punto di riferimento fondamentale in cui convergono valori di gestione di comunicazione. Ognuno, ovviamente, deve essere responsabile di ciò che dice e di ciò che fa. E fra il dire e il fare ci dev’essere una corrispondenza precisa.
Quanto maggiori sono le risorse di comunicazione, e qualificata la capacità di usarle, tanto più alta e impegnativa è la responsabilità.
Definizioni chiare delle responsabilità e comportamenti responsabili nelle relazioni e comunicazioni sono fattori importanti di efficienza e coerenza in ogni genere di organizzazione. E sono anche valori etici
FIDUCIA
Un elemento portante in tutte le relazioni umane è la fiducia. È un bene di enorme valore, che cresce nel tempo. Ed è anche un valore etico.
Ma se non è ben radicata e coltivata diventa fragile. Ci vuole molto tempo per costruire solidi rapporti di fiducia, può bastarne poco per incrinarli o distruggerli.
A qualcuno si dà fiducia perché ci si fida di quella persona.
In quel modo il potere è spesso attribuito a persone capaci, competenti e con un forte senso di responsabilità.
Questo processo ha buone probabilità di generare potere “intelligente”. Una situazione in cui le persone scelte fanno bene a sé e ancora di più agli altri.
Qualche volta si può arrivare al sacrificio, quando le persone recano un danno a se stesse per il bene degli altri (se questo è fatto intenzionalmente non sempre colloca quelle persone nella categoria degli “sprovveduti”, perché occorre tener conto dei vantaggi morali, compresa la stima di sé e la fiducia degli altri, che possono derivare dal consapevole sacrificio). Ma vediamo assai meno esempi di “potere intelligente” di quanti ci piacerebbe vedere. Perché?
Il motivo è che c’è concorrenza. Competizione per il potere. Le persone che non cercano il potere in quanto tale, ma badano di più al bene altrui, hanno meno tempo ed energie da spendere per conquistare il potere o anche, per cercare di conservare quello che hanno.
Le persone assetate di potere, indipendentemente dai suoi effetti sulla società, si concentrano sulla lotta per il potere.
La maggior parte delle persone si colloca in qualche punto intermedio fra i due estremi, con molte diverse tonalità e sfumature. Ma l’elemento manipolatore tende a essere più aggressivo e perciò acquista più potere.
Anche quelle persone che cominciano con le migliori intenzioni possono essere costrette, nel tempo, a dedicare più energie a mantenere o accrescere il loro potere – fino a perdere di vista i loro obiettivi iniziali.
Un altro elemento, che peggiora le cose, è la megalomania.
Il potere è una droga, uno stupefacente.
Le persone al potere sono spesso indotte a pensare che perché sono al potere sono migliori, più capaci, più intelligenti, più sagge del resto dell’umanità. Sono anche circondate da cortigiani, seguaci e profittatori che rinforzano continuamente quell’illusione.Le persone che hanno o cercano il potere non sono più intelligenti, né più stupide, delle altre. Spesso sono solamente abili e astute.
VALORE
In sintesi: un sistema di comunicazione è più efficiente se è trasparente e corretto, cioè “etico“. L’etica non deve contrapporsi alla funzionalità, ma cercare i punti di efficace coesione e sinergia. La funzionalità deve non solo tener conto dell’etica, ma considerarla un fattore strutturale per la costruzione di valori solidi e duraturi.
Etica ed efficienza non sono la stessa cosa. Ma in un sistema ben concepito non sono in contrasto – e neppure in forzata e scomoda coesistenza. Si aiutano a vicenda, con un valore che, se costantemente nutrito, cresce nel tempo.
ARMONIA
Non è una divagazione poetica affermare che è “bella“ la condivisione di valori etici e umani. Quando si innescano circuiti di qualità non solo aumentano la produttività, la motivazione, la spinta al continuo miglioramento. Si realizzano anche situazioni e fatti che è corretto, significativo e rilevante definire “estetici“. Un sistema armonioso può realizzare livelli sorprendenti di efficienza e di forza competitiva. Nasce come ovvia contropartita una serie di regole di comportamento che chiamano in causa le specifiche responsabilità etiche dei promotori, dei gestori dei media, degli informatori e degli utenti.
Per tutti si tratta di acquisire e praticare anzitutto una deontologia professionale che non ignori ma includa tra i suoi criteri orientativi la dimensione etica, pena la disumanizzazione della stessa nel comunicare massmediale e, non solo. Per il pubblico fruitore si tratta di abilitarsi a decodificare criticamente i vari messaggi.