2011 CISA: Riflettiamo sui valori della solidarietà
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15° CONVEGNO ITINERANTE DELLA STAMPA ALPINA
Fiamme Verdi Maggio 2011Casale Monferrato, 2 aprile 2011
Nel 150° dell’Unità d’Italia riflettiamo sui valori della solidarietà e della linea associativa
A proposito di valori
di Dino Bridda *Direttore responsabile di “In marcia”, trimestrale della Sezione ANA di Belluno
Viviamo in un’epoca nella quale troppo spesso siamo abituati a parlare a suon di slogan, di luoghi comuni e di parole d’ordine. E’ un linguaggio imbarbarito che, oltre ad offendere la buona lingua, offende anche la nostra intelligenza. In effetti possiamo ben dire che ci meriteremmo qualcosa di più, ma dobbiamo anche renderci conto che siamo sovente schiavi del linguaggio dominante e dilagante della televisione, della pubblicità e della facile comunicazione che viaggia su internet.
Dentro il bombardamento delle parole che ci viene scaricato addosso con stillicidio quotidiano, tutti parlano, tutti pontificano, tutti hanno diritto di cittadinanza. Ora, qui a noi non interessano i problemi morali e giuridici della comunicazione globale della cosiddetta rete. A noi interessa il fatto che tale situazione, volenti o nolenti, ci coinvolge tutti e ci pone il problema che va ad intaccare anche il nostro essere associazione, nel presente e nel futuro, ivi compresa la nostra stampa alpina.
Il problema del linguaggio non è un mero problema formale ed estetico, è invece carico di sostanza. Facciamo subito un esempio pratico, riferendoci al significato e all’utilizzo di una parola assai abusata di questi tempi e con la quale molti, anzi troppi, si sciacquano la bocca adoperandola spesso di sproposito.
La parola in questione è VALORI, declinata al plurale perché in tal caso si intende un insieme di elementi che la compongono e che dovrebbero costituire il fondamento dell’educazione di un individuo, ma anche delle varie cellule sociali esistenti, dalla famiglia alla comunità locale, dal più piccolo consorzio umano alla nazione.
Quanto tale termine - VALORI - sia usato a sproposito, lo si può capire già andando a verificarne l’etimologia sul vocabolario. Al singolare VALORE significa possesso di notevoli doti morali e intellettuali o di capacità, specialmente nel campo professionale. Significa anche coraggio, ardimento spinto sino al sacrificio della propria vita. VALORE è anche virtù, nobiltà d’animo. Se mettiamo assieme tutte queste definizioni ce n’è già abbastanza per dire che tutti dovremmo sentirci stimolati ad attraversare la vita portandoci appresso questo carico di VALORE: è un fardello pesante, ma vale certamente la pena di portarlo se ciò ci può rendere più riconosciuti e ammirati dagli altri.
Declinato al plurale il termine assume molti altri significati che abbracciano svariati campi: esso ha un proprio senso specifico in economia, nelle transazioni commerciali, in matematica, in fisica, in musica e via dicendo.
A noi qui interessa porre l’attenzione sui VALORI intesi come principio assoluto e universale, specialmente nel campo morale. Questa è la definizione sulla quale dobbiamo riflettere per cercare di restituire a questa parola il suo vero significato originario. Infatti esso deriva dal latino valere, cioè essere valido, che trovò rispondenza anche nei linguaggi delle aree celtica, baltica, slava e germanica.
Su questa parola, pertanto, si è fondata molta filosofia, molta storia del pensiero umano, ma vi si sono ispirate anche parecchie Costituzioni dell’era moderna, oltre alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. I VALORI sono il fondamento della comunità e il nutrimento delle norme che regolano il vivere civile.
Detto questo, e sperando di non aver annoiato con una lezione di linguistica e glottologia, mi viene spontaneo pormi una domanda ad alta voce: «Quali sono i VALORI che regolano la vita e l’azione dell’Associazione Nazionale Alpini?». Io stesso, se interpellato così bruscamente, avrei qualche difficoltà ad essere chiaro ed esaustivo e mi limiterei a parlare di disponibilità, solidarietà, impegno civico e via dicendo. E magari lo direi senza alcun accento particolare, considerando tutto ciò come un bagaglio scontato, un patrimonio che, una volta acquisito, si mette a frutto quando serve, magari senza preoccuparci di fornirgli continue e periodiche iniezioni di nuovo slancio e di nuova linfa vitale.
I VALORI sono là, incastonati nel nostro labaro nazionale che, attraverso le sue 207 medaglie d’oro sta a ricordarci il VALORE inteso, come detto prima, quale coraggio, ardimento spinto sino al sacrificio della propria vita, nonché quale virtù e nobiltà d’animo che ai nostri predecessori, con questo cappello e con questa penna, non sono mai mancati in 139 anni di storia delle truppe alpine.
I VALORI stanno là, poi, incastonati nel nostro labaro e nei nostri vessilli e gagliardetti sotto forma di medaglie, attestati, cittadinanze onorarie che la comunità nazionale e le comunità locali ci hanno sempre riconosciuto quale premio, per l’appunto, della messa in pratica di princìpi che si chiamano, come già detto, disponibilità, solidarietà, impegno civico.
Tutto ciò si richiama allo spirito dei padri fondatori di questa Associazione che nel lontano 1919 presero una grande decisione, ovvero quella di non deporre mai lo zaino a terra. L’espressione può sembrare un po’ retorica, ma rende efficacemente lo spirito con il quale Arturo Andreoletti e i suoi collaboratori iniziarono quel cammino che noi oggi siamo chiamati a ripercorrere con altrettanto entusiasmo e senso di responsabilità.
Ma, andiamo per un attimo alla temperie culturale di quel momento, ovvero ai mesi immediatamente seguenti alla conclusione della prima guerra mondiale. La grande catastrofe bellica, che aveva attraversato l’Europa per cinque lunghi anni, non aveva lasciato sul campo soltanto milioni di morti e non aveva provocato solo milioni di feriti, di vedove, di orfani. La Grande Guerra aveva lasciato sul campo anche molte speranze dei popoli europei di uscirne con in mano un futuro di libertà, di democrazia, di tensione verso il benessere e la felicità.
La storia di quegli anni difficili la conosciamo bene e tutti sappiamo come andò a finire sino alle soglie del 1940, ovvero con l’affermarsi di totalitarismi di diversa impostazione che non possiamo certo considerare vie al benessere e alla felicità, se poi tutto si concluse con un’altra spaventosa guerra mondiale.
Ciò che mi preme sottolineare sta nel fatto che questa Associazione è nata come risposta concreta e responsabile ad una terrificante desertificazione dei VALORI che caratterizzò la vita del nostro Paese in quel lontano 1919, quando ai reduci dal fronte si sputava in faccia e chi era senza lavoro era costantemente in piazza a chiedere pane e libertà in una situazione di grande incertezza per le sorti del Paese.
I padri fondatori dell’ANA, memori della lezione risorgimentale, animati da vero spirito di unione e di fratellanza, riconoscenti del sacrificio dei loro padri, decisero che ALPINI lo si è SEMPRE!
Decisero che quello stesso spirito di solidarietà che aveva caratterizzato per secoli la vita delle piccole comunità di montagna, dalle quali i nostri antenati erano stati chiamati nel 1872 a costituire la milizia territoriale delle truppe alpine, quello stesso spirito non poteva essere accantonato il giorno dopo il congedo. Allora c’erano mille e un motivo per dichiararsi ciascuno PRESENTE, si capì che saremmo stati ancora utili, si decise di incamminarsi verso un nuovo avvenire di impegno al servizio della collettività. Ed è ciò che abbiamo sempre fatto e stiamo tuttora facendo, e non abbiamo alcuna intenzione di smettere, sia ben chiaro!
Ma oggi non è il 1919, anche se il tema della desertificazione dei VALORI mi appare di un’attualità sconcertante, per non dire drammatica. L’Italia del 1919 era smarrita, delusa, sbandata. Ciò che era rimasto in qualche modo valido sino allo scoppio della guerra, la stessa guerra si era portato via e con essa molti princìpi di stampo liberale che l’Ottocento ci aveva tramandato anche attraverso l’epopea risorgimentale.
Evidentemente ciò non bastava allora, ciò non basta adesso. Tornando alle battute iniziali, mi vedo costretto a sottolineare il fatto che non possiamo assolutamente dare per scontati e acquisiti in eterno i tanto decantati VALORI.
Questi benedetti VALORI, se è vero che informarono l’azione di Arturo Andreoletti e debbono informare allo stesso modo anche la nostra azione di oggi, è altrettanto vero che non sono reperti da museo, mummificati in una bacheca e visibili agli occhi di tutti come si guarda, per l’appunto, un oggetto del passato ben conservato in una teca di vetro.
Questi benedetti VALORI vanno sottoposti a cure periodiche di ossigeno, così come noi stessi facciamo per il nostro corpo e per la nostra mente per mantenerci in forma. L’ossigeno, in questo caso, è dato dalla nostra capacità di saper mettere in pratica quei VALORI adattandone l’impiego alle vere esigenze del momento nel quale siamo chiamati ad intervenire.
Oserei quasi dire che facciamo poca fatica a sfoderare la forza dei VALORI quando siamo in situazione di emergenza, ma forse questa è un’esagerazione dialettica. Allora dico: «Prendiamo esempio dalla nostra Protezione Civile che entra in campo in situazione di emergenza, ma è sempre pronta, in qualsiasi momento, perché perfettamente addestrata e collaudata da periodiche esercitazioni. Allora esercitiamoci di continuo e verifichiamo se sempre il nostro intervento risponda a criteri di autentica solidarietà, di dignità dell’impiego, di pertinenza del nostro ruolo e di peculiarità del nostro agire».
In altre parole, voglio dire che l’ALPINO non può essere uomo per tutte le stagioni! Quando la Patria ha chiamato, abbiamo sempre risposto. Mi permetto di ricordare a tutti noi, a mo’ d’esempio, che sino a qualche settimana fa i nostri ragazzi e ragazze del 7° Reggimento Alpini hanno fatto il loro dovere in Afghanistan lasciando purtroppo sul campo cinque commilitoni andati avanti e portandosi a casa la riconoscenza di quella povera gente e la stima e l’ammirazione dei nostri alleati.
Quando domani ci chiameranno - ma spero ardentemente di no - per un terremoto, un’alluvione, una qualsivoglia calamità, sono sicuro che non esiteremo a dire ancora una volta forte e chiaro: PRESENTE!
Voglio ricordare a me stesso e a voi tutti che ci caratterizza l’assoluta gratuità del gesto: diamo anche prima che ci venga chiesto, diamo perché sentiamo il dovere di dare, diamo senza chiedere nulla in cambio, non sono le ricompense o le gratifiche ciò che ci interessa, ci basta il sorriso e il grazie di coloro che abbiamo aiutato.
Ma, vedete, se ripeto che l’ALPINO non può essere uomo per tutte le stagioni intendo dire che proprio il patrimonio nobile dei nostri VALORI non dovrebbe permetterci di rispondere a qualsivoglia chiamata del tipo: «Non sappiamo come sbrigarcela? Chiamiamo gli alpini! Loro sono sempre disponibili, sono bravi e non costano nulla, al massimo ce la caviamo con un panino e un fiasco di vino!».
Forse detta così è un’affermazione un po’ troppo sbrigativa, ma rende di certo l’idea. Voglio dire che la nostra proverbiale disponibilità al servizio della collettività ha una sua, chiamiamola così, dignità che va rispettata proprio per la peculiarità che essa rappresenta. La quale è diversa, ma né migliore né peggiore, di quella dei Vigili del fuoco, della Protezione civile nazionale e periferica, della Croce Rossa e di tutti gli altri organismi di volontariato sociale operanti nel nostro Paese.
Ciascuno deve essere chiamato per essere impiegato per ciò che è la sua precisa caratteristica, ma non forzato a ruoli non meglio precisati di cosiddetto ordine pubblico al posto di chi dovrebbe, invece, essere chiamato poiché quello è il suo ruolo istituzionale. Sappiamo, però, che l’apparato pubblico è senza dubbio molto carente da questo punto di vista e che ha assoluta necessità delle forze private come possono esserlo, per l’appunto, gli ALPINI.
Qui allora entra in gioco l’ultimo VALORE del quale intendo parlare, ovvero quello della sussidiarietà. Più che di un VALORE vero e proprio, forse sarebbe il caso di parlare, invece, di strumento attraverso il quale pubblico e privato si aiutano a vicenda, si completano, si integrano e ottimizzano il servizio nei confronti di coloro i quali ne hanno bisogno, ovvero i vari soggetti della collettività.
In senso etimologico va ricordato che sussidiarietà è un termine derivante dal latino subsidium, che nel vocabolario militare indicava le truppe di riserva, e in italiano il verbo sussidiare e il sostantivo sussidiario in genere evocano l'idea di una funzione ausiliaria.
L’evoluzione del senso di questo termine sussidiarietà oggi ne fa un caposaldo dell’attività di governo della cosa pubblica sin dalle sue manifestazioni territorialmente più circoscritte, ovvero i Comuni. Infatti la nostra Protezione Civile e la nostra Associazione, intesa nelle sue forme di Sezione e di Gruppo, si rapportano più di frequente proprio con i Comuni e lo fanno in base all’ormai acquisito concetto della sussidiarietà che spesso risolve molti problemi dei pubblici amministratori al punto, lasciatemelo dire, da cavare loro le castagne dal fuoco, come si dice in gergo!
Oggi la sussidiarietà emerge come una nuova e originale concezione dello Stato e delle sue varie articolazioni al punto da determinare i rapporti che essi debbono istituire con la società e tale per cui l'azione dei primi si affianca a quella dei vari soggetti sociali nel perseguimento del bene comune.
Credo siamo tutti d’accordo, pertanto, nel riconoscere che le azioni dell’ANA e della sua Protezione Civile si esplicano proprio sul perseguimento del bene comune e sulla base di quei VALORI dei quali s’è ampiamente trattato sin qui.
E’ altrettanto vero che, in un regime cosiddetto di sussidiarietà orizzontale, dove ciascuno ha un ruolo complementare all’altro ai fini del raggiungimento dell’obiettivo finale, non possono e non debbono esistere situazioni di disparità tra i vari attori. Tradotto in termini più concreti tutto ciò significa che, se ciascuno fa il suo e tutti assieme fanno il tutto nei confronti di terzi, ciò si deve svolgere su un piano di assoluta parità. Il che vuol dire che, se gli ALPINI ci mettono l’opera, le braccia, il tempo, la loro proverbiale disponibilità non disgiunta da una riconosciuta professionalità, il soggetto pubblico con il quale gli ALPINI interagiscono in regime di sussidiarietà ci deve mettere le risorse e i mezzi necessari per raggiungere lo scopo.
Ma c’è di più. Va bene dare senza pretendere né aspettarsi nulla in cambio, se non la gratitudine del beneficiato, ma quando sono gli ALPINI ad avere una necessità propria, sempre indirizzata comunque al perseguimento del bene comune, ci si aspetterebbe che l’altro soggetto - il pubblico - fosse presente e facesse la sua parte.
Talvolta ciò non accade, purtroppo, ma si badi bene che noi non agiamo secondo l’antico detto latino do ut des, ovvero dò perché mi venga dato, ma agiamo secondo il principio del più assoluto disinteresse. E allora l’altro principio, quello già ripetuto più volte, ovvero della sussidiarietà, pretenderebbe che agli ALPINI si riconoscessero in concreto le risorse necessarie a mettere in pratica i loro veri VALORI. In ogni modo il soggetto pubblico ne verrebbe sempre a risparmiare, anzi a guadagnare.
Credo che su questi temi ci potremo giocare il futuro associativo ed alcuni indirizzi già si possono trovare nel documento che il Consiglio Nazionale ha proposto tempo fa all’attenzione della nostra rete associativa.
Maggiormente là dove si dice che lo scopo dell’ANA è certamente quello di tramandare i valori ed uno stile di vita e ciò comporta alcune conseguenze e caratteristiche e ci induce ad operare su tre fondamentali linee:
- LA MEMORIA che consiste nel difendere le caratteristiche delle Truppe Alpine; nell’essere buoni cittadini ed amare la Patria, nell’evitare i conflitti generazionali;
- LA SOLIDARIETA’ che consiste nel potenziare la Protezione Civile e l’Ospedale da campo e costituire punto di riferimento delle nostre comunità;
- LA SOCIETA’ che consiste nel rappresentare un modello di società buona e possibile, nel vigilare sulle nostre montagne e sulle nostre comunità, nell’essere presidio di italianità e dei migliori valori della Nazione, nel monitorare l’evoluzione dei lavori parlamentari nell’interesse della tutela degli scopi morali e operativi dell’ANA.
Dentro il bombardamento delle parole che ci viene scaricato addosso con stillicidio quotidiano, tutti parlano, tutti pontificano, tutti hanno diritto di cittadinanza. Ora, qui a noi non interessano i problemi morali e giuridici della comunicazione globale della cosiddetta rete. A noi interessa il fatto che tale situazione, volenti o nolenti, ci coinvolge tutti e ci pone il problema che va ad intaccare anche il nostro essere associazione, nel presente e nel futuro, ivi compresa la nostra stampa alpina.
Il problema del linguaggio non è un mero problema formale ed estetico, è invece carico di sostanza. Facciamo subito un esempio pratico, riferendoci al significato e all’utilizzo di una parola assai abusata di questi tempi e con la quale molti, anzi troppi, si sciacquano la bocca adoperandola spesso di sproposito.
La parola in questione è VALORI, declinata al plurale perché in tal caso si intende un insieme di elementi che la compongono e che dovrebbero costituire il fondamento dell’educazione di un individuo, ma anche delle varie cellule sociali esistenti, dalla famiglia alla comunità locale, dal più piccolo consorzio umano alla nazione.
Quanto tale termine - VALORI - sia usato a sproposito, lo si può capire già andando a verificarne l’etimologia sul vocabolario. Al singolare VALORE significa possesso di notevoli doti morali e intellettuali o di capacità, specialmente nel campo professionale. Significa anche coraggio, ardimento spinto sino al sacrificio della propria vita. VALORE è anche virtù, nobiltà d’animo. Se mettiamo assieme tutte queste definizioni ce n’è già abbastanza per dire che tutti dovremmo sentirci stimolati ad attraversare la vita portandoci appresso questo carico di VALORE: è un fardello pesante, ma vale certamente la pena di portarlo se ciò ci può rendere più riconosciuti e ammirati dagli altri.
Declinato al plurale il termine assume molti altri significati che abbracciano svariati campi: esso ha un proprio senso specifico in economia, nelle transazioni commerciali, in matematica, in fisica, in musica e via dicendo.
A noi qui interessa porre l’attenzione sui VALORI intesi come principio assoluto e universale, specialmente nel campo morale. Questa è la definizione sulla quale dobbiamo riflettere per cercare di restituire a questa parola il suo vero significato originario. Infatti esso deriva dal latino valere, cioè essere valido, che trovò rispondenza anche nei linguaggi delle aree celtica, baltica, slava e germanica.
Su questa parola, pertanto, si è fondata molta filosofia, molta storia del pensiero umano, ma vi si sono ispirate anche parecchie Costituzioni dell’era moderna, oltre alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. I VALORI sono il fondamento della comunità e il nutrimento delle norme che regolano il vivere civile.
Detto questo, e sperando di non aver annoiato con una lezione di linguistica e glottologia, mi viene spontaneo pormi una domanda ad alta voce: «Quali sono i VALORI che regolano la vita e l’azione dell’Associazione Nazionale Alpini?». Io stesso, se interpellato così bruscamente, avrei qualche difficoltà ad essere chiaro ed esaustivo e mi limiterei a parlare di disponibilità, solidarietà, impegno civico e via dicendo. E magari lo direi senza alcun accento particolare, considerando tutto ciò come un bagaglio scontato, un patrimonio che, una volta acquisito, si mette a frutto quando serve, magari senza preoccuparci di fornirgli continue e periodiche iniezioni di nuovo slancio e di nuova linfa vitale.
I VALORI sono là, incastonati nel nostro labaro nazionale che, attraverso le sue 207 medaglie d’oro sta a ricordarci il VALORE inteso, come detto prima, quale coraggio, ardimento spinto sino al sacrificio della propria vita, nonché quale virtù e nobiltà d’animo che ai nostri predecessori, con questo cappello e con questa penna, non sono mai mancati in 139 anni di storia delle truppe alpine.
I VALORI stanno là, poi, incastonati nel nostro labaro e nei nostri vessilli e gagliardetti sotto forma di medaglie, attestati, cittadinanze onorarie che la comunità nazionale e le comunità locali ci hanno sempre riconosciuto quale premio, per l’appunto, della messa in pratica di princìpi che si chiamano, come già detto, disponibilità, solidarietà, impegno civico.
Tutto ciò si richiama allo spirito dei padri fondatori di questa Associazione che nel lontano 1919 presero una grande decisione, ovvero quella di non deporre mai lo zaino a terra. L’espressione può sembrare un po’ retorica, ma rende efficacemente lo spirito con il quale Arturo Andreoletti e i suoi collaboratori iniziarono quel cammino che noi oggi siamo chiamati a ripercorrere con altrettanto entusiasmo e senso di responsabilità.
Ma, andiamo per un attimo alla temperie culturale di quel momento, ovvero ai mesi immediatamente seguenti alla conclusione della prima guerra mondiale. La grande catastrofe bellica, che aveva attraversato l’Europa per cinque lunghi anni, non aveva lasciato sul campo soltanto milioni di morti e non aveva provocato solo milioni di feriti, di vedove, di orfani. La Grande Guerra aveva lasciato sul campo anche molte speranze dei popoli europei di uscirne con in mano un futuro di libertà, di democrazia, di tensione verso il benessere e la felicità.
La storia di quegli anni difficili la conosciamo bene e tutti sappiamo come andò a finire sino alle soglie del 1940, ovvero con l’affermarsi di totalitarismi di diversa impostazione che non possiamo certo considerare vie al benessere e alla felicità, se poi tutto si concluse con un’altra spaventosa guerra mondiale.
Ciò che mi preme sottolineare sta nel fatto che questa Associazione è nata come risposta concreta e responsabile ad una terrificante desertificazione dei VALORI che caratterizzò la vita del nostro Paese in quel lontano 1919, quando ai reduci dal fronte si sputava in faccia e chi era senza lavoro era costantemente in piazza a chiedere pane e libertà in una situazione di grande incertezza per le sorti del Paese.
I padri fondatori dell’ANA, memori della lezione risorgimentale, animati da vero spirito di unione e di fratellanza, riconoscenti del sacrificio dei loro padri, decisero che ALPINI lo si è SEMPRE!
Decisero che quello stesso spirito di solidarietà che aveva caratterizzato per secoli la vita delle piccole comunità di montagna, dalle quali i nostri antenati erano stati chiamati nel 1872 a costituire la milizia territoriale delle truppe alpine, quello stesso spirito non poteva essere accantonato il giorno dopo il congedo. Allora c’erano mille e un motivo per dichiararsi ciascuno PRESENTE, si capì che saremmo stati ancora utili, si decise di incamminarsi verso un nuovo avvenire di impegno al servizio della collettività. Ed è ciò che abbiamo sempre fatto e stiamo tuttora facendo, e non abbiamo alcuna intenzione di smettere, sia ben chiaro!
Ma oggi non è il 1919, anche se il tema della desertificazione dei VALORI mi appare di un’attualità sconcertante, per non dire drammatica. L’Italia del 1919 era smarrita, delusa, sbandata. Ciò che era rimasto in qualche modo valido sino allo scoppio della guerra, la stessa guerra si era portato via e con essa molti princìpi di stampo liberale che l’Ottocento ci aveva tramandato anche attraverso l’epopea risorgimentale.
Evidentemente ciò non bastava allora, ciò non basta adesso. Tornando alle battute iniziali, mi vedo costretto a sottolineare il fatto che non possiamo assolutamente dare per scontati e acquisiti in eterno i tanto decantati VALORI.
Questi benedetti VALORI, se è vero che informarono l’azione di Arturo Andreoletti e debbono informare allo stesso modo anche la nostra azione di oggi, è altrettanto vero che non sono reperti da museo, mummificati in una bacheca e visibili agli occhi di tutti come si guarda, per l’appunto, un oggetto del passato ben conservato in una teca di vetro.
Questi benedetti VALORI vanno sottoposti a cure periodiche di ossigeno, così come noi stessi facciamo per il nostro corpo e per la nostra mente per mantenerci in forma. L’ossigeno, in questo caso, è dato dalla nostra capacità di saper mettere in pratica quei VALORI adattandone l’impiego alle vere esigenze del momento nel quale siamo chiamati ad intervenire.
Oserei quasi dire che facciamo poca fatica a sfoderare la forza dei VALORI quando siamo in situazione di emergenza, ma forse questa è un’esagerazione dialettica. Allora dico: «Prendiamo esempio dalla nostra Protezione Civile che entra in campo in situazione di emergenza, ma è sempre pronta, in qualsiasi momento, perché perfettamente addestrata e collaudata da periodiche esercitazioni. Allora esercitiamoci di continuo e verifichiamo se sempre il nostro intervento risponda a criteri di autentica solidarietà, di dignità dell’impiego, di pertinenza del nostro ruolo e di peculiarità del nostro agire».
In altre parole, voglio dire che l’ALPINO non può essere uomo per tutte le stagioni! Quando la Patria ha chiamato, abbiamo sempre risposto. Mi permetto di ricordare a tutti noi, a mo’ d’esempio, che sino a qualche settimana fa i nostri ragazzi e ragazze del 7° Reggimento Alpini hanno fatto il loro dovere in Afghanistan lasciando purtroppo sul campo cinque commilitoni andati avanti e portandosi a casa la riconoscenza di quella povera gente e la stima e l’ammirazione dei nostri alleati.
Quando domani ci chiameranno - ma spero ardentemente di no - per un terremoto, un’alluvione, una qualsivoglia calamità, sono sicuro che non esiteremo a dire ancora una volta forte e chiaro: PRESENTE!
Voglio ricordare a me stesso e a voi tutti che ci caratterizza l’assoluta gratuità del gesto: diamo anche prima che ci venga chiesto, diamo perché sentiamo il dovere di dare, diamo senza chiedere nulla in cambio, non sono le ricompense o le gratifiche ciò che ci interessa, ci basta il sorriso e il grazie di coloro che abbiamo aiutato.
Ma, vedete, se ripeto che l’ALPINO non può essere uomo per tutte le stagioni intendo dire che proprio il patrimonio nobile dei nostri VALORI non dovrebbe permetterci di rispondere a qualsivoglia chiamata del tipo: «Non sappiamo come sbrigarcela? Chiamiamo gli alpini! Loro sono sempre disponibili, sono bravi e non costano nulla, al massimo ce la caviamo con un panino e un fiasco di vino!».
Forse detta così è un’affermazione un po’ troppo sbrigativa, ma rende di certo l’idea. Voglio dire che la nostra proverbiale disponibilità al servizio della collettività ha una sua, chiamiamola così, dignità che va rispettata proprio per la peculiarità che essa rappresenta. La quale è diversa, ma né migliore né peggiore, di quella dei Vigili del fuoco, della Protezione civile nazionale e periferica, della Croce Rossa e di tutti gli altri organismi di volontariato sociale operanti nel nostro Paese.
Ciascuno deve essere chiamato per essere impiegato per ciò che è la sua precisa caratteristica, ma non forzato a ruoli non meglio precisati di cosiddetto ordine pubblico al posto di chi dovrebbe, invece, essere chiamato poiché quello è il suo ruolo istituzionale. Sappiamo, però, che l’apparato pubblico è senza dubbio molto carente da questo punto di vista e che ha assoluta necessità delle forze private come possono esserlo, per l’appunto, gli ALPINI.
Qui allora entra in gioco l’ultimo VALORE del quale intendo parlare, ovvero quello della sussidiarietà. Più che di un VALORE vero e proprio, forse sarebbe il caso di parlare, invece, di strumento attraverso il quale pubblico e privato si aiutano a vicenda, si completano, si integrano e ottimizzano il servizio nei confronti di coloro i quali ne hanno bisogno, ovvero i vari soggetti della collettività.
In senso etimologico va ricordato che sussidiarietà è un termine derivante dal latino subsidium, che nel vocabolario militare indicava le truppe di riserva, e in italiano il verbo sussidiare e il sostantivo sussidiario in genere evocano l'idea di una funzione ausiliaria.
L’evoluzione del senso di questo termine sussidiarietà oggi ne fa un caposaldo dell’attività di governo della cosa pubblica sin dalle sue manifestazioni territorialmente più circoscritte, ovvero i Comuni. Infatti la nostra Protezione Civile e la nostra Associazione, intesa nelle sue forme di Sezione e di Gruppo, si rapportano più di frequente proprio con i Comuni e lo fanno in base all’ormai acquisito concetto della sussidiarietà che spesso risolve molti problemi dei pubblici amministratori al punto, lasciatemelo dire, da cavare loro le castagne dal fuoco, come si dice in gergo!
Oggi la sussidiarietà emerge come una nuova e originale concezione dello Stato e delle sue varie articolazioni al punto da determinare i rapporti che essi debbono istituire con la società e tale per cui l'azione dei primi si affianca a quella dei vari soggetti sociali nel perseguimento del bene comune.
Credo siamo tutti d’accordo, pertanto, nel riconoscere che le azioni dell’ANA e della sua Protezione Civile si esplicano proprio sul perseguimento del bene comune e sulla base di quei VALORI dei quali s’è ampiamente trattato sin qui.
E’ altrettanto vero che, in un regime cosiddetto di sussidiarietà orizzontale, dove ciascuno ha un ruolo complementare all’altro ai fini del raggiungimento dell’obiettivo finale, non possono e non debbono esistere situazioni di disparità tra i vari attori. Tradotto in termini più concreti tutto ciò significa che, se ciascuno fa il suo e tutti assieme fanno il tutto nei confronti di terzi, ciò si deve svolgere su un piano di assoluta parità. Il che vuol dire che, se gli ALPINI ci mettono l’opera, le braccia, il tempo, la loro proverbiale disponibilità non disgiunta da una riconosciuta professionalità, il soggetto pubblico con il quale gli ALPINI interagiscono in regime di sussidiarietà ci deve mettere le risorse e i mezzi necessari per raggiungere lo scopo.
Ma c’è di più. Va bene dare senza pretendere né aspettarsi nulla in cambio, se non la gratitudine del beneficiato, ma quando sono gli ALPINI ad avere una necessità propria, sempre indirizzata comunque al perseguimento del bene comune, ci si aspetterebbe che l’altro soggetto - il pubblico - fosse presente e facesse la sua parte.
Talvolta ciò non accade, purtroppo, ma si badi bene che noi non agiamo secondo l’antico detto latino do ut des, ovvero dò perché mi venga dato, ma agiamo secondo il principio del più assoluto disinteresse. E allora l’altro principio, quello già ripetuto più volte, ovvero della sussidiarietà, pretenderebbe che agli ALPINI si riconoscessero in concreto le risorse necessarie a mettere in pratica i loro veri VALORI. In ogni modo il soggetto pubblico ne verrebbe sempre a risparmiare, anzi a guadagnare.
Credo che su questi temi ci potremo giocare il futuro associativo ed alcuni indirizzi già si possono trovare nel documento che il Consiglio Nazionale ha proposto tempo fa all’attenzione della nostra rete associativa.
Maggiormente là dove si dice che lo scopo dell’ANA è certamente quello di tramandare i valori ed uno stile di vita e ciò comporta alcune conseguenze e caratteristiche e ci induce ad operare su tre fondamentali linee:
- LA MEMORIA che consiste nel difendere le caratteristiche delle Truppe Alpine; nell’essere buoni cittadini ed amare la Patria, nell’evitare i conflitti generazionali;
- LA SOLIDARIETA’ che consiste nel potenziare la Protezione Civile e l’Ospedale da campo e costituire punto di riferimento delle nostre comunità;
- LA SOCIETA’ che consiste nel rappresentare un modello di società buona e possibile, nel vigilare sulle nostre montagne e sulle nostre comunità, nell’essere presidio di italianità e dei migliori valori della Nazione, nel monitorare l’evoluzione dei lavori parlamentari nell’interesse della tutela degli scopi morali e operativi dell’ANA.
In questi passaggi fondamentali che vi ho appena elencato c’è un carico notevole di VALORI e di azioni conseguenti da compiere ed è quanto basta per informare al meglio la linea associativa futura.
Per avviarmi alla conclusione, ribadisco con forza una lettura per certi aspetti drammatica della nostra società odierna e che è rappresentata dalla cosiddetta desertificazione dei VALORI.
Ebbene, a tutti i soci attuali, agli alpini “dormienti”, a quelli che verranno e a tutti coloro i quali vorranno condividere il nostro cammino, all’intera collettività nazionale e a tutte le comunità locali, l’ANA è ancora in grado di opporsi a tale desertificazione e di offrire un patrimonio molto ricco e prezioso di testimonianza e di azione che davvero deve preludere alla costruzione di una società buona e possibile.
Io credo fermamente in tutto ciò e su tale convinzione baso la mia opera al servizio della nostra Associazione, ma vorrei riuscire a condividere questa linea anche con altri soggetti esterni all’ANA.
In poche parole, e per finire, vorrei continuare ad operare per e in un’Associazione che sia portatrice sana di un altrettanto sano contagio: il contagio dei VALORI che nessun tempo riesce a scalfire né a cambiare proprio per contribuire a edificare una società buona e possibile per noi e per le future generazioni alle quali lasceremo il testimone.
Sentiamone tutta la responsabilità e agiamo di conseguenza, da bravi ALPINI!
Per avviarmi alla conclusione, ribadisco con forza una lettura per certi aspetti drammatica della nostra società odierna e che è rappresentata dalla cosiddetta desertificazione dei VALORI.
Ebbene, a tutti i soci attuali, agli alpini “dormienti”, a quelli che verranno e a tutti coloro i quali vorranno condividere il nostro cammino, all’intera collettività nazionale e a tutte le comunità locali, l’ANA è ancora in grado di opporsi a tale desertificazione e di offrire un patrimonio molto ricco e prezioso di testimonianza e di azione che davvero deve preludere alla costruzione di una società buona e possibile.
Io credo fermamente in tutto ciò e su tale convinzione baso la mia opera al servizio della nostra Associazione, ma vorrei riuscire a condividere questa linea anche con altri soggetti esterni all’ANA.
In poche parole, e per finire, vorrei continuare ad operare per e in un’Associazione che sia portatrice sana di un altrettanto sano contagio: il contagio dei VALORI che nessun tempo riesce a scalfire né a cambiare proprio per contribuire a edificare una società buona e possibile per noi e per le future generazioni alle quali lasceremo il testimone.
Sentiamone tutta la responsabilità e agiamo di conseguenza, da bravi ALPINI!
15° CISA
Fiamme Verdi Dicembre 2011
Nel 150° dell’Unità d’Italia riflettiamo sui valori della solidarietà e della linea associativa
Dal 2 al 3 aprile 2011, a Casale Monferrato, si sono svolti i lavori del 15° convegno CISA
La nostra sezione era presente con Enzo Faidutti, referente per il centro studi e Federico Furlan, referente per le attività museali.
E’ stata un’occasione per calorosi incontri tra amici, ma anche e soprattutto un’opportunità di lavoro tra alpini che dedicano volontariamente la loro opera perché l’ANA continui ad essere vitale ed attuale, attraverso le sue attività, quali la stampa Alpina, l’attività didattica e la rete di musei ANA.
Scopo dei lavori è mantenere il collegamento tra la “base” e i vertici , con il necessario interscambio di idee. Sono state esposte le linee guida e i criteri a cui le attività devono riferirsi e conformarsi, ma è stata anche una occasione per ricercare la condivisione e lo scambio di esperienze.
Le tre attività in argomento:
- giornali di sezione e gruppi, tra i quali il giornale ufficiale ANA nazionale, l’Alpino
- centro studi per la didattica
- centro studi per la rete dei suoi musei
Al rientro, entrambi i delegati hanno riferito in merito al consiglio direttivo. La percezione riportata è che la sezione abbia fatto una bella figura. In particolare si ricorda il cerimoniere all’alzabandiera di domenica mattina, che, visto schierato il solo vessillo della nostra sezione, ha declamato “Conegliano, sempre presente” e ci ha allineato al vessillo ospitante.
Questo il riassunto delle attività svolte:
Venerdì: Registrazione, saluti agli amici esteri e italiani conosciuti al CISA 2010.
Sabato: alzabandiera, vessillo della sezione Conegliano presente, canto inno nazionale. Inizio lavori con i saluti del presidente nazionale. Per le forze armate è presente il generale Rossi.
Omaggio ai caduti presso il monumento: Marcia di avvicinamento in ordine sparso: per questioni di traffico il Comune non ha autorizzato una sfilata. I vessilli si allineano sui marciapiedi, poi invadono la strada. Cerimonia con vessilli schierati, canto inno nazionale.
Domenica 3 aprile: alzabandiera, ripresa lavori del CISA, conclusione lavori e saluti del presidente Perona.
Centro studi
- Il responsabile lamenta che i referenti non inviano i dati richiesti (libro verde) e che in genere risultano poco attivi. Dall’assemblea viene suggerito che i presidenti di sezione vengano invitati a gestire l’attività del centro studi e il suo referente, come tutte le altre attività importanti. A riguardo del libro verde, Conegliano puntuale e complimenti a Claudio, efficientissimo.
- il responsabile per la didattica presenta un dvd definitivo per questa attività.
- il responsabile dell’attività dei musei presenta la guida dei musei nel sito web ANA.
Riunione stampa Alpina
Vengono discussi i problemi legati alla redazione degli articoli, delle difficoltà a trovare i redattori ed altri problemi correlati; viene raccomandato che gli articoli riflettano sempre la linea dell’associazione ANA, rimanendo al di sopra delle parti.
Il direttore dell’Alpino informa circa l’incremento del costo di spedizione, causa l’eliminazione delle agevolazioni per le associazioni: il costo sarà riportato nella quota di iscrizione.
Riunione responsabili musei
- Viene lamentato un ritardo nell’invio delle informazioni richieste dal centro studi.
Per velocizzare le comunicazioni, si suggerisce di procedere con collegamenti diretti via email, tra i referenti operativi dei musei, con copia alla sezioni e centro studi. Per la corrispondenza via email si ritiene opportuno di utilizzare indirizzi di sezione ed evitare indirizzi privati.
- Viene esaminata in dettaglio la guida ai musei ANA; alla data sono presenti circa la metà di quelli in essere, la parte restante non ha ancora fornito le informazioni necessarie.
La guida è in formato elettronico e può essere aggiornata mensilmente; è una caratteristica importante per il nostro museo, che rinnova ogni anno le proprie mostre; in tal modo può pubblicizzarle tempestivamente. Il nostro comitato ha provveduto ad inviare al centro studi una presentazione ed una serie di foto rappresentative della mostra del 150°; il centro studi ha già aggiornato il sito.
- abbiamo consegnato locandine del museo e della mostra 150° a tutti i responsabili dei musei presenti; è stato loro proposto lo scambio di locandine, da consegnare ai visitatori e procurare una reciproca pubblicità; la proposta viene accettata da tutti e si procederà in merito.
Federico Furlan