2013 Alpini a Rossosch un ponte tra due popoli
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Alpini a Rossosch, un ponte tra due popoli
Fiamme Verdi Dicembre 2013
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Sempre in prima fila quando c’è da “fare”, non da “dire”… ché, a dire, son buoni tutti. E il “fare” costituisce il modo di parlare - ci si perdoni un po’ il bisticcio - degli Alpini. Nelle cui schiere, in prima fila, ci sono quelli della Sezione di Conegliano, e di Bassano del Grappa. Perché così hanno parlato vent’anni fa, appunto, in quel di Rossosch, nella progettazione e nella costruzione dell’Asilo Sorriso, là dove c’era il comando del Corpo d’Armata durante la campagna di Russia – parola di chi scrive, non alpino, ma testimone!
Basta qualche nome a dare l’idea di questo impegno in prima persona, a parte il numero ragguardevole di volontari al lavoro, e di titolari di aziende che avevano fornito materiali e generi vari per la realizzazione di un’impresa ardua, da taluni considerata un sogno, ma diventata realtà. Da Possagno (provincia di Treviso, Sezione Montegrappa di Bassano), i fratelli Favero: Sebastiano ingegnere, attuale presidente nazionale dell’Ana e Davide architetto; da Bassano, il loro zio, Bortolo Busnardo, geometra, che è andato avanti nel 2012. Reca la loro firma il progetto dell’edificio, esteticamente originale, e funzionale.
Dalla Sezione di Conegliano, ecco l’apporto a livello direttivo sul campo di Lino Chies e del capocantiere Sante Cietto (Soligo), che è “andato avanti”. Ma ecco il contributo di Aldo Tomasella e dei suoi fratelli Luigi, Mariano, Pietro, della CTM di San Fior, realizzatori del parco giochi, in memoria del padre Vittorio, ferito durante la campagna di Russia. E Aldo era fra i 400 fra alpini, familiari dei Caduti, amici, che nel settembre scorso hanno preso parte al viaggio pellegrinaggio a Rossosch e a Nikolajewka.
Nutrita la rappresentanza coneglianese e trevigiana più in generale. Nutrita e consapevole di un approccio (o di un ritorno) di grande significato.
E nel caso recente, non soltanto per ricordare i Caduti della battaglia di Nikolajewka e della campagna di Russia più in generale, ma pure di non pochi fra i protagonisti dell’Operazione Sorriso di vent’anni or sono, nel frattempo “andati avanti”: dall’ideatore di questo “monumento”, Ferruccio Panazza, al presidente nazionale Ana dell’epoca, Leonardo Caprioli, dal segretario organizzativo Angelo Greppi ai già citati Bortolo Busnardo e Sante Cietto. La consapevolezza, dunque, di compiere un viaggio-pellegrinaggio nella memoria dei Caduti era in tutti, e in tutti, il senso di un’italianità fortemente sentita.
Ecco, ci siamo detti, questa è un’Italia di valore e di valori. Non ha mancato di sottolinearlo peraltro il presidente nazionale dell’Ana Sebastiano Favero in un breve ma intenso discorso durante la celebrazione dell’anniversario davanti all’asilo stesso, presente fra gli altri l’addetto militare all’ambasciata italiana di Mosca, generale Giovanni Armentani. Valori degli Alpini in forza dei quali lo spirito di oggi è lo stesso di allora, quello spirito che indusse Ferruccio Panazza a pensarlo, questo monumento il cuore, la generosità della Penne Nere - con il cuore e la generosità, le Penne Nere ci avevano poi messo le mani, “mani benedette”, come qualcuno ha voluto definirle.
E ancora, tornando a Favero, cuore, generosità e mani per “rompere le barriere” che settant’anni fa dividevano Italia e Russia. L’Ana aveva concepito l’Operazione Sorriso proprio come segno di solidarietà, pace, legame di amicizia da chi, allora, venne da invasore. Il significato di questo “monumento” l’ha compreso appieno anche l’attuale sindaco Markov, e bene espresso con parole chiare: perché la tragedia di allora non si ripeta.
L’Asilo Sorriso, secondo il primo cittadino di Rossosch, non è soltanto un “monumento”, ma anche “un atto di pentimento e un segno di amicizia… Una grande costruzione simile a un grande ponte sul quale due popoli si tendono la mano, possono costruire rapporti di amicizia. “Nel mondo – ha concluso – non credo ci sia un monumento come questo…”. Ed è vero. Nessun invasore è poi tornato sui luoghi occupati a costruirvi “monumenti” come quello realizzato dall’Ana - Meditate, gente, meditate - vien da osservare! La cerimonia all’asilo di Rossosch, nella giornata di sabato 21 settembre, era stata aperta dalla messa celebrata da don Bruno Fasani, direttore del mensile “L’Alpino”, le cui parole, al Vangelo si attagliavano particolarmente ai sentimenti delle Penne Nere: un asilo che è sintesi di fraternità, vocazione umana in opposizione all’idolatria del potere oggi imperante.
Lo stesso don Fasani che altre toccanti parole avrebbe pronunciato l’indomani, a Nikolajewka, alla fossa comune durante la messa officiata sul cippo che ricorda quei Caduti ignoti. E qui (come del resto sul Don e a Quota Pisello), dopo le feste di Rossosch, con i bambini a danzare e a cantare, si è rinnovata la memoria di settant’anni fa. Figli e/o parenti di Caduti, di dispersi, alpini di ieri e di oggi (alpini di sempre!), amici delle Penne Nere, hanno silenziosamente guardato, pensato, pregato.
Il Coro Ana di Trento che aveva accompagnato i canti della messa, ha poi intonato “Signore delle Cime” e quindi “Nikolajewka”, le note di Bepi De Marzi che innalzano al cielo, che toccano nel profondo, che sono preghiera esse stesse, appunto - ispirate dalle pagine di Giulio Bedeschi… Un’atmosfera irreale, quasi, nella piana immensa, vicino a quel cippo, con quella memoria.
E così si è potuta ben capire la commozione del vicepresidente nazionale dell’Ana Nino Geronazzo, nel leggere la Preghiera dell’Alpino, così come in precedenza, a Rossosch, Lino Chies aveva letto la “Preghiera del volontario”: con un groppo alla gola… Qualcuno ha strappato (letteralmente con le mani), un pugno di terra, qualche altro ha sgranato semi di girasole nella piantagione attigua al cippo. Gesti che soltanto le ragioni del cuore possono farci intendere.
Del resto, come sottolineato dallo storico Alim Morozov, bambino ai tempi dell’occupazione italiana di Rossosch, l’opera degli Alpini ha voluto cancellare la guerra!
Giovanni Lugaresi