2015 Ciao Presidente Paolo Gai
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La morte di Paolo Gai:
ciao Presidente
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Fiamme Verdi Dicembre 2015 di Giorgio Visentin
Sono stato a trovare il comm. Paolo Gai poche settimane prima che egli, il primo di luglio, posasse definitivamente lo zaino a terra per affrontare più leggero e spedito l’erto sentiero che porta alla montagna di Cantore, quella più alta che si perde nelle nuvole, per non tardare lassù dove lo stava aspettando il Dio del Cielo, nostro Signore delle Cime.
Dovevo restituirgli il materiale e le foto che gli avevo chiesto per il libro sezionale del Novantesimo e mi accolse con l’abituale e innato calore.
La consueta tonalità forte della voce e lo sguardo, ancora diretto e vivace, non riuscivano però a mascherare il portamento già provato da una salute ormai malferma e dalle tante malore, preoccupazioni e vicissitudini che in questi ultimi anni gli stavano amareggiando la vita. ita.
Ma lo spirito schietto ed espansivo, no: quello era rimasto intatto come molti di noi hanno avuto modo di conoscere ed apprezzare nella sua lunga e fruttuosa parentesi alpina, prima come Capogruppo di Pieve per quasi un ventennio e poi come Presidente sezionale per due mandati, dal 1996 al 2002.
Ruoli che coprì mantenendo sempre un atteggiamento improntato ai principi dell’alpinità più vera e solida.
Un carattere prodigo, il suo, ma talvolta spigoloso e brusco che non ammetteva cedimenti o ripensamenti neanche di fronte al parere divergente di amici e stretti collaboratori. Come quando gli era stato consigliato, conoscendo gli orientamenti elettivi dei Gruppi, di non ricandidarsi ancora alla terza Presidenza per evitare sicure delusioni e disillusioni che, proprio per questo importante passato, non meritava.
E mi permetto quest’analisi franca dal rapporto confidenziale di reciproca amicizia che nacque tra noi, ancora nei primi anni Novanta, quando sedevamo insieme al tavolo sezionale dei Capigruppo ed egli mi onorava della sua stima e fiducia. Prima di salutarci, e non immaginavo che sarebbe stata l’ultima volta, mi mostrò la sua fornitissima cantina da cui uscii con due scatoloni di bottiglie di prosecco e su ogni tappo, con un pennarello, mi segnò la diversa provenienza affinché potessi confrontarne la qualità e il gusto. Di fronte alla mia, poco convinta per la verità, rimostranza per tale generosità mi posò una mano sulla spalla e, quasi presagendo il peggio, mi disse: “Bevi alla mia salute, il dottore mi ha imposto un sacco di cautele e io non credo che riuscirò a finirle tutte.” Poi, sottovoce per non farsi udire dalla moglie Afra, concluse fissandomi negli occhi: “Eh caro amico, sono nelle mani del Signore ormai…”
Un uomo, Paolo, di forti e radicati sentimenti religiosi e morali come ha avuto modo di sottolineare mons. Giuseppe Nadal nell’ufficio funebre concelebrato con don Stefano Sitta, l’attuale cappellano sezionale. “…dopo aver ricevuto i sacramenti Paolo si è abbandonato con fede nelle mani di Dio.” Era un praticante devoto della messa festiva, durante la quale si sedeva sempre allo stesso banco accanto all’altare della Madonna del Carmine, che è anche nostra Signora delle Nevi, verso la quale manifestava sincera devozione e che sicuramente avrà accolto la sua anima sotto il suo soffice e materno manto protettivo.
Nell’omelia, l’officiante ha fatto riferimento agli scritti degli apostoli Pietro e Paolo.
“Il nostro Paolo - ha esplicato mons. Nadal - non ha avuto la vocazione di essere apostolo, ma quella di essere premuroso sposo e padre di famiglia, grande lavoratore e persona attiva nel sociale. Il suo era un carattere volitivo, combattivo e mai domo di fronte ai tanti problemi della vita quotidiana. E cosa dire del suo lavoro? Era orgoglioso di ciò che aveva creato e andava fiero soprattutto del campanile del duomo di Pieve che aveva contribuito ad erigere nel 1955. Aveva una similitudine con questi santi, pilastri della cristianità: voleva sempre primeggiare e non si accontentava delle cose fatte a metà. Era generoso, talvolta scontroso, ma sempre forte e determinato quando si trattava di affrontare le problematiche contingenti la sua attività. Ognuno di noi sa delle tribolazioni che dovette sopportare quando il mare della vita, anche per lui, si fece oltremodo tumultuoso spazzando via certezze e sicurezze. E il pensiero va al sopraggiungere impetuoso della crisi economica, quando fu costretto a chiudere la sua creatura, la sua impresa edile. Ma è proprio in questo suo intimo e incommensurabile dolore che intravediamo la sua grande dignità di uomo.”
Gemellaggio del Gruppo Pieve di Soligo con quello di Palmanova nel 1988
Paolo Gai al Bosco nel 2006 con Trampetti e Perona
Un giovane Paolo Gai sovrintende alla cantina...
Il lungo corteo, con in testa l’attuale presidente Giuseppe Benedetti e ordinato da un cerimoniere d’eccezione quale Nino Geronazzo, si è poi portato al cimitero di Pieve. Qui, prima della tumulazione della salma, onorata da vessilli e gagliardetti alti nel vento, attorniata dall’affetto e dalla commozione di centinaia di Penne Nere coneglianesi e delle Sezioni vicine, sono seguite le allocuzioni ufficiali del sindaco di Pieve, Stefano Soldan, e della voce degli alpini, Nicola Stefani, i quali hanno reso il doveroso omaggio alla duplice figura di cittadino e di alpino del Presidente emerito della Sezione di Conegliano.
Paolo Gai era nato a Pieve di Soligo nel 1933 dove trascorse la sua giovinezza. Venne arruolato agli inizi del 1955 e dopo il CAR a Bassano fu aggregato al Btg Tolmezzo dell’8° Alpini, svolgendo il servizio nelle caserme di Artegna e Gemona.
Dopo il congedo fu costretto ad emigrare per lavoro in Svizzera da cui rientrò nel 1959 per mettersi in proprio, e con successo, come imprenditore edile.
Una presenza operosa e dinamica non solo nel settore lavorativo, ma anche nel tessuto sociale e comunitario come, per esempio, la fondazione della Filarmonica di Pieve, che presiederà per ben 16 anni, l’Aido e la sponsorizzazione di società sportive locali, in particolare il Careni Calcio di cui era presidente onorario.
Questo impegno benemerito gli farà avere nel 1995 la nomina a Commendatore della Repubblica la cui croce bianca ostentava con orgoglio in tutte le manifestazioni pubbliche. che.
Nel tempo libero, da giovane, coltivò la passione per il gioco delle bocce, distinguendosi nella specialità del pallinetto, vincendo gare e trofei.
All’indomani del congedo si iscrisse al Gruppo di Solighetto, l’unico che operasse allora nel territorio, guidato dal carismatico reduce Giovanni Pansolin.
Pieve di Soligo si era costituito in Gruppo già nel 1929, scioltosi però nel periodo bellico, e perciò si stava sviluppando sempre più tra le Penne Nere pievigine la determinazione che il capoluogo del Quartier del Piave dovesse ritrovare nuovamente la sua piena autonomia.
Egli si attivò, quindi, alla ricostituzione del Gruppo di Pieve che avvenne nel 1963, collaborando dapprima con Dino Grendene e poi con Alfredo Battistella fino a subentrarne nella carica di capogruppo nel 1979. Incarico che onorerà per quasi un ventennio.
Contemporaneamente fu eletto consigliere sezionale, ricoprendo la carica di vice presidente sia di Vallomy che di Basso, e consigliere del Comitato Bosco delle Penne Mozze contribuendone ai lavori di completamento. La sua perizia professionale è infatti testimoniata dalla realizzazione dell’area che accoglie la statua della Madonna, nostra Mater dolorosa, nel Memoriale di Cison di Valmarino, lavori resi oltremodo ardui dal fatto che materiali ed attrezzi si dovevano trasferire a spalle lungo i non facili ed erti sentieri boschivi.
Nel ruolo di Capogruppo di Pieve, tra le tante iniziative, vanno ricordati il gemellaggio con gli alpini di Palmanova nel 1988; l’intitolazione del Viale degli Alpini; nel 1990 l’organizzazione della Festa della Fameja alpina per aggregare l’intero Quartier del Piave e nel 1994 l’edificazione dell’Ossario dei Caduti in Russia nel cimitero della cittadina.
Venne eletto alla Presidenza sezionale durante i lavori assembleari del 1996 tenutisi a Casa Fenzi. Questo il suo esordio che ne compendia lo spirito pragmatico: “Due parole sole, non sono un oratore, sono per fare, creare, stare insieme. Stare insieme vuol dire lavorare con tranquillità e sincerità. Io farò il possibile, però dobbiamo farlo insieme.”
Mandato che tre anni dopo gli sarà riconfermato una seconda volta.
Un periodo, il suo, caratterizzato da forte e sanguigna passione alpina, un entusiasmo genuino ed immediato che egli cercava di trasfondere in tutte le iniziative, sezionali e locali, che venivano intraprese.
Nel 2005 a Gaiarine per inaugurare la Via Divisione Julia
Taglio del nastro con le autorità al Gruppo Corbanese
Con il gruppo Bibano-Godega nel 2002
Ecco, in sintesi, gli eventi più significativi che hanno qualificato i sei anni della presidenza Gai durante i quali egli seppe circondarsi di capaci ed esperti collaboratori:
- taglio del nastro delle nuove sedi dei Gruppi di: Corbanese, Pianzano, San Vendemiano, Barbisano, Refrontolo, Pieve di Soligo e Maset;
- restauro e restituzione al culto di antichi oratori: Sant’Antonio di Orsago, San Bartolomeo di Bibano, San Bernardino di San Fior…;
- ultimo e commosso commiato a grandi alpini quali Giovanni Daccò, Giacomo Vallomy, Francesco Travaini e Bepi Cadorin, ma anche al giovane Massimiliano Sech, perito per tragica fatalità durante l’Adunata di Cremona;
- nostalgico saluto alla brigata Cadore, comandata allora dal gen. Primo Gadia, sciolta a Belluno (1997);
- giornata dedicata all’ecologia con la partecipazione di tutti i Gruppi della Sezione con monitoraggio dei corsi d’acqua e pulizia della Pontebbana, dal Piave al Meschio (1997) e, sempre in ambito di tutela del patrimonio storico, la pulizia delle mura del castello di Conegliano (2000);
- soccorso con la P.C. sezionale alle popolazioni di Umbria e Marche colpite da un violento sisma (1997);
- organizzazione a Conegliano del 77° Rancio di lavoro con i rappresentanti delle 25 Sezioni del Triveneto (1997);
- Operazione San Quirico ad Assisi, sotto la direzione di Lino Chies, per rendere nuovamente agibile l’antico monastero delle suore clarisse, danneggiato l’anno precedente dal terremoto. Iniziativa che Paolo Gai ricordava con entusiasmo. “Per secoli i bisognosi hanno bussato alla loro porta…- scrisse allora Gianfranco Dal Mas su Fiamme Verdi -ora le suore umilmente bussano alla porta di noi alpini.” E gli alpini di Conegliano risposero senza esitazione. Dalle suore venne il complimento più bello: “I vostri volti ed i vostri nomi rimarranno per sempre impressi nei nostri cuori e ricordati nelle nostre preghiere.” (1998-99);
- istituzione della Colletta Alimentare: una giornata di pura solidarietà alpina coordinata da Lauro Piaia (1999);
- conferimento Cittadinanza Onoraria al 6° e 7° Alpini promossa dal sindaco Floriano Zambon (1999);
- sostegno alla P.C. sezionale impiegata in Albania, a Kukes, per l’allestimento di una grande tendopoli destinata ad ospitare le migliaia di profughi provenienti dal Kosovo devastato dalla guerra civile e in Provenza, nella zona di Bergerac, investita da un violento uragano (1999);
- Giubileo degli Alpini nell’antica abbazia di Follina, curato dal vicepresidente Battista Bozzoli (2000);
- creazione del sito www. anaconegliano.it aggiornato dal segretario Claudio Lorenzet, oggi strumento indispensabile di informazione e consultazione (2000);
- invio di volontari a Sarajevo e Zenica, nell’ambito dell’Operazione Speranza, in aiuto di un popolo che voleva tornare a vivere dopo la devastazione della guerra civile (2000);
- presenza numerosa della Sezione, guidata da Nino Geronazzo, a Roma per sostenere il Presidente nazionale Parazzini mentre a Palazzo Madama perorava il Senato di non ridimensionare (invano) i reparti alpini (2000);
- Operazione San Girolamo al monastero delle clarisse di Gubbio per il rifacimento della clausura perimetrale. Per un buon tratto la recinzione affronta pendenze impossibili che solo dei veri alpini potevano vincere. Ora quel picco è orgogliosamente chiamato Quota Conegliano (2001);
- battesimo del coro alpino sezionale Giulio Bedeschi di Gaiarine (2001).
La posa della prima pietra alla sede del Gruppo Maset
Con il gruppo Fontigo nel 2005
Paolo Gai si complimenta con gli "spiedisti"
Così scrisse il Direttore di Fiamme Verdi, Renato Brunello, al momento del cambio con Antonio Daminato: “Dobbiamo riconoscere che nei sei anni di presidenza, Paolo Gai ha dimostrato grande disponibilità e generosità, con una oculata e puntigliosa presenza nell’impegnativo compito di rappresentare la nostra Sezione. Ha sempre cercato il rapporto cordiale e sereno con tutti i Gruppi, intervenendo anche con mezzi propri ove l’occorrenza manifestava la sua utilità. L’alpino Paolo Gai ha sempre portato e porta il cappello con la penna con orgoglio, conscio di cosa rappresenti tale emblema, con lo spirito che ha animato i nostri veci in momenti difficili e tragici, e che oggi anima la nostra benemerita Associazione. Nessuna retorica su tutto questo, solo un atto dovuto a chi ha dato molto alla nostra Sezione.”
La proverbiale convivialità del Presidente Gai
Grazie Paolo da tutti gli alpini della tua Sezione.
Ciao Presidente.