2022 Rimini: doveva essere una festa
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DOVEVA ESSERE UNA FESTA…
Fiamme Verdi Giugno 2022 di Gino Ceccherini
Mi avvicino in punta di piedi ad un argomento che non avrei voluto trattare.
Rimini 2022, 93a adunata nazionale degli Alpini.
Scrivo queste righe di getto ed a botta calda, dopo aver seguito con stupore
e rabbia il tambureggiare sordo dei giornali e delle televisioni su quanto
accaduto a Rimini in occasione della nostra adunata.
Mi avvicino in punta di
piedi ad un argomento che non avrei voluto trattare. Lungi da me il voler
esprimere qualsivoglia giudizio e commento ma solo sottolineare l’importanza di
rispettare le donne, senza se e senza ma. Cosa che è nel DNA del vero alpino,
basta guardare i nostri gruppi e la forza delle donne al loro interno.
Vorrei
che ci predisponessimo all’ascolto a cui non siamo più abituati. Viviamo nel
tempo del “condividere” e mettere nel calderone “social” qualsiasi cosa e questo
può causare danni di enorme entità. In questi giorni ho ascoltato molte persone
che commentavano le presunte molestie subite dalle donne durante l’adunata. Non
ho sentito nessuno che abbia iniziato con delle possibili scuse nei loro
confronti, neppure dai vertici dell’ANA, ma quasi tutti o esprimevano la loro
incredulità verso i fatti raccontati e subiti dalle stesse o accampavano
giustificazioni che rasentano il ridicolo.
L’essenza del corpo degli alpini è
fatta di nobili principi e non si può fare di tutta l’erba un fascio; ma non si
può negare che con il clima della festa e l’alcol che offusca la mente, a
qualcuno siano venuti meno questi sani principi e si sia lasciato andare a
bassezze volgari. Quello che fa rabbia di tutto questo can-can mediatico è
l’omologazione forzata, è il luogo comune che etichetta ogni cosa: molestatori =
maschilisti, molestate = femministe, alpini = ubriaconi.
Non ho mai visto così
tanti articoli sui giornali e servizi sulle televisioni nazionali per tutte le
nostre iniziative rivolte verso la solidarietà, per il tanto tempo speso per gli
altri, tutto spesso fatto in silenzio, senza chiedere nulla. Questo mi fa
pensare che forse diamo fastidio a qualcuno o abbiamo fatto qualcosa che ci ha
messo in cattiva luce.
Forse la frequentazione di certi salotti politici romani,
che da un lato può aprire delle porte, dall’altro può portare ad inimicarsi
qualcuno con qualche influenza nel mondo dell’editoria. In ogni caso ritengo che
le nostre adunate siano arrivate ad un punto in cui il business ha superato
ormai ogni limite, tanto da far perdere di vista a molti quelli che erano i
motivi del nostro ritrovarci, il gusto di stare tra amici e il voler tenere
sempre viva la fiamma dell’Alpinità, quella con la A maiuscola.
È arrivato il
tempo di non arrampicarsi più sugli specchi, di dire chiaramente che se qualcuno
sbaglia è giusto che ne paghi le conseguenze. Questo non solo per quanto
riguarda i fatti di Rimini, ma anche per quello che verte la nostra
Associazione.
Ricordandoci sempre che gli uomini passano ma l’ANA e ciò che essa
rappresenta resta.