Ecco i Cantoni co ‘e querte a quadri
ECCO I CANTONI CO "E QUERTE A QUADRI"
Fiamme Verdi Maggio 2000 di Gianfranco Dal Mas
Tra le figure di quell’irripetibile mondo che era la civiltà contadina un posto singolare lo occupavano i mercanti di bestiame, i mercantini. Il loro apporto ad una economia prettamente agricola fu determinante, e la loro attività alquanto redditizia.
I Dal Pos, soprannominati “Cantoni”, originari di San Fior di Sotto, all’inizio del secolo si erano stabiliti a Castello Roganzuolo, in quello che ancora oggi si chiama borgo Dal Pos. La solidarietà un tempo era regola nei nostri paesi, e così i Dal Pos affidavano sempre qualche vacchetta a chi faceva fatica a tirar avanti. Coloro che l’avevano in prestito i la varnea con l’erba sfalciata lungo i fossati e le strade, il cui taglio veniva assegnato nelle aste comunali, ed usufruivano del latte. Allora il prestito era molto frequente ed era totalmente disgiunto dal concetto di interesse. Si prestava l’inimmaginabile, se è vero che si poteva chiedere a prestito il paletò per una foto di famiglia o le scarpe per andare a messa.
Sede unica per l’attività dei mercantini era lo storico marcà dee bestie. Si partiva alle 2 di notte per raggiungere quello di Sacile il giovedì, naturalmente a piedi. Il venerdì, per raggiungere Conegliano, era sufficiente muoversi alle 4. Sacile e Conegliano erano le due piazze di vendita. Per gli acquisti c’era il mercato di Belluno il sabato, quello di Feltre il martedì e di Oderzo il mercoledì.
La sera prima c’era il complesso rituale della preparazione. Le corna delle bestie venivano lucidate con l’olio, e con il fuoco di una candela venivano bruciati i peli ...superflui. La pelle veniva accuratamente passata con stracci, acqua e sapone, poi spazzolata ed incipriata con farina di frumento. Se non bastasse a completare il lifting c’era un trattamento a base di “pastina”, che era una specie di crema di calce e letame; tale ulteriore massaggio riguardava in modo particolare il posteriore: lo scopo era di far assumere alla bestia una bela zhiera...
Grande cura era riservata, naturalmente, a quella parte che doveva costituire il punto di forza per far fluttuare le quotazione della bestia: la sgarba. Questa veniva incipriata e ripassata più volte con farina di frumento e pastina. Per accentuarne l’aspetto prosperoso, la bestia quella sera non veniva munta e si provvedeva a fermare la fuoriuscita del latte con l’inserimento di spaghetti, che, ricorda Elide, moglie di Ferruccio Dal Pos, potevano essere del numero 1 o del numero 2, a seconda dell’età della bestia. Era la sofferenza cui la Bisa o la Mora di turno doveva andare incontro per trovare quanto prima un nuovo acquirente. Erano d’altronde anni in cui non si avvertiva ancora la presenza del WWF...
Le bestie venivano condotte alla piazza del mercato protette da grandi coperte. Lo scopo era di difenderle dal freddo, e le coperte non erano in tinta unita ma a grandi quadri, per sfruttare l’effetto ottico che le faceva sembrare più grandi.
E così si diceva: “ecco i Cantoni co ‘e querte a quadri”
Una volta arrivati in piazza (a Conegliano il mercato si svolgeva dietro la chiesa di San Martino) entravano in azione i mediatori, la cui tattica di convincimento si sosteneva su di una abilità verbale che dava un tocco di particolare colore alla concitazione del mercato: “còmpra su la fiducia, lè bona lè sana lè cristiana, ghe manca sol la parola...”
Atteggiamenti di finta indifferenza del potenziale acquirente non ingannavano il mediatore che metteva in moto un corteggiamento assillante condito da mucchi di bugie, e finiva spesso con l’appendersi alla giacca ora del compratore ora del venditore, ora di entrambi fino a concludere l’affare con urlate e ripetute battute di mano.
“L’era tutt un tirarse par la jacheta...” Ed Elide ricorda di aver passato parte della sua esistenza, si fa per dire, a riattaccare bottoni alla giacca del marito.
Il tutto veniva poi suggellato al chiosco della signora Amalia con ombre e qualche stuzzichino di pesce (era venerdì). Bene o male capitavano tutti lì, dalla Amalia Pizzol, cui bastava lavorare solo il venerdì, tanto era il vino che scorreva prima che si spegnesse l’animazione del mercato. Ed i grandi e capienti portafogli a fisarmonica dei mercantini dovevano costituire uno spettacolo, dal momento che di denaro all’epoca non ne girava molto. Questi venivano poi riposti in segrete tasche interne per evitare che divenissero preda di “manonera”, un famoso ed abile borsaiolo che nessuno riuscì mai a vedere in faccia e che fece più di qualche vittima.
Una volta venduta, era tradizione che la bestia venisse munta dai poreti che arrivavano col secchio. Si diceva infatti allora: “ le tant porett che va ‘molder al late sul marcà”. Ma quel latte non era tanto buono. Il primo colpo di mano era però del venditore che con un abile mossa faceva partire e disperdere gli spaghetti ferma-latte...
A casa tutti attendevano con trepidazione e quando gli uomini arrivavano con le cavezze sulla spalla era il segno che tutte le bestie erano state piazzate. Allora era grande festa nel borgo al grido “i a vendest le vache, i a vendest le vache”...