Giorgio Pompeo - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
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Giorgio Pompeo

GIORGIO POMPEO
"Addio alle armi" un alpino al cinema...
Fiamme Verdi Settembre 2014 di Gianfranco Dal Mas



Giorgio Pompeo partì da Colfosco per la naia il 2 marzo 1956. Tre mesi di CAR a Bassano, poi a Pontebba, 22ma Batteria del Gruppo Artiglieria da Montagna "Belluno".
Bel ricordo quello di Pontebba: naia dura, un capitano che faceva sputar sangue, marce sotto il sole, la pioggia o la neve, la Batteria che saliva e scendeva le montagne, i pezzi degli obici su e giù dai muli.
I muli, erano loro i protagonisti della vita in una caserma di Artiglieria da Montagna, perché attorno ad essi ruotava tutta l'attività del giorno e della notte. Ed era vita dura. Maledette bestiacce per alcuni, curiosi quadrupedi per altri, amati e odiati, coccolati e vezzeggiati o ignobilmente vilipesi. A Giorgio era toccata Persiana, una mula buona e docilissima, cui si era affezionato. I muli cattivi se li erano contesi i conducenti abruzzesi che si sfidavano a chi riusciva a gestire quello più problematico della Batteria. Gente strana gli abruzzesi.
Quando, arrivati in caserma, il maresciallo responsabile della scuderia aveva chiesto chi volesse in consegna i muli più pericolosi, loro avevano alzato tutti la mano. Erano generalmente piccoli di statura, non parlavano mai ed erano loro a contendersi la vittoria in quella gara demenziale che consisteva nel fare di corsa il giro del cortile della caserma reggendo i 106 chili della bocca da fuoco del 75/13.
Bel ricordo, si diceva, quello di Pontebba, perché a Pontebba si mangiava divinamente: risotto il martedì, gnocchi il giovedì e pasticcio ogni domenica. Si mangiava bene e si beveva meglio a differenza di Bassano, dove il rancio era immangiabile e il vino rimaneva sulla tavola, ché non si sapeva di cosa fosse fatto.


Giorgio Pompeo al campo base
prima del "ciak si gira!

A fine marzo '57, appena terminato il campo invernale, arrivò per la 22ma Batteria, artiglieri e muli, l'ordine di trasferirsi a Venzone, dove un noto regista americano stava girando "Addio alle armi", un film tratto dal noto romanzo di Ernest Hemingway, film che veniva realizzato fra Friuli-Venezia Giulia e Veneto, non lontano dai luoghi descritti dall'autore americano, teatro della prima guerra mondiale, ed era centrato sulla storia d'amore tra un giovane tenente e una crocerossina.
Mai sentito parlare né di "Addio alle armi", né del suo autore, ma tutti capirono che sarebbe stata una bella esperienza.
Marcia di trasferimento verso la cittadina carnica ed allestimento del campo sulle prime balze della montagna.
La prima notte un violento temporale fece volare le tende, che il giorno dopo furono rimontate doppie.
Poi furono quattro settimane indimenticabili, e cioè una pacchia che durò quattro settimane.
Si trattava di girare delle scene dove la Batteria, dopo aver lasciato il paese, saliva con i muli sulla montagna, cantando nenie alpine, e veniva poi sopraffatta dall'avversario, scendendo disordinatamente, sotto il crepitare delle bombe, simulando il contrattacco nemico a Caporetto. I militari attraversavano con muli la piazza, rincorsi da una schiera di bambini e salutati dalla gente del paese che offriva loro pane e vino. Uscendo da Venzone percorrevano la Pontebbana, chiusa al traffico, che, essendo asfaltata, era stata prima ricoperta da ghiaia scaricata da camion. Gli artiglieri della 22ma erano equipaggiati con armi e divise della guerra 15-18, il cappello alpino invece era quello personale. Tutto era d'epoca, anche le ambulanze, cui però era stato sostituito il motore. Sulle pendici della montagna, dentro una vecchia casa diroccata bombole di gas simulavano un incendio, con fiamme altissime che uscivano dalle finestre. Il copione prevedeva che la scena della battaglia si svolgesse sotto la pioggia. Nelle statistiche, da sempre la Carnia risulta essere la zona più piovosa d'Italia: se si esclude il fortunale della prima notte, quei giorni di aprile non piovve mai, così la pioggia cadeva dal cielo lanciata da pompe artificiali. Alcune scene furono girate di notte, e i lampi di potenti fari illuminavano a giorno il costone della montagna. All'interno di questa guerra finta, per le comparse della 22ma c'era una battaglia vera che consisteva nell'andare a recuperare i muli che scappavano per la montagna, imbizzarriti, allo scoppio dei petardi che simulavano le bombe. La scena fu girata più volte, ma i muli non volevano saperne di starsene calmi, finché la regia decise di girare la presa diretta degli scoppi senza la loro presenza. Fu, per Giorgio e compagni, un'esperienza indimenticabile. Nulla di faticoso, anzi la novità di un mondo sconosciuto, quello delle riprese di un film, e tutto da scoprire. Per il resto, una volta governati i muli, si passavano le giornate a bighellonare nel campo, a godere di questa inaspettata occasione di riposo pensando, senza nessun rimpianto, ai compagni delle altre Batterie del "Belluno" impegnati a "farsi il mazzo" in caserma. Distesi nell'erba pancia all'aria a godersi la primavera che ormai era scoppiata con tutti i suoi suoni e colori, pensando alla morosa, chi l'aveva, o ad immaginare come avrebbe potuto essere, chi, come Giorgio, non l'aveva ancora. Il tutto in attesa che arrivasse sera, quando si poteva scendere nella vicina Venzone per celebrare, come sanno fare gli alpini, la libera uscita e mangiare e bere in compagnia, senza badare a spese, tanto foraggiava la regia. Cantare davanti ad un bicchiere le gesta del famoso Capitan della Compagnia di cui il caso ora li faceva interpreti. E Giorgio ricorda anche qualche bevuta abbondante. Ma non era finita qui: la cosa più straordinaria era che la fortuna da cui gli artiglieri della 22ma erano stati baciati veniva anche lautamente retribuita. 13000 lire a settimana, era questo il compenso a ogni alpino per la partecipazione come comparsa, un rimborso spese altissimo se si pensa che il contributo che madre patria elargiva allora ai suoi militari ogni dieci giorni era di 1200 lire (la decade). Ma c'erano di mezzo gli americani e si sa che gli americani non badano e non hanno mai badato a spese. Sembrava molto generosa la direzione dello staff: gli autisti al seguito si beccavano 40000 lire la settimana, e i bambini che arrivavano da Udine su due corriere per fare le comparse nella piazza di Venzone erano gratificati con 600 lire al giorno.
Solo una volta Giorgio Pompeo vide Rock Hudson: saliva la montagna davanti alla Batteria in una scena ripresa da telecamere fisse, poi non vide mai nessuno, né Sordi né De Sica, né mai seppe dove e quando si girassero le altre scene. Ma la cosa più importante era che a fine settimana sotto la tenda della fureria passasse l'ufficiale pagatore...
I primi di maggio, quelli della 22ma rientrarono a Pontebba con la stessa modalità con cui erano scesi: a piedi. Alla prima licenza Giorgio affidò alla madre Angela la custodia dei suoi preziosi risparmi. Il 9 agosto 1957 arrivò il congedo e poté così realizzare l'acquisto di un orologio. Ora la cosa può apparire inverosimile, ma allora avere un orologio al polso era molto importante.


Giorgio Pompeo (primo da sinistra) con due commilitoni


Quattro conducenti e un mulo: Giorgio Pompeo è il primo da destra

Negli anni '50 la cresima era una cerimonia molto attesa, e non tanto per l'apporto che sarebbe sceso con lo Spirito Santo ma perché era tradizione che il "santolo" regalasse proprio l'orologio. Ma bisognava avere un bon seme; Giorgio era stato cresimato a Susegana il 27 dicembre 1942, il giorno dopo Santo Stefano, a 8 anni. Allora non esisteva che i ragazzi indossassero pantaloni lunghi, e così ricorda tutto il freddo patito con le braghesse curte che il padre aveva acquistato il giorno prima al mercato di Pieve di Soligo. Per ripararsi dal gelo di quella domenica aveva trovato riparo sotto la lunga mantella del "santolo". Ed il regalo del "santolo" era stato un pacchettino di biscotti, merce comunque rara e preziosa, che Giorgio avrebbe consumato uno al giorno. 10000 lire andarono, si diceva, per l'orologio, altre 5000 sarebbero stati impegnati per l'anello di fidanzamento una volta trovata la morosa, Augusta (gennaio 1958), che poi sposerà nell'aprile dell'anno dopo. Lo portò per tanti anni, Giorgio, l'orologio; la moglie quell'anello lo porta ancora in occasione delle feste. Nell'ottobre 1958 "Addio alle armi" era programmato al cinema "Accademia" di Conegliano. Ma quel giorno pioveva a dirotto e Giorgio (macchine allora non ce n'erano) dovette rinunciare alla trasferta in bici. Lo vide per la prima volta in televisione sette anni dopo, e da allora non lo ha mai perso quando viene programmato nei vari canali televisivi. Ed ogni volta è come se fosse la prima. Non riesce mai a riconoscersi nel gruppo degli alpini che salgono e scendono la montagna mentre la battaglia infuria, ma poco importa. Le sensazioni sono sempre le stesse. E bastano quelle scene per ricordargli tutte in una volta la naia, le marce, i muli, la docile persiana, gli artiglieri abruzzesi che si sfidavano correndo con la bocca da fuoco su e giù per il cortile della caserma, il Friuli e la sua gente, la bufera che la prima notte si portò via le tende a Venzone, le telecamere lì a riprendere la Batteria che fingeva la guerra su per le balze dei monti con i muli imbizzarriti al crepitar delle bombe, le bevute nelle osterie di Venzone, la paga a fine settimana e quell'anello di fidanzamento che gli ha cambiato la vita. Nostalgia per gli amici di quell'avventura e quei posti che non ha mai più rivisto. E, soprattutto, nostalgia dei 20 anni.
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