Pierantonio Mutti
PIERANTONIO MUTTI, un Alpino buono
Fiamme Verdi Aprile 2006 di Antonio Menegon
Era in camerata a preparare lo zaino e il borsone per andare via da Gemona la mattina dopo, ma non è mai più uscito dalla Caserma Goi dove aveva fatto il corso conduttori. O meglio ne è uscito dentro una cassa di legno squadrata e coperta dal tricolore dopo 5 giorni che il mondo gli era crollato addosso.
Sì perché Pierantonio (Chicco) Mutti è stato l’ultimo Alpino ad essere estratto dalle macerie della caserma Goi. Quando stava per esser dato l’ordine di gettare la calce sul cumulo di travi, pietre e calcinacci, poco prima delle 5 del pomeriggio del 11 maggio 1976, un cane dei soccorsi svizzeri si era fermato, come aveva fatto in tante altre occasioni che avevano preluso al ritrovamento di altri Alpini.
Tutti a precipitarsi lì a scavare con le pale, con le mani, con la rabbia, con le lacrime agli occhi finché è apparso un piede e poi il resto di quel corpo giovane senza vita.
Chicco Mutti da Vazzola era un ragazzo di 20 anni, grande e sorridente, con i capelli biondi e gli occhi chiari. La terribile scossa tellurica lo ha colto nella camerata e come gli altri Alpini è rimasto lì di sasso per qualche lunghissimo istante, incredulo come gli altri, immaginando allo scherzo di qualcuno che aveva spostato di colpo le brande. Poi il grido “è il terremoto” e la fuga precipitosa lungo le scale che ad un certo punto gli sono crollate sotto i piedi e per lui è stata la fine.
Se con poche parole si può riuscire a descrivere una tragedia, non basterebbero tutte le pagine di Fiamme Verdi per raccontare il dramma di una famiglia e di una comunità colpite da un lutto improvviso e duro da accettare.
All’Istituto Tecnico Galileo Galilei di Conegliano Pierantonio aveva conseguito il diploma di perito industriale e per i genitori era stata una bella soddisfazione. Il militare, poi il lavoro e magari una famiglia: questo il sogno dei suoi, come di tutti i genitori. Ma la morte in agguato ha spezzato per sempre la sua vita e quella di tanti altri ragazzi, di tanta gente friulana che si è vista cadere la casa addosso.
Il papà, i parenti e gli amici di Pierantonio sono accorsi a Gemona sperando fino all’ultimo di tirarlo fuori vivo da là sotto, ma il tempo passava inesorabile; i giorni e le notti si susseguivano mentre intorno alle macerie della Goi cresceva la disperazione. Era l’unico Alpino dato per disperso, ma né i parenti né gli amici non hanno mai accettato questa ulteriore pugnalata.
Il corpo di Pierantonio è stato trovato dopo 5 giorni, l’ultimo Alpino ad essere estratto dalle macerie tra la commozione generale. Alle 22 dell’11 maggio il corpo di Chicco era a Vazzola, in un paese sconvolto da questo lutto.
Il giorno dopo i funerali solenni con la parrocchiale che non è riuscita a contenere tutti.
Nel ritratto di Pierantonio, fatto da don Primo durante l’omelia, c’era tutto l’affetto di una comunità per un ragazzo buono e generoso.
L’Amministrazione comunale di Vazzola ha dedicato a Pierantonio Mutti una strada del paese e al Bosco delle Penne Mozze c’è una stele a ricordarlo. A chi lo ha conosciuto rimane il ricordo di un ragazzo semplice e buono, riservato e modesto che meritava di viverla tutta la sua vita. Uno a cui era sufficiente un grazie e magari una stretta di mano, come ha spiegato don Primo nell’omelia senza tanti discorsi o ringraziamenti, per sentirsi appagato di un aiuto, di un piacere, di un consiglio.
Sono passati trent’anni ed il ricordo di Pierantonio Mutti è ancora vivo. A Vazzola non è stato dimenticato e non lo hanno dimenticato nemmeno i compagni di scuola, gli altri Alpini della naja, le persone che lo hanno conosciuto e stimato. Ciao Chicco.