Bibano-Godega
GODEGA DI SANT'URBANO
Godega di Sant'Urbano
Le indagini geologiche fanno risalire al Quaternario, al tempo dell’ultima glaciazione, 10.000 anni fa, il periodo in cui si è formato il suolo su cui si estende Godega.
Le origini dell'insediamento di Godega sono lontanissime, fin da epoca remota possedeva una Cappella o Chiesa campestre dedicata a Santa Margherita. L'oratorio o Cappella di S. Urbano è forse anteriore al 400. Con sicurezza si sa che nel 1444 la cappella di Santa Margherita fu eretta parrocchia . Documenti attendibili sfumano perchè la zona era soggetta a scorribande di invasori dediti a distruzioni, saccheggi ed incendi.
Sembra che i Goti, provenienti dal nord Europa attraverso il Cadore si siano fermati nel Cenedese e che attorno la chiesetta di Sant'Urbano abbiano creato il primo nucleo abitativo. La zona paludosa e poco produttiva per i detriti ghiaiosi e fortemente permeabili (da cui trae origine il toponimo CAMPARDO, "campo arido"), accumulati da un antico ghiacciaio del Piave, venne bonificata dai monaci verso il 1000.
Nel 1200 è dominata dai Caminesi e nel 1420 passa sotto la dominazione veneziana..
Nel 1805 sia Godega che Bibano sono sedi municipali di comuni provvisori creati dall’Amministrazione napoleonica.
Godega, che comprendeva anche Pianzano e Baver, contava 1.066 abitanti.
Nel 1810 i comuni più piccoli vengono soppressi: Godega rimane sede municipale (dipartimento di Passariano poi del Tagliamento - distretto di Conegliano), mentre Bibano passa sotto il Comune di San Fior.
Nel 1818, con il ritorno degli Austriaci, il Comune assume la configurazione attuale. Dopo l’annessione del Veneto all’Italia (1866), con il Regio Decreto n°4098 del 10 Novembre 1867, al nome di Godega viene aggiunto “Sant’Urbano”.
Monumento ai Caduti
IL CAMPARDO E LA FIERA - Già nel Duecento (1243) sappiamo che nel Campardo si teneva settimanalmente il mercato franco (senza dazi). L' "antica fiera di Godega" viene nominata in un documento del 1343, che dice che si svolgeva "ab immemorabili". Ancor oggi è il principale evento della vita godeghese, anche se ha sfumato i suoi caratteri esclusivamente agricoli per coinvolgere nuovi settori (come l'artigianato, l'arredamento, l'edilizia, il giardinaggio ,ecc).
CHIESA VECCHIA - La parrocchia di Godega fu istituita nell'agosto del 1444. L'edificio originario fu costruito alla metà del Cinquecento e nel 1684 misurava circa 24 metri per 30. Fu ampliata prima nel 1699 (furono aggiunte due cappelle laterali) e poi nel 1748 (anno della sua consacrazione). Nel 1746 venne costruita la facciata nuova. Fu gravemente danneggiata dal terremoto del 20 luglio 1836 e da quello del luglio 1873. Nel 1883 furono inseriti gli stalli del coro, ora nella nuova parrocchiale, opera dell'artigiano Antonio Naibo. Colpita dal terremoto il 18 ottobre 1936, fu abbattuta negli anni cinquanta, dopo che fu dichiarata pericolante dal Genio Civile.
CAMPANILE - Esisteva già nel Settecento e fu abbattuto agli inizi dell'Ottocento. Posto sulla destra della chiesa parrocchiale, ospitava due campane che operarono fino al 1857. Nel 1830 si iniziò la costruzione di un nuovo campanile e nel 1842 venne attivato l'orologio, mentre i lavori di costruzione terminarono il 15 ottobre 1844. Nel 1857 furono commissionate alla fonderia De Poli di Ceneda tre nuove campane, sottratte dagli Austro ungarici nel 1917, che poterono essere ricollocate sul campanile solo nel 1921.
VIA CIPRIANI - Bonaventura Cipriani, nato a Godega il 26 dicembre 1826, partecipò alla storica impresa dei Mille nel 1860. Quando le truppe garibaldine vennero sciolte, Cipriani si stabilì in Campania. Un documento del 1864, che riporta l'elenco alfabetico dei Mille, lo cita come residente a Caserta.
POZZO DELLA REGOLA - Il primo scavo del pozzo risale al secolo XIII. Conosciuto come Pozzo della Regola, in un documento del 1780 è citato anche come "pozzo vecchio de la isola". Fu ristrutturato nel 1800 circa.
CANONICA (ora asilo) - Fu edificata nel 1470 su un terreno di un iugero (2500 mq) donato dalla signora Floritta, moglie del defunto Andrea (relicta quondam Andreae). Nel catasto del 1600 il lotto di terreno viene nominato come "Broilo", ma era conosciuto anche come "l'orto del preve". La canonica fu ampliata più volte (1599, 1725, 1726); nel 1805 constava di otto stanze, più altre tre, e di un granaio. Nel 1861, a causa dello stato precario in cui versava, dovette essere radicalmente restaurata (anche se il parroco d'allora ne sollecitava addirittura la demolizione). Nel 1912 fu costruita una nuova canonica vicino alla chiesa e la costruzione fu adibita ad asilo parrocchiale.
CHIESA NUOVA - Fu costruita nel 1953/'54, su progetto dell'ingegner Serravallo di Sacile, in un'area acquistata dai signori Benedetti. Venne consacrata il 21 settembre 1954. Nel 1970 fu sistemato il coro, nel 1974 eseguito il soffitto a vela e nel 1976 venne eseguita la pavimentazione a rombi in marmo rosso di Verona. La chiesa fu ultimata nel 1977. All'interno sono custodite diverse tele del Settecento, una pregevole copia di un'opera di Jacopo Palma il Vecchio, un quadro ottocentesco che raffigura il martirio di santa Margherita (raffigurata, diversamente dall'iconografia tradizionale, mentre giovinetta, viene giudicata colpevole dall'imperatore per la sua fede), probabile opera del De Lorenzi; un trittico raffigurante S. Giuseppe, S. Teresa e S. Antonio, opera del pittore Dinetto di Treviso (1973). Nell'anno giubilare 2000 è stato realizzato, sempre per mano dello stesso artista, un grande rosone in vetro, collocato sopra il portale d'ingresso. Il fonte battesimale, presente nella vecchia parrocchiale fin dal 1502, è stato rifatto nella parte inferiore.
LEON D'ORO - Era stazione di cambio dei cavalli e locanda per i viaggiatori lungo la "regia postale", istituita nel 1540, che collegava Venezia a Vienna. L'attuale edificio è degli inizi dell'Ottocento.
Bibano
Verso il 200-300 d.C. i Romani davano delle terre ai loro Condottieri, e qui è citato un tale C. Babius-Atticus dell'epoca di Claudio successore di Augusto. Da questo pronome Babis, Vibius o Baebius, denominazione di "Gens" romana plebea, risale la denominazione Bibano. Ricca di acque risorgive e di terra fertile, soggetta a continue invasioni barbariche, insediamenti romani, ognuno a par suo saccheggiava e distruggeva. Nel 1000 Bibano ricompare come Villa con tre "Cappelle": San Bartolomeo, Belcorvo, Salvatoronda, quest'ultima - si dice - salvata dalle distruzione barbariche da Attila. Essendo ricca d'acque limpide, fin dai tempi antichi, Bibano è sempre stata zona rurale, ricca dei vari prodotti della terra.
Da vedere:
VILLA SAVORGNAN - La presenza dei Savorgnan a Bibano risale al Trecento, quando il patriarca di Aquileia offre il feudo di Bibano a Federico Savorgnan e nel 1337 gli conferisce l'investitura di altri beni feudali siti tra Orsago e Bibano per i servizi resi alla chiesa aquileiese. La villa Savorgnan, di cui oggi rimangono solo le barchesse e le dipendenze, fu costruita nel Cinquecento e sorge lungo la principale via del paese, l'antica strada "Reggia" denominata "Terraglio" (via Marconi).
VIA CORTINA - Il suo nome deriva da quello della curtis longobarda. Al tempo della dominazione dei Del Ben (XIII sec.), la curtis si trasformò in castrum, luogo fortificato e recintato (restano ancor oggi visibili tratti della recinzione in muratura su un lato della piazza). Entro la "cortina" doveva trovarsi anche una loggia per le adunanze pubbliche. Nel Seicento sub lobia Bibani si radunavani i 6 rappresentanti dei tre colmelli di Bibano (san Bartolomeo, san Cristoforo e Salvatoronda) sotto la guida del meriga.
SAN BARTOLOMEO
Il primo riferimento documentale a san Bartolomeo risale all'Alto Medioevo.
La chiesa originaria, per tradizione la più antica di Bibano, divenne semplice "cappella" di Bibano di sotto nel 1180, lasciando spazio alla chiesa di San Martino trasformata in parrocchia nel 1511. L'edificio originario subì numerosi ampliamenti e rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Nel Duecento fu ampliato una prima volta e impreziosito da affreschi.
Un altro ampliamento risale al 1756 quando venne rifatto il pavimento a lastre di pietra, coprendo l'originario pavimento (reso visibile dopo l'ultimo restauro operato dal gruppo Alpini di Bibano-Godega).
La chiesa presenta oggi un'ampia abside, tetto a capriata, piccole finestre sulla facciata e sul lato occidentale, pavimento a lastre quadrate di pietra bianca.
Vi è una pila per l'acqua santa col labbro a orlatura del Cinquecento, mentre sull'abside campeggia una tela della metà del Settecento di mano di L. Zampini, raffigurante san Bartolomeo. Sulla parete a est l'ultimo restauro ha fatto emergere due (e forse tre) affreschi sovrapposti: sono riconoscibili le figure della Vergine col bambino, di san Pietro e di san Rocco.
Chiesetta di San Bartolomeo
Percorso naturalistico
SAN MARTINO (VECCHIA) - Il culto di san Martino risale all'epoca longobarda e si diffuse con la dominazione franca. La chiesa tuttora visibile fu eretta nel 1511 e fu consacrata (assieme all'attiguo cimitero) la prima domenica di settembre del 1522 dal vescovo Antonio Contarini. Giovanni Grimani (vescovo di Ceneda fino al 1545 e poi patriarca di Venezia) consacrò invece i tre altari della chiesa , ai quali successivamente se ne aggiunsero altri due. Tutti furono poi trasportati nella chiesa nuova. Sopra il portale vi era una formella in pietra, del 1519, raffigurante san Martino a cavallo che taglia il proprio mantello e lo divide con un povero. La formella si trova ora sul campanile.
SAN MARTINO (NUOVA) - Fu progettata dall'architetto Domenico Rupolo di Caneva sul finire degli anni Venti. Il disegno originario non prevedeva né la cupola sopra il transetto, né il soffitto a capriate, bensì a vela, mentre doveva essere tutta rivestita di marmo la facciata. La prima pietra fu posta il 21 giugno 1930; i lavori si protrassero per un ventennio e coinvolsero tutta la popolazione. La chiesa fu benedetta nel 1950 e dedicata a San Martino il 9 novembre 1985 dal vescovo Eugenio Ravignani. A croce latina, l'edificio di articola in tre navate separate da colonne in marmo e tagliate da un transetto. Ospita cinque altari riportati dalla vecchia chiesa e un pregevole organo "Mascioni". Nell'altare di sant'Antonio si trova un bel lavoro in argento sbalzato del Celotti, datato 1901. Il tabernacolo di marmo del 1730 è opera dello scultore Pizzi di Venezia, mentre la pila dell'acqua santa e il battistero sono opere del Cinquecento.
ORATORIO DI SAN CRISTOFORO - San Cristoforo apparteneva a quel gruppo di santi detti "ausiliari" perchè invocati in occasione di carestie, epidemie e altre calamità. L'odierno Belcorvo proviene da un antico "barcord": bar = boschetto, macchia fitta di vegetazione; cord = corbis (legno per cestelli) . Dell'originaria chiesetta, edificata probabilmente su un antico sacello d'epoca romana, dedicato a divinità campestri, non rimane traccia alcuna. La chiesetta attuale è del XIX secolo.
MADONNA DELLA SALUTE A SALVATORONDA - La chiesetta attuale (del Seicento e dedicata alla Madonna della salute) non corrisponde all'originaria cappella del l'XI o XII secolo, nata come oratorio dedicato alla "visitazione di Maria".
Sono contenuti al suo interno un altare ligneo del Seicento, di fattezze barocche, e una piccola edicola di pietra per le ampolline.
Già cappella della nobile famiglia Battaglia, affermatasi nel Quattrocento, conserva al suo interno la tomba di Nicolò Battaglia del 1721.
E' stata restaurata nel 1988.
Chiesetta "Madonna della Salute" - Salvatoronda
restaurata dagli alpini
Pianzano
VILLA PERA RIELLO - Costruita nel Settecento, fu restaurata nel 1794 e dopo il terremoto. Nell'Ottocento fu abitata dai Benedetti e poi dai Pera-Riello di Gaiarine. Al suo interno si aprono ampie sale decorate a olio con disegni e figure allegoriche. Nel 1918 la villa fu sede del Comando dell'aviazione austro-ungarica che aveva nel vicino Campardo il proprio aeroporto militare.
VILLA LUCHESCHI - Il padiglione nord risale a epoca assai remota, anche se il palazzo vero e proprio fu edificato dai conti Amalteo nel 1775. Annessa alla villa e ora perduta, sorgeva una cappella dedicata a san Cristoforo. Conosciuta come "villa sant'Urbano", fu acquistata nel 1907 da Lorenzo Dal Cin, che la rivendette nel 1929 al conte Edoardo Lucheschi. Egli intervenne sulla facciata posta a est e sull'interno, che fu adibito in parte ad abitazione e in parte a stabilimento bacologico. Subì gravi danni per il terremoto del 1936, tanto che fu necessario abbattere e rifare tutti i soffitti e gli intonaci. Circondata da un'ampia area verde, ai lati della stradina di accesso sorgono alberi secolari.
CAPPELLA DI SAN GIUSEPPE - Fu fatta edificare da don Innocente Vendrame nel 1929, su un terreno donato dai fratelli Dal Cin, in onore di san Giuseppe, protettore dell'asilo parrocchiale. A sesto acuto, fu inaugurata il 10 agosto 1934. Sopra l'altare di marmo di trova una pala di Vittorio Casagrande che mostra san Giuseppe col Bambino. Al suo interno vi è un bel confessionale in stile gotico.
CHIESA NUOVA - Progettata dall'ingegner Riccardo Bertoia di Sacile. La prima pietra fu posta dal vescovo Zaffonato il 10 dicembre 1945, su un terreno donato dal commendator Marinotti. Fu consacrata nel 1954. L'edificio, in stile romanico, misura 54 metri di lunghezza per 16 di larghezza ed è alto 20 metri. Sulla facciata si aprono tre archi strombati che incorniciano tre portali d'accesso. Vi è pure un'ampia loggia cui si accede attraverso una scala interna. All'interno, lungo le pareti laterali si aprono sei nicchie dalle linee semplici e austere. Vicino alla chiesa, su un piedistallo che funge da campanile, erano collocate tre campane, fuse dalla ditta De Poli di Ceneda utilizzando il bronzo delle campane distrutte dal bombardamento anglo-americano. Benedette anch'esse il 10 dicembre 1945 portano i nomi di Tommasa (la maggiore), Lauretana (la mezzana) e Caterina (la piccola).
ORATORIO DI SANT'URBANO - Sant'Urbano fu papa dal 222 al 230 e morì martire in una vigna; per questo fatto è invocato come protettore dei vignaioli. Viene ricordato il 25 maggio. L'oratorio è del Trecento e fu probabilmente sede della curazia prima della fondazione della parrocchia di san Lorenzo. Conteneva un dipinto di Demetrio D'Alpago (1894), raffigurante la pesca miracolosa e una pala di A. Dal Favero (1882), dove compariva sant'Urbano tra san Giovanni Battista e sant'Antonio, opere ora perdute. Sulle pareti si scorgono figure allegoriche e uno stemma cardinalizio, forse del patriarca Joannes Trevisan. L'ultimo restauro risale al 1894. Annesso vi era un antico cimitero dismesso nel 1926.
CHIESA PARROCCHIALE VECCHIA - Dedicata a San Lorenzo martire e anticamente dipendente dalla Pieve di San Fior, si costituì in parrocchia nel 1487; nel 1800-1801 fu ampliata (coro) e ristrutturata. Il 30 settembre 1818 la parrocchiale entrò a far parte della diocesi di Ceneda. Nel 1899-1900 furono costruite le navate laterali su progetto dell'ing. Costantini, mentre nel 1919-1920 furono decorate le pareti per mano del pittore Luigi Salvadoretti di Santa Lucia, in esecuzione di un voto espresso dalla parrocchia durante la Guerra. Fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1936: rimasero intatti gli affreschi del soffitto e un dipinto sull'abside raffigurante la Trasfigurazione, opera di Demetrio D'Alpago nel 1894. Il D'Alpago si impegnò a restaurare la pala di San Lorenzo, probabile opera dell'Arnosti di Ceneda, dei primi anni del Seicento,che ora si trova nella nuova parrocchiale. Nel corso della II Guerra Mondiale, il 7 marzo 1945, una bomba d'aereo cadde sul campanile alto 37 metri che, rovinando a terra, distrusse il tetto della chiesa. Dopo la fine della guerra venne abbattuta per far posto alla nuova parrocchiale. Di essa rimangono visibili un tratto dell'abside e il lato est. Il pregevole altar maggiore in marmo bianco di Carrara, che reca sul paliotto il martirio di san Lorenzo è conservato nella nuova parrocchiale,
PALAZZO BOLZAN - Palazzo molto antico ha avuto tra i proprietari i Benedetti, i nobili Barozzi e i Bolzan. Col terremoto del 1936 è andato distrutto il bel timpano centrale, dove l'abate don Felice Benedetti nel 1886, sul finire della sua vita, aveva fatto scrivere Diligamus Patriam operibus (amiamo la patria con le opere), motto che ben ne rispecchia lo spirito. Nato a Godega nel 1822 e dotato di viva intelligenza, nel 1846 si laureò in filosofia. Bravo predicatore, conoscitore di diverse lingue (tedesco, francese e spagnolo), fu convinto patriota. Terminate le campagne per l'Indipendenza dedicò la propria opera a promuovere congressi ed esposizioni agrarie che sfociarono nel 1867 nella fondazione del Consorzio Agrario di Conegliano, di cui rimase presidente fino al 1884. Con Antonio Carpenè fondò la Società enologica trevigiana, embrione della prima scuola enologica d'Italia. Nel 1869 fu incaricato dall'allora Ministro dell'agricoltura, l'opitergino L. Luzzati, di presiedere una Commissione che studiasse i vitigni della provincia di Treviso. Tra le sue iniziative d'avanguardia vanno ricordate la fondazione di un orto sperimentale, una posta apistica, un osservatorio bacologico, un deposito di macchine, una biblioteca circolante e uno studio sull'irrigazione. Il Bollettino del Comizio agrario da lui pubblicato si trasformò nel 1871 nella Gazzetta di Conegliano. Scrisse nel 1870 anche un Catechismo agrario popolare, in cui espone quanto i contadini devono sapere in fatto di agraria, botanica, chimica, geologia, zoologia, sul clima e l'atmosfera, sulle piante e sulle loro malattie, sulla vendemmia e la vinificazione, sugli animali domestici e le loro malattie, sulla contabilità agraria. Membro onorifico di molte società e accademie filosofiche e letterarie, italiane ed estere, trascorse in povertà gli ultimi anni a Pianzano, dove morì nel 1886.
PALAZZO MARINOTTI - Costruito nel Settecento, fu abitato in successione dai nobili Cavalieri, poi dai Costantini, dai Gasparinetti, dai Burei e infine fu acquistato dal comm. Franco Marinotti, che gli ha lasciato il nome.
SAN BIAGIO DI BAVER - Posta lungo l'antico Cardo romano, che univa Oderzo a Ceneda, la chiesa è del secolo XIV-XV. Contiene nel coro e nel soffitto affreschi cinquecenteschi di buona fattura forse del pittore Antonio Zago. Una iscrizione sul lato nord della chiesa riferisce che "queste fegure furono donade da la mujer de Sandro de Vivian el dì 20 lujo 1542". Vi è custodita anche una pala di Demetrio D'Alpago (1894) che ritrae san Biagio tra san Carlo Borromeo e san Pietro in atto di ricevere le chiavi dalla Madonna. Di proprietà della famiglia Dal Cin, la chiesa è stata ristrutturata nel 1994.
VIA LEVADA - Detta così perché sopraelevata rispetto al piano di campagna, un tempo acquitrinoso. Il tracciato rettilineo ricalca l'antico Cardo di età romana che univa Oderzo (Opitergium) a Ceneda. Risale al I secolo a.C. la creazione dell'Agro Centuriato opitergino-cenedese, che portò i veterani dell'esercito romano a bonificare e dissodare i lotti loro assegnati, detti centurie (di 710x710 metri) come premio per il servizio militare prestato. All'altezza delle "Quattro strade" si incrocia col Decumano (attuale Pontebbana).
SAN GIOVANNI BATTISTA ALLE CAMPANELLE - La cappella è di proprietà della famiglia friulana dei Pizzinato, i quali la fecero costruire nel 2-300 all'interno di un appezzamento da loro acquistato. Ex xenodochio (ospizio) per i viandanti o alloggio per i pellegrini, ha fama popolare di essere la più antica chiesetta del paese. Nel 1887 venne chiusa per un periodo, su disposizione del vescovo di Ceneda, perché pericolante; restaurata dai proprietari, fu riaperta al culto per mano di mons. Giovanni Pizzinato nel 1927, che nell'occasione benedisse una nuova pala con S. Giovanni, opera del pittore Modolo di Santa Lucia.