Pianzano - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

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Pianzano

PIANZANO

Pianzano, con Bibano e Godega costituisce il comune di Godega S. Urbano. Indagini geologiche hanno assodato che il terreno è costituito da materiali trasportato dalle grandi glaciazioni risalenti a circa 10.000 anni fa e dalle correnti del Piave, che superato l'attuale Sella Fadalto, sboccò nella pianura. Spostandosi verso Codognè troviamo terreni torbosi, molli, con acque risorgive. Da questi due differenti aspetti geologici si giustifica il nome Pianzano (Piano Sano). La storia di Pianzano è legata a quella del capoluogo, e si vuole che le invasioni barbariche, Attila in testa, abbiano messo a ferro e fuoco il territorio. In seguito nuclei di Goti si insediarono dando origine a Godega ( Gotica - S. Margherita dei Goti). Nel 900 conobbe l'invasione degli Ungari e quindi delle popolazioni Bavaresi, da cui Baver, grossa borgata di Pianzano. In Baver esiste ancor oggi una chiesetta dedicata a S. Biagio, della cui esistenza si trova traccia in documenti del XII secolo.
Pianzano fu conteso tra Conegliano e Sacile, quindi occupato dai Da Camino, dai Carraresi, ed infine da Venezia. Vennero le truppe napoleoniche, quindi il dominio austriaco, fino all'avvento del Regno d'Italia.
Nel periodo 1915-1918 durante l'invasione austriaca venne costruito un campo di aviazione in zona Campardo, per essere più vicini al Piave dov'erano attestate le nostre truppe. E' ancora vivo il ricordo dei bombardamenti degli anglo-americani alla linea ferroviaria, durante l'ultimo conflitto, per sbarrare le comunicazioni ai tedeschi.


Monumento ai Caduti di Pianzano

da vedere:

VILLA PERA RIELLO - Costruita nel Settecento, fu restaurata nel 1794 e dopo il terremoto. Nell'Ottocento fu abitata dai Benedetti e poi dai Pera-Riello di Gaiarine. Al suo interno si aprono ampie sale decorate a olio con disegni e figure allegoriche. Nel 1918 la villa fu sede del Comando dell'aviazione austro-ungarica che aveva nel vicino Campardo il proprio aeroporto militare.

VILLA LUCHESCHI - Il padiglione nord risale a epoca assai remota, anche se il palazzo vero e proprio fu edificato dai conti Amalteo nel 1775. Annessa alla villa e ora perduta, sorgeva una cappella dedicata a san Cristoforo. Conosciuta come "villa sant'Urbano", fu acquistata nel 1907 da Lorenzo Dal Cin, che la rivendette nel 1929 al conte Edoardo Lucheschi. Egli intervenne sulla facciata posta a est e sull'interno, che fu adibito in parte ad abitazione e in parte a stabilimento bacologico. Subì gravi danni per il terremoto del 1936, tanto che fu necessario abbattere e rifare tutti i soffitti e gli intonaci. Circondata da un'ampia area verde, ai lati della stradina di accesso sorgono alberi secolari.

CAPPELLA DI SAN GIUSEPPE - Fu fatta edificare da don Innocente Vendrame nel 1929, su un terreno donato dai fratelli Dal Cin, in onore di san Giuseppe, protettore dell'asilo parrocchiale. A sesto acuto, fu inaugurata il 10 agosto 1934. Sopra l'altare di marmo di trova una pala di Vittorio Casagrande che mostra san Giuseppe col Bambino. Al suo interno vi è un bel confessionale in stile gotico.

CHIESA NUOVA - Progettata dall'ingegner Riccardo Bertoia di Sacile. La prima pietra fu posta dal vescovo Zaffonato il 10 dicembre 1945, su un terreno donato dal commendator Marinotti. Fu consacrata nel 1954. L'edificio, in stile romanico, misura 54 metri di lunghezza per 16 di larghezza ed è alto 20 metri. Sulla facciata si aprono tre archi strombati che incorniciano tre portali d'accesso. Vi è pure un'ampia loggia cui si accede attraverso una scala interna. All'interno, lungo le pareti laterali si aprono sei nicchie dalle linee semplici e austere. Vicino alla chiesa, su un piedistallo che funge da campanile, erano collocate tre campane, fuse dalla ditta De Poli di Ceneda utilizzando il bronzo delle campane distrutte dal bombardamento anglo-americano. Benedette anch'esse il 10 dicembre 1945 portano i nomi di Tommasa (la maggiore), Lauretana (la mezzana) e Caterina (la piccola).

ORATORIO DI SANT'URBANO - Sant'Urbano fu papa dal 222 al 230 e morì martire in una vigna; per questo fatto è invocato come protettore dei vignaioli. Viene ricordato il 25 maggio. L'oratorio è del Trecento e fu probabilmente sede della curazia prima della fondazione della parrocchia di san Lorenzo. Conteneva un dipinto di Demetrio D'Alpago (1894), raffigurante la pesca miracolosa e una pala di A. Dal Favero (1882), dove compariva sant'Urbano tra san Giovanni Battista e sant'Antonio, opere ora perdute. Sulle pareti si scorgono figure allegoriche e uno stemma cardinalizio, forse del patriarca Joannes Trevisan. L'ultimo restauro risale al 1894. Annesso vi era un antico cimitero dismesso nel 1926.

CHIESA PARROCCHIALE VECCHIA - Dedicata a San Lorenzo martire e anticamente dipendente dalla Pieve di San Fior, si costituì in parrocchia nel 1487; nel 1800-1801 fu ampliata (coro) e ristrutturata. Il 30 settembre 1818 la parrocchiale entrò a far parte della diocesi di Ceneda. Nel 1899-1900 furono costruite le navate laterali su progetto dell'ing. Costantini, mentre nel 1919-1920 furono decorate le pareti per mano del pittore Luigi Salvadoretti di Santa Lucia, in esecuzione di un voto espresso dalla parrocchia durante la Guerra. Fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1936: rimasero intatti gli affreschi del soffitto e un dipinto sull'abside raffigurante la Trasfigurazione, opera di Demetrio D'Alpago nel 1894. Il D'Alpago si impegnò a restaurare la pala di San Lorenzo, probabile opera dell'Arnosti di Ceneda, dei primi anni del Seicento,che ora si trova nella nuova parrocchiale. Nel corso della II Guerra Mondiale, il 7 marzo 1945, una bomba d'aereo cadde sul campanile alto 37 metri che, rovinando a terra, distrusse il tetto della chiesa. Dopo la fine della guerra venne abbattuta per far posto alla nuova parrocchiale. Di essa rimangono visibili un tratto dell'abside e il lato est. Il pregevole altar maggiore in marmo bianco di Carrara, che reca sul paliotto il martirio di san Lorenzo è conservato nella nuova parrocchiale,

PALAZZO BOLZAN - Palazzo molto antico ha avuto tra i proprietari i Benedetti, i nobili Barozzi e i Bolzan. Col terremoto del 1936 è andato distrutto il bel timpano centrale, dove l'abate don Felice Benedetti nel 1886, sul finire della sua vita, aveva fatto scrivere Diligamus Patriam operibus (amiamo la patria con le opere), motto che ben ne rispecchia lo spirito. Nato a Godega nel 1822 e dotato di viva intelligenza, nel 1846 si laureò in filosofia. Bravo predicatore, conoscitore di diverse lingue (tedesco, francese e spagnolo), fu convinto patriota. Terminate le campagne per l'Indipendenza dedicò la propria opera a promuovere congressi ed esposizioni agrarie che sfociarono nel 1867 nella fondazione del Consorzio Agrario di Conegliano, di cui rimase presidente fino al 1884. Con Antonio Carpenè fondò la Società enologica trevigiana, embrione della prima scuola enologica d'Italia. Nel 1869 fu incaricato dall'allora Ministro dell'agricoltura, l'opitergino L. Luzzati, di presiedere una Commissione che studiasse i vitigni della provincia di Treviso. Tra le sue iniziative d'avanguardia vanno ricordate la fondazione di un orto sperimentale, una posta apistica, un osservatorio bacologico, un deposito di macchine, una biblioteca circolante e uno studio sull'irrigazione. Il Bollettino del Comizio agrario da lui pubblicato si trasformò nel 1871 nella Gazzetta di Conegliano. Scrisse nel 1870 anche un Catechismo agrario popolare, in cui espone quanto i contadini devono sapere in fatto di agraria, botanica, chimica, geologia, zoologia, sul clima e l'atmosfera, sulle piante e sulle loro malattie, sulla vendemmia e la vinificazione, sugli animali domestici e le loro malattie, sulla contabilità agraria. Membro onorifico di molte società e accademie filosofiche e letterarie, italiane ed estere, trascorse in povertà gli ultimi anni a Pianzano, dove morì nel 1886.

PALAZZO MARINOTTI - Costruito nel Settecento, fu abitato in successione dai nobili Cavalieri, poi dai Costantini, dai Gasparinetti, dai Burei e infine fu acquistato dal comm. Franco Marinotti, che gli ha lasciato il nome.

SAN BIAGIO DI BAVER - Posta lungo l'antico Cardo romano, che univa Oderzo a Ceneda, la chiesa è del secolo XIV-XV. Contiene nel coro e nel soffitto affreschi cinquecenteschi di buona fattura forse del pittore Antonio Zago. Una iscrizione sul lato nord della chiesa riferisce che "queste fegure furono donade da la mujer de Sandro de Vivian el dì 20 lujo 1542". Vi è custodita anche una pala di Demetrio D'Alpago (1894) che ritrae san Biagio tra san Carlo Borromeo e san Pietro in atto di ricevere le chiavi dalla Madonna. Di proprietà della famiglia Dal Cin, la chiesa è stata ristrutturata nel 1994.

VIA LEVADA - Detta così perché sopraelevata rispetto al piano di campagna, un tempo acquitrinoso. Il tracciato rettilineo ricalca l'antico Cardo di età romana che univa Oderzo (Opitergium) a Ceneda. Risale al I secolo a.C. la creazione dell'Agro Centuriato opitergino-cenedese, che portò i veterani dell'esercito romano a bonificare e dissodare i lotti loro assegnati, detti centurie (di 710x710 metri) come premio per il servizio militare prestato. All'altezza delle "Quattro strade" si incrocia col Decumano (attuale Pontebbana).

SAN GIOVANNI BATTISTA ALLE CAMPANELLE - La cappella è di proprietà della famiglia friulana dei Pizzinato, i quali la fecero costruire nel 2-300 all'interno di un appezzamento da loro acquistato. Ex xenodochio (ospizio) per i viandanti o alloggio per i pellegrini, ha fama popolare di essere la più antica chiesetta del paese. Nel 1887 venne chiusa per un periodo, su disposizione del vescovo di Ceneda, perché pericolante; restaurata dai proprietari, fu riaperta al culto per mano di mons. Giovanni Pizzinato nel 1927, che nell'occasione benedisse una nuova pala con S. Giovanni, opera del pittore Modolo di Santa Lucia.
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