1999 Restauro Convento di San Quirico
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SAN QUIRICO
LA CERIMONIA DELLA RICONSEGNA DEI LOCALI RESTAURATI DAI NOSTRI VOLONTARI ALLE CLARISSE DI SAN QUIRICO IN ASSISI
Fiamme Verdi Settembre 1999 di Gianfranco Dal Mas
“... con il loro lavoro generoso essi ci hanno insegnato la forza del saper ricostruire, nel segno dell’edificazione di un mondo più giusto e fraterno...”
... CON IL LORO LAVORO GENEROSO ESSI CI HANNO INSEGNATO LA FORZA DEL SAPER RICOSTRUIRE, NEL SEGNO DELL’EDIFICAZIONE DI UN MONDO PIU’ GIUSTO E FRATERNO...”
Amelia. In un convento tra le cui mura aleggiano ancora le figure di San Francesco e Santa Chiara, nel cuore dell’Umbria, in un costone boschivo sperduto di un monte vicino alla città di Amelia, dimorano le clarisse di San Quirico. Si trovano lì da quando il terremoto le ha costrette ad abbandonare il loro monastero di Assisi.
Sabato 17 aprile. Nell’incontro, molto atteso e fortemente voluto dai volontari di San Quirico e dalle clarisse, potranno stringersi la mano persone che, senza essersi mai viste, già si conoscono.
I volontari di Conegliano e Vittorio Veneto giungono ad Amelia, accompagnati dalle consorti, con due pullman e numerosi mezzi privati. La secolare pace ed il silenzio perenne che regnano in questi luoghi inevitabilmente vengono messi a dura prova dall’arrivo degli alpini. In compenso questo verrà ricordato come il momento più toccante di tutto San Quirico
La badessa, suor Giovanna, ci accoglie con tutte le consorelle. Spetta al nostro impeccabile cerimoniere presentare loro gli alpini. Le clarisse hanno così la possibilità di abbracciare il “mitico” Pietro Papa, di cui hanno tanto sentito parlare da suor Giustina (l’alpino del Gruppo Falzè ha diretto il cantiere di San Quirico per ben cinque settimane).
“...per tutti questi nostri amici...”.
Nella piccola chiesa del convento si tiene quindi un breve incontro con preghiere e canti interpretati dalle voci angeliche delle clarisse. Le letture, prese dalla Bibbia, ricordano come l’uomo può emergere dalla peggiore delle rovine quando sa ricostruire. Un brano, tratto dalla biografia di San Francesco, ricorda che dal crocefisso arrivò un giorno un invito: “va’ e ripara la mia casa”.
Le clarisse ci onorano infine di una preghiera fatta per noi.
“Signore Gesù, anche oggi rivolgi a noi la chiamata ad una missione: “VA’ RIPARA LA MIA CASA”. Chiedi a ciascuno di noi di essere collaboratore della gioia dei fratelli, per spezzare con loro il pane del domani, aperto su un orizzonte di Vita. I nostri occhi posati sulle rovine e sui deserti del nostro tempo hanno bisogno di credere che una nuova creazione chiede di sbocciare tra le ferite della Storia, e che tutto sarà ricostruito e la terra donerà ancora il suo frutto.
Ti ringraziamo Signore per tutti questi nostri amici, che si sono incamminati con noi su questa strada verso la ricostruzione di ciò che il terremoto ha lacerato.
Dopo mesi di attesa, in cui la casa vuota era avvolta nel silenzio dell’abbandono e i muri spezzati raccontavano la precarietà di un futuro senza certezze, l’arrivo dei nostri fratelli alpini ha squarciato questo silenzio, e il rumore improvviso dei primi lavori è risuonato a noi come una musica. A loro Signore, vogliamo dire il nostro grazie, perché con il loro lavoro generoso e la loro amicizia ci hanno insegnato la pazienza e la forza del saper ricostruire, pietra dopo pietra, passo dopo passo, nel segno dell’edificazione di un mondo più giusto, più bello, più fraterno, dove solo chi sa porgere all’altro la mano e la sua speranza, può arrivare in alto, ed essere grembo e custode di pace.
Nessun altro ringraziamento poteva essere più bello e gratificante.
Alla fine un coro “messo su” in quattro e quattr’otto da Toni Battistella (ma si sa che l’amico Toni “mette su” cori ovunque si trovi) esegue un canto alpino. E per la prima volta tra le mura di una chiesa echeggiano le note di quel brano che narra la storia di un capitano morente e che da cento anni commuove le penne nere. Per suggellare quel gemellaggio che, anche se mai scritto, da ora lega le clarisse di Assisi alle penne nere di Vittorio e Conegliano.
L’omaggio floreale alle suore è seguito dal rancio alpino allestito dagli amici di San Fior, disturbato da improvvise raffiche di vento ed interrotto dalla pioggia.
Le suore sono rammaricate e assicurano la loro preghiera perché la cerimonia di domani, a San Quirico, non venga guastata dal cattivo tempo.
Sabato 17 aprile. Nell’incontro, molto atteso e fortemente voluto dai volontari di San Quirico e dalle clarisse, potranno stringersi la mano persone che, senza essersi mai viste, già si conoscono.
I volontari di Conegliano e Vittorio Veneto giungono ad Amelia, accompagnati dalle consorti, con due pullman e numerosi mezzi privati. La secolare pace ed il silenzio perenne che regnano in questi luoghi inevitabilmente vengono messi a dura prova dall’arrivo degli alpini. In compenso questo verrà ricordato come il momento più toccante di tutto San Quirico
La badessa, suor Giovanna, ci accoglie con tutte le consorelle. Spetta al nostro impeccabile cerimoniere presentare loro gli alpini. Le clarisse hanno così la possibilità di abbracciare il “mitico” Pietro Papa, di cui hanno tanto sentito parlare da suor Giustina (l’alpino del Gruppo Falzè ha diretto il cantiere di San Quirico per ben cinque settimane).
“...per tutti questi nostri amici...”.
Nella piccola chiesa del convento si tiene quindi un breve incontro con preghiere e canti interpretati dalle voci angeliche delle clarisse. Le letture, prese dalla Bibbia, ricordano come l’uomo può emergere dalla peggiore delle rovine quando sa ricostruire. Un brano, tratto dalla biografia di San Francesco, ricorda che dal crocefisso arrivò un giorno un invito: “va’ e ripara la mia casa”.
Le clarisse ci onorano infine di una preghiera fatta per noi.
“Signore Gesù, anche oggi rivolgi a noi la chiamata ad una missione: “VA’ RIPARA LA MIA CASA”. Chiedi a ciascuno di noi di essere collaboratore della gioia dei fratelli, per spezzare con loro il pane del domani, aperto su un orizzonte di Vita. I nostri occhi posati sulle rovine e sui deserti del nostro tempo hanno bisogno di credere che una nuova creazione chiede di sbocciare tra le ferite della Storia, e che tutto sarà ricostruito e la terra donerà ancora il suo frutto.
Ti ringraziamo Signore per tutti questi nostri amici, che si sono incamminati con noi su questa strada verso la ricostruzione di ciò che il terremoto ha lacerato.
Dopo mesi di attesa, in cui la casa vuota era avvolta nel silenzio dell’abbandono e i muri spezzati raccontavano la precarietà di un futuro senza certezze, l’arrivo dei nostri fratelli alpini ha squarciato questo silenzio, e il rumore improvviso dei primi lavori è risuonato a noi come una musica. A loro Signore, vogliamo dire il nostro grazie, perché con il loro lavoro generoso e la loro amicizia ci hanno insegnato la pazienza e la forza del saper ricostruire, pietra dopo pietra, passo dopo passo, nel segno dell’edificazione di un mondo più giusto, più bello, più fraterno, dove solo chi sa porgere all’altro la mano e la sua speranza, può arrivare in alto, ed essere grembo e custode di pace.
Nessun altro ringraziamento poteva essere più bello e gratificante.
Alla fine un coro “messo su” in quattro e quattr’otto da Toni Battistella (ma si sa che l’amico Toni “mette su” cori ovunque si trovi) esegue un canto alpino. E per la prima volta tra le mura di una chiesa echeggiano le note di quel brano che narra la storia di un capitano morente e che da cento anni commuove le penne nere. Per suggellare quel gemellaggio che, anche se mai scritto, da ora lega le clarisse di Assisi alle penne nere di Vittorio e Conegliano.
L’omaggio floreale alle suore è seguito dal rancio alpino allestito dagli amici di San Fior, disturbato da improvvise raffiche di vento ed interrotto dalla pioggia.
Le suore sono rammaricate e assicurano la loro preghiera perché la cerimonia di domani, a San Quirico, non venga guastata dal cattivo tempo.
Ad Assisi. Nel pomeriggio è consentito agli amici ed ai familiari, che hanno accompagnato gli alpini ad Assisi, l’accesso al monastero per visitare i locali restaurati. Sono sette le corriere che hanno seguito in Umbria le due dei volontari. Una mostra fotografica allestita all’interno dal nostro Gabriele Mion aiuta a capire la portata dell’intervento. La cura con cui sono state rimesse le pietre e l’attenzione per i particolari architettonici dimostrano che non si è trattato solo di un intervento edilizio ma di vero restauro artistico. Ne è riprova la “ruota” che accoglie il visitatore all’entrata: rarissimo pezzo di antiquariato è stata riportata alla originale funzionalità per rinnovare la memoria su ciò che è stato ed ha significato il monastero di San Quirico.
Le suore continuano a pregare, ma la sera ad Assisi è di nuovo pioggia torrenziale. L’acqua non distoglie peraltro gli alpini dai loro programmi: dopo aver cenato in alcuni locali del centro, ravvivano con la loro allegria una serata che, dato il tempo da lupi, si preannunciava morta. Decidono poi di festeggiare il loro arrivo in Umbria a modo loro, che è poi quello che tutti sapete.
E così in quella che il Papa ha consacrato come “città della pace” e per tradizione è votata alla preghiera ed al silenzio (quantomeno di notte) fino ad ore indicibili echeggiano i canti degli alpini. E’ un coro a più voci, anzi, per la precisione, si tratta di coro ed orchestra, schierati nel colonnato del tempio di Venere. L’orchestra è naturalmente l’inseparabile fisarmonica di Toni Battistella, direttore e prima voce del coro tale Beppe Parazzini.
La cerimonia. Domenica 18 aprile. Le suore di San Quirico sono come le mogli degli alpini: i loro mariti non le ascoltano. Esse hanno pregato perché la pioggia risparmiasse almeno la cerimonia ...ma lassù nessuno le bada. Non è certo il torrente d’acqua di ieri sera, ma una pioggerellina insistente che non dà tregua. I tre grandi ombrelloni, che in teoria dovevano servire a proteggere dal sole, sono ora provvidenziali ombrelli da pioggia.
Presiede la funzione religiosa padre Nicola Giandomenico, superiore della Basilica di San Francesco e cittadino onorario di Conegliano. Concelebrano don Domenico, nostro cappellano, padre Claudio Durighetto, francescano di Santa Maria degli Angeli, e don Angelo, parroco di Ogliano.
Sono presenti il presidente nazionale Parazzini, l’ex presidentissimo Caprioli, il presidente ed il segretario della Protezione Civile alpina, Sarti e Greppi, il giornalista de “L’ALPINO” Basile, il Presidente della Sezione Marche Sergio Macciò, con una rappresentanza, il Sindaco di Assisi Bartolini, il sindaco di Conegliano Zambon e quello di Vittorio Veneto Dalla Libera. Oltre, naturalmente, ai presidenti delle due sezioni Gai e Carnielli. Numerosi i Gruppi rappresentati dai gagliardetti.
La cerimonia si svolge nell’orto del monastero, dove prendono posto i volontari con le consorti. Molte persone seguono la messa nei locali ristrutturati.
Tra i pochissimi volontari assenti è d’obbligo citare Toni Speranza, oggi impegnato con altri tre alpini della nostra Protezione Civile nell’operazione “Arcobaleno” in Albania.
“Due splendide Sezioni”. Celebrata la messa prende dapprima la parola il Prof. Dalla Libera che ricorda come l’operazione San Quirico sia anche il frutto di quella attenzione e trepidazione che vi è stata nel Veneto, in occasione del terremoto, per questa città simbolo di cui un po’ tutti ci sentiamo cittadini. Suor Giovanna ricorda quindi la grande speranza accesasi nel cuore delle clarisse con l’arrivo degli alpini e la ventata di ottimismo e di speranza che a San Quirico arrivò con le penne nere: ”Siete stati i primi a venirci incontro per farci sentire meno sole, siete stati un dono del Signore”. La badessa ricorda poi il clima di fraterna condivisione venutosi a creare durante i lavori nel monastero.
Dopo aver salutato e ringraziato i presenti, il presidente della Commissione “San Quirico”, Lino Chies, ripercorre le tappe dell’intervento: “Quando le monache hanno bussato alla nostra porta ci siamo guardati attorno ed abbiamo fatto la conta, abbiamo valutato l’opportunità relativamente a tempi ed impegni economici ed abbiamo detto ancora una volta: ce la faremo.
E, lasciatemelo dire con immensa soddisfazione, grazie ai volontari e a quanti ci hanno dato una mano, ce l’abbiamo fatta. Gli alpini hanno fatto qualcosa di meraviglioso che resterà nel tempo e che sarà l’orgoglio di chi ha partecipato in qualche maniera perché ciò venisse realizzato. Sarà un altro fiore da aggiungere a quell’omaggio floreale che porteremo con noi durante il resto della nostra vita e che esibiremo con tanta fierezza a chi ci ignora, a chi vuole ignorarci, ma soprattutto a chi pensa di farci sparire dalla storia della nostra patria. Questi ultimi stanno perdendo il loro tempo, gli alpini non spariranno mai idealmente, potranno anche non esserci più fisicamente, ma resteranno le loro gesta e le loro opere. Saranno appunto queste a testimoniare il nostro passaggio, saranno i nostri beneficiati a ricordare ai posteri che sono esistiti quei fenomeni che rinunciano alle loro ferie per compiere delle opere di bene, saranno i fruitori delle nostre fatiche impegnate in realizzazioni simili a questa a divulgare il carattere degli alpini e la loro incondizionata disponibilità nei momenti del bisogno.” Dopo aver ringraziato le clarisse della comunità per averci dato la possibilità di esprimerci in un luogo sacro e per l’accoglienza ricevuta, Lino ha rivolto un pensiero alle mogli dei volontari, il cui appoggio e ...sopportazione sono stati determinati.
Chiude la cerimonia il presidente nazionale, che si complimenta per l’intervento portato a termine dagli alpini di Vittorio Veneto e Conegliano (“due splendide sezioni”). Parazzini dice di essere stato colpito non solo dall’opera ma anche dallo spirito con cui i volontari lavoravano in cantiere. E a proposito della fratellanza creatasi tra gli alpini e le suore che dimoravano nel monastero durante i lavori, ricorda la sua prima visita a San Quirico, quando, varcata la porta del convento, era stata accolto dal “passo 33” della fisarmonica di Toni Battistella, mentre Chies gli presentava la forza lavoro: “12 alpini e 4 suore di clausura”
Sulle pietre. Nella suggestiva e rara cornice di un monastero di clausura il rancio consumato con le suore rappresenta l’ultimo momento di condivisione tra gli alpini e le clarisse. C’è un po’ di nostalgia nel vedere Celestino Costacurta che ammaina la bandiera e stacca dal muro perimetrale le tabelle del cantiere, le stesse che aveva inchiodato il 12 ottobre dell’anno scorso dando inizio ai lavori di San Quirico. Il momento del commiato tra i volontari e suor Giustina e C. è segnato da grande commozione.
Lasciamo nel monastero lo striscione con la scritta “gli alpini ringraziano le suore clarisse”. Era questo lo spirito con cui eravamo scesi ad Assisi: ringraziare le suore per la straordinaria cordialità con cui ci hanno sempre accolto, e soprattutto per averci dato l’opportunità di scrivere questa splendida pagina di impegno e alpinità. Ed invece è venuto proprio dalle suore il ringraziamento più grande (“I vostri volti ed i vostri nomi rimarranno per sempre impressi nei nostri cuori”). Sono stati, inoltre, un ringraziamento ai volontari l’attenzione ed il sostegno degli alpini delle Sezioni; il coinvolgimento di amici, enti gruppi ed associazioni che hanno sostenuta finanziariamente l’operazione; la straordinaria partecipazione alla cerimonia di San Quirico. Un grande ringraziamento ai volontari rimarrà scritto per sempre sulle pietre di San Quirico, quelle pietre che essi hanno rimesso apposto con cura e attenzione come se fossero quelle della loro casa. Su quelle pietre stanno scritti i loro nomi, ed ogni lapide sarebbe superflua. E se questa è retorica allora vuol dire che gli alpini non possono farne a meno.
Le suore continuano a pregare, ma la sera ad Assisi è di nuovo pioggia torrenziale. L’acqua non distoglie peraltro gli alpini dai loro programmi: dopo aver cenato in alcuni locali del centro, ravvivano con la loro allegria una serata che, dato il tempo da lupi, si preannunciava morta. Decidono poi di festeggiare il loro arrivo in Umbria a modo loro, che è poi quello che tutti sapete.
E così in quella che il Papa ha consacrato come “città della pace” e per tradizione è votata alla preghiera ed al silenzio (quantomeno di notte) fino ad ore indicibili echeggiano i canti degli alpini. E’ un coro a più voci, anzi, per la precisione, si tratta di coro ed orchestra, schierati nel colonnato del tempio di Venere. L’orchestra è naturalmente l’inseparabile fisarmonica di Toni Battistella, direttore e prima voce del coro tale Beppe Parazzini.
La cerimonia. Domenica 18 aprile. Le suore di San Quirico sono come le mogli degli alpini: i loro mariti non le ascoltano. Esse hanno pregato perché la pioggia risparmiasse almeno la cerimonia ...ma lassù nessuno le bada. Non è certo il torrente d’acqua di ieri sera, ma una pioggerellina insistente che non dà tregua. I tre grandi ombrelloni, che in teoria dovevano servire a proteggere dal sole, sono ora provvidenziali ombrelli da pioggia.
Presiede la funzione religiosa padre Nicola Giandomenico, superiore della Basilica di San Francesco e cittadino onorario di Conegliano. Concelebrano don Domenico, nostro cappellano, padre Claudio Durighetto, francescano di Santa Maria degli Angeli, e don Angelo, parroco di Ogliano.
Sono presenti il presidente nazionale Parazzini, l’ex presidentissimo Caprioli, il presidente ed il segretario della Protezione Civile alpina, Sarti e Greppi, il giornalista de “L’ALPINO” Basile, il Presidente della Sezione Marche Sergio Macciò, con una rappresentanza, il Sindaco di Assisi Bartolini, il sindaco di Conegliano Zambon e quello di Vittorio Veneto Dalla Libera. Oltre, naturalmente, ai presidenti delle due sezioni Gai e Carnielli. Numerosi i Gruppi rappresentati dai gagliardetti.
La cerimonia si svolge nell’orto del monastero, dove prendono posto i volontari con le consorti. Molte persone seguono la messa nei locali ristrutturati.
Tra i pochissimi volontari assenti è d’obbligo citare Toni Speranza, oggi impegnato con altri tre alpini della nostra Protezione Civile nell’operazione “Arcobaleno” in Albania.
“Due splendide Sezioni”. Celebrata la messa prende dapprima la parola il Prof. Dalla Libera che ricorda come l’operazione San Quirico sia anche il frutto di quella attenzione e trepidazione che vi è stata nel Veneto, in occasione del terremoto, per questa città simbolo di cui un po’ tutti ci sentiamo cittadini. Suor Giovanna ricorda quindi la grande speranza accesasi nel cuore delle clarisse con l’arrivo degli alpini e la ventata di ottimismo e di speranza che a San Quirico arrivò con le penne nere: ”Siete stati i primi a venirci incontro per farci sentire meno sole, siete stati un dono del Signore”. La badessa ricorda poi il clima di fraterna condivisione venutosi a creare durante i lavori nel monastero.
Dopo aver salutato e ringraziato i presenti, il presidente della Commissione “San Quirico”, Lino Chies, ripercorre le tappe dell’intervento: “Quando le monache hanno bussato alla nostra porta ci siamo guardati attorno ed abbiamo fatto la conta, abbiamo valutato l’opportunità relativamente a tempi ed impegni economici ed abbiamo detto ancora una volta: ce la faremo.
E, lasciatemelo dire con immensa soddisfazione, grazie ai volontari e a quanti ci hanno dato una mano, ce l’abbiamo fatta. Gli alpini hanno fatto qualcosa di meraviglioso che resterà nel tempo e che sarà l’orgoglio di chi ha partecipato in qualche maniera perché ciò venisse realizzato. Sarà un altro fiore da aggiungere a quell’omaggio floreale che porteremo con noi durante il resto della nostra vita e che esibiremo con tanta fierezza a chi ci ignora, a chi vuole ignorarci, ma soprattutto a chi pensa di farci sparire dalla storia della nostra patria. Questi ultimi stanno perdendo il loro tempo, gli alpini non spariranno mai idealmente, potranno anche non esserci più fisicamente, ma resteranno le loro gesta e le loro opere. Saranno appunto queste a testimoniare il nostro passaggio, saranno i nostri beneficiati a ricordare ai posteri che sono esistiti quei fenomeni che rinunciano alle loro ferie per compiere delle opere di bene, saranno i fruitori delle nostre fatiche impegnate in realizzazioni simili a questa a divulgare il carattere degli alpini e la loro incondizionata disponibilità nei momenti del bisogno.” Dopo aver ringraziato le clarisse della comunità per averci dato la possibilità di esprimerci in un luogo sacro e per l’accoglienza ricevuta, Lino ha rivolto un pensiero alle mogli dei volontari, il cui appoggio e ...sopportazione sono stati determinati.
Chiude la cerimonia il presidente nazionale, che si complimenta per l’intervento portato a termine dagli alpini di Vittorio Veneto e Conegliano (“due splendide sezioni”). Parazzini dice di essere stato colpito non solo dall’opera ma anche dallo spirito con cui i volontari lavoravano in cantiere. E a proposito della fratellanza creatasi tra gli alpini e le suore che dimoravano nel monastero durante i lavori, ricorda la sua prima visita a San Quirico, quando, varcata la porta del convento, era stata accolto dal “passo 33” della fisarmonica di Toni Battistella, mentre Chies gli presentava la forza lavoro: “12 alpini e 4 suore di clausura”
Sulle pietre. Nella suggestiva e rara cornice di un monastero di clausura il rancio consumato con le suore rappresenta l’ultimo momento di condivisione tra gli alpini e le clarisse. C’è un po’ di nostalgia nel vedere Celestino Costacurta che ammaina la bandiera e stacca dal muro perimetrale le tabelle del cantiere, le stesse che aveva inchiodato il 12 ottobre dell’anno scorso dando inizio ai lavori di San Quirico. Il momento del commiato tra i volontari e suor Giustina e C. è segnato da grande commozione.
Lasciamo nel monastero lo striscione con la scritta “gli alpini ringraziano le suore clarisse”. Era questo lo spirito con cui eravamo scesi ad Assisi: ringraziare le suore per la straordinaria cordialità con cui ci hanno sempre accolto, e soprattutto per averci dato l’opportunità di scrivere questa splendida pagina di impegno e alpinità. Ed invece è venuto proprio dalle suore il ringraziamento più grande (“I vostri volti ed i vostri nomi rimarranno per sempre impressi nei nostri cuori”). Sono stati, inoltre, un ringraziamento ai volontari l’attenzione ed il sostegno degli alpini delle Sezioni; il coinvolgimento di amici, enti gruppi ed associazioni che hanno sostenuta finanziariamente l’operazione; la straordinaria partecipazione alla cerimonia di San Quirico. Un grande ringraziamento ai volontari rimarrà scritto per sempre sulle pietre di San Quirico, quelle pietre che essi hanno rimesso apposto con cura e attenzione come se fossero quelle della loro casa. Su quelle pietre stanno scritti i loro nomi, ed ogni lapide sarebbe superflua. E se questa è retorica allora vuol dire che gli alpini non possono farne a meno.
vedi anche
- San Quirico: Le cazzuole silenziose dei nostri morti
- San Quirico: Le 11 squadre
- San Quirico: Goodbye Assisi
- San Quirico: è arrivato San Nicolò
SAN QUIRICO E’..
l’incontro con le voci angeliche della vita claustrale
testimoniare la pace ricostruendo le pietre di un vecchio monastero
una delle pagine più belle delle nostre Sezioni, un gemellaggio tra gli alpini di Conegliano e Vittorio Veneto con un monastero a 400 km, che ora è parte indelebile della nostra memoria
una lacrima sfuggita ad una clarissa o a qualche vecio nel momento dei saluti
una delle pagine più belle delle nostre Sezioni, un gemellaggio tra gli alpini di Conegliano e Vittorio Veneto con un monastero a 400 km, che ora è parte indelebile della nostra memoria
una lacrima sfuggita ad una clarissa o a qualche vecio nel momento dei saluti
SAN QUIRICO...
è stato anche qualche moccolo
provocato dalla durezza della pietra
ma le bestemmie degli alpini
non salgono al cielo
esse rimangono a terra
sepolte dalla fatica
e purificate dal sudore
al cielo
sono salite le preghiere
ed i canti condivisi
con le Clarisse
provocato dalla durezza della pietra
ma le bestemmie degli alpini
non salgono al cielo
esse rimangono a terra
sepolte dalla fatica
e purificate dal sudore
al cielo
sono salite le preghiere
ed i canti condivisi
con le Clarisse
SAN QUIRICO...
è stato una lunga preghiera
per onorare i nostri morti,
gli amici alpini passati avanti.
Essi erano orgogliosi di noi nel vederci,
da lassù,
impegnati in questa opera.
Erano accanto a noi e qualche volta,
vedendoci in difficoltà,
ci hanno aiutato,
lavorato di notte
con le loro cazzuole silenziose.
per onorare i nostri morti,
gli amici alpini passati avanti.
Essi erano orgogliosi di noi nel vederci,
da lassù,
impegnati in questa opera.
Erano accanto a noi e qualche volta,
vedendoci in difficoltà,
ci hanno aiutato,
lavorato di notte
con le loro cazzuole silenziose.